Ace Gentile – Ogni Giorno Scelgo gli Stereotipi

Per farmi perdonare della consistente astinenza a cui vi ho costrette e costretti, oggi torniamo nel campo delle pulizie. E ci teniamo sul classico, su uno tra i marchi più noti nel suo genere: Ace. Vediamo insieme lo spot.

Dopo averci introdotti a una serie di potenziali cause di sporcizia – pappa di bebè, bava di cane, campionato, sugo, sudore, cioccolata – il narratore ci presenta Ace Gentile, mostrandoci una donna che carica la lavatrice per poi aggiungere il prodotto pubblicizzato. La pubblicità si conclude dopo la spiegazione dell’azione di Ace Gentile, e successivamente alla visione di un paio di scenette domestiche extra. Parliamone.

Per prima cosa, devo dirvelo. Trovo non solo triste, ma anche divertente notare la somiglianza della pubblicità con quella dello spray Napisan. Cambia il prodotto, ma il concetto è letteralmente identico, con una molteplicità di persone che sporcano e di situazioni che causano lo sporco e un’unica persona che si occupa della pulizia. Un plateale filo comune caratterizzato da creatività zero, originalità zero, stereotipi e sessismo…a mille. La miseria del panorama pubblicitario italiano è quasi ironica.

Ma guardiamo più in là, guardiamo in modo più ampio e consideriamo cosa ci propongono le varie scenette, in relazione al sesso delle persone coinvolte. La costruzione narrativa può risultare un po’ confusionaria, ma a volerla semplificare potremmo definirla come caratterizzata da 3 personaggi protagonisti attivi: tutte donne. Lo so che la cosa vi sorprende.

Ace Gentile
“Che bravo il mio campione zozzolone a cui laverò i panni finché non lo farà sua moglie. Ogni altra ipotesi non è da contemplarsi, quindi non vi azzardate.”

La prima è una madre che scopre con gioia la zozzeria della maglietta del figlio (che con accurata adesione agli interessi comunicati come adatti al suo sesso, gioca a calcio) e, con altrettanta gioia, lo osserva mentre la indossa pulita, grazie ai suoi sforzi di lavaggio. Il primo essere di sesso maschile che compare è un bambino privo di responsabilità relativo alla pulizia.

La seconda protagonista è una casalinga/moglie/mamma, che mette a lavare la tovaglia sporcata dalla figlia maggiore che, da brava donna conforme ai ruoli stereotipati, sta riempiendo i piatti dei familiari. Al contrario del figlio della prima protagonista, alla figlia della seconda spetta di occuparsi di faccende (ma ehi potremmo addurre il tutto alla sua maggiore età, se vogliamo). Qui abbiamo anche il secondo uomo dello spot; un marito che si limita a sedersi a tavola. Il termine dell’arco narrativo della nostra seconda protagonista la vede felicissima stendere la tovaglia sulla tavola, dopo averla lavata in lavatrice. Il marito (tre quarti di marito, perché non si vede neppure nell’interezza) porta i piatti in questa scena, ma resta elemento passivo relativamente all’utilizzo del prodotto pubblicizzato.

Ace Gentile
“Che gioia, che gaudio, che soddisfazione il frutto del mio lavoro. Grazie, Ace!”

La terza protagonista è una giovane donna, seduta nel suo studio (con lampada rosa, camicia rosa, poltrona roseggiante e pure qualche scaffale rosa-pesca – concedetemi l’appunto) che si trova a versare della cioccolata sull’indumento, sorpresa dall’abbraccio del forse compagno/marito o forse no. Alla fine la vediamo tremendamente soddisfatta nell’osservare la sua cara camicetta, non più sporca dopo essere stata lavata con Ace Gentile. Se vogliamo esser fantasiose/i possiamo volare con la mente e immaginare che la camicia l’abbia lavata il compagno ma, anche se fosse, conta il fatto che non si vede – e quel che invece si vede parla chiaro.

Se avete osservato con attenzione lo spot avrete certamente notato che i creatori hanno volutamente e molto chiaramente evitato di seguire un quarto breve arco narrativo, guarda caso l’unico che avrebbe avuto come protagonista un ragazzo. Sto parlando dello studente che sta svolgendo l’esame e bagna la camicia di sudore. La sua questione viene buttata lì, senza essere seguita fino in fondo. Evidentemente, agli occhi dei realizzatori, il soggetto era troppo adulto da far risultare ragionevole mostrare mamma o compagna occuparsi della pulizia e troppo uomo per occuparsene da sé.

Ace Gentile
“Ammazza quanto ho sudato. Vabè, tanto mica lavo io. Gne Gne.”

Insomma, l’impegno dello spot Ace Gentile nell’inquadrare l’utilizzo del prodotto e, più in generale, lo svolgimento delle faccende domestiche e di pulizia come appannaggio femminile, è molto evidente, con la vicinanza alle stereotipizzazioni palesata anche da altri elementi minori. Era presente la concreta possibilità di integrare quella che sarebbe stata un’intelligente e apprezzabile – oltre che realistica e progressista – diversità, ma questa possibilità è stata volutamente soppressa, calpestata, ignorata da chiunque si sia occupato di scrittura e realizzazione dello spot.

Per tradurla nel concreto, sarebbe bastato anche solo lasciare lo spot intaccato per una buona parte ma mostrare il marito della seconda protagonista a occuparsi del bucato (con la figlia che serve in tavola – anche la sola variazione di lui che serve il pasto avrebbe costituito un buon inserimento di varietà e di distacco dagli stereotipi) e lo studente a lavare la sua camicia. Non c’avrebbe fatto schifo neppure se fosse stata una bambina1 a giocare a calcio tanto per variare, visto che in barba alle numerose calciatrici e appassionate di calcio persino Sky Sport fa di tutto per comunicare il calcio come roba da uomini.

Ace Gentile
“Ciao, sono la figlia di quella che lava e servo la pasta.”

E invece niente di fatto. Quella Ace Gentile si tuffa nello stagno melmoso costituito da tutte le altre pubblicità di simile fattura contenutistica, contribuendo a ostacolare l’indebolimento di modi di pensare, sentire e percepire sessisti e legati al retaggio patriarcale della suddivisione dei ruoli.

Se avete voglia di comunicare il vostro parere all’azienda, vi invito a consultare i link qui in basso.

Alla prossima e, mi raccomando, occhio agli spot!


SEGNALAZIONE E COMMENTO

https://www.youtube.com/watch?v=xb3ytM2k_sE


1 Questa è una cosa che mi curo sempre di appuntare per scrupolo personale, più che altro. Realisticamente parlando, la figura nello spot potrebbe essere tanto un bambino quanto una bambina. Prima della pubertà, zona genitale a parte, non sono presenti differenze nella struttura fisica degli individui dei due sessi e sono cultura e società (sulla base di modelli stereotipati predefiniti, tramandati e interiorizzati) che forzano la divisione sessuale basandola sulla costruzione del genere, che va a palesarsi sotto forma di diversificazioni di capigliature, abbigliamento, appellativi, comportamenti – più o meno consapevolmente – incoraggiati/scoraggiati, ecc. Poiché non c’è ragione di pensare che i “creativi” intendessero distanziarsi dalla semplificazione comunicativa basata sugli schemi prefissati (e quindi sugli elementi che costituiscono il genere – e non il sesso), il soggetto potrebbe essere sì tanto una bambina quanto un bambino, ma va letto come bambino.

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