AIA Questa Gioia Proprio Non ce la Vuole Dare

Ed eccomi qui con l’articolo sul famigerato secondo spot! Come se non fosse sufficiente quello con le due donne – macchiette – di Nord e Sud Italia, infatti, Aia ne propone un altro, che segue precisamente la stessa impostazione del primo. Rinfrescatevi la memoria, se vi va, e poi date uno sguardo a seguire.

Lo spot inizia presentandoci una donna, vestita elegante e in una dimora con uno stile altrettanto raffinato, che ci informa del suo intento di preparare una cotoletta viennese. Poi spunta una seconda donna, anche questa elegantemente vestita (sebben con stile diverso – proprio come di stile diverso risulta l’abitazione). Dopo un brillante e divertentissimo – no – scontro tra le contendenti (?), le due donne si accingono a servire i propri mariti e i propri figli, da brave donne di casa.

Oh, amici e amiche…
Le parole sono lì lì per venire a mancarmi, ma non lo permetterò. Sia mai!

Per prima cosa, anche con questo secondo spot la sfida Cuochi d’Italia proposta da Aia si connota più come la sfida Cuoche d’Italia. Alle due donne del primo spot, si aggiungono le due di quest’ultimo, per un totale di quattro figure femminili sulla totalità delle…quattro figure rappresentate.

Pertanto, così come già nella stragrande maggioranza delle pubblicità dedicate ad alimenti (per restare in tema, perché sappiamo che ci sono altri ambiti similmente toccati), ci ritroviamo a fare i conti con lo svolgimento delle attività domestiche mostrato come esclusivo appannaggio della donna. Abbiamo dunque due donne diverse nell’aspetto e nei modi (esattamente come nel primo spot), che sono però identiche nella loro scelta di dedicarsi alla cucina e al servire pasti ai restanti membri della famiglia, che esistono in modo del tutto passivo.

Se nel primo spot risaltava particolarmente la scelta di puntare su una stereotipatissima riproduzione delle realtà (e delle donne) del nord e del sud, questa seconda clip non intende essere da meno per quanto concerne i contenuti discutibili.
Già immagino le menti ingegnose dello staff della campagna pubblicitaria Aia che si spremono le meningi alla ricerca di trovate (rigorosamente con potenziale offensivo) per condire gioiosamente lo spot.

Congratulazioni! Ci siete riusciti a meraviglia! Come?
So che molti e molte di voi l’avranno notato. So che posso contare sulle vostre orecchie e sui vostri sguardi attenti. Ovviamente mi riferisco alla decisione di integrare, in modo subdolo (all’interno dello scontro), il paragone tra le due donne e i due prodotti – quanto ci piace paragonare le donne a oggetti e alimenti, eh? Ma quanto è originale, eh? Tanti applausi. Una si definisce sottile e croccante e l’altra morbida e corposa – e faccio anche notare tutti gli altri elementi, quelli della fisicità in primis, che si è scelto di associare ai primi e ai secondi aggettivi, perché non sono lasciati al caso.

Aia non ha scelto di utilizzare due donne diverse per comunicare varietà (pur sempre nella non-varietà di base dello spot). L’ha fatto al fine di trasformarle in esseri/oggetti espressi come simboli paralleli ai prodotti pubblicizzati.

Aia Senza Gioia

Oltre a quanto detto, ritengo (sia come elemento isolato che, ancor più, aggiunto agli altri presenti) tutt’altro che positiva anche la scelta di far battibeccare le due donne come nel più becero degli stereotipi sulla competizione femminile – o forse dovrei dire “competizione tra donne“, che è l’unica forma di competizione a cui i membri di sesso femminile vengono incoraggiati a livello sociale, con conseguenze disastrose e deumanizzanti.

Non ho tutta questa familiarità con i sapori Aia, ma quanto alle pubblicità, posso senz’altro sostenere che sono di pessimo gusto.
Nulla può cambiare quanto entrambi gli spot fungano da forze intensificatrici di un numero spropositato di immaginari stereotipati (con la ciliegina della torta dell’oggettivizzazione femminile), ma mi sorge spontanea una domanda:

Cosa ci aspetta nei prossimi spot della serie Cuochi d’Italia (sempre che non sia conclusa)? Riusciremo a vedere degli uomini? Se li vedremo, saranno anche loro oggettivizzati e rappresentati in modo stereotipato? Saranno collocati in un’impostazione casalinga o in una professionale? Si scontreranno con altri uomini, o avremo l’onore di assistere a un confronto tra esseri umani, piuttosto che tra simboli/oggetti che si scontrano con simboli/oggetti dello stesso sesso, all’insegna degli stereotipi? Chi vivrà, vedrà.

Alla prossima e, mi raccomando, occhio agli spot!


SEGNALAZIONE E COMMENTO

L’espressione dell’opinione relativa agli spot – spesso più della segnalazione degli stessi – può essere cruciale e determinante nello stimolare i marchi a muoversi verso una direzione pubblicitaria diversa, più progressista e socialmente responsabile. Poiché l’unione fa la forza, come diversi casi hanno in passato dimostrato, invito tutti a prendersi il tempo per lasciare commenti sulle pagine ufficiali e/o inviare email ai marchi interessati. A seguire, i dati per lo spot menzionato nell’articolo:

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