Aspirina – Stereotipi e Naso Chiuso

Ma salve, oppositrici e oppositori degli stereotipi. L’espediente narrativo presente nello spot di cui vi parlerò oggi vi sarà senz’altro familiare. L’azienda – una multinazionale farmaceutica (Bayer) – non è nuova a questo blog, ma il prodotto lo è. Ed è un prodotto molto famoso. Vediamo dunque insieme la pubblicità di Aspirina C!

Un pover’uomo è distrutto dal naso chiuso e dai sintomi influenzali. Proprio non sa come far fronte a queste traumatiche e apparentemente insormontabili difficoltà. Fortuna che arriva Donna Sorridente di Bell’Aspetto e Lievemente Ammiccante, che propone di essere lei a pensare al malanno di lui. Un sorso di Aspirina sciolta nell’acqua e l’uomo si sente immediatamente meglio (aspettate, dobbiamo far finta che non sia pubblicità ingannevoli?). Infine, una volta libero e felice come una farfalla (virile, però), il nostro protagonista fa esperienza dello shock e del disagio di trovarsi un altro uomo appoggiato alla spalla. Niente paura, però, perché il sorriso di comprensione e complicità scambiato dalla Signorina Ci Penso lo libererà anche da questa situazione.


Allora? Allora? L’avete riconosciuto l’espediente narrativo?
Lasciate che lo descriva brevemente per chi non l’ha riconosciuto e per chi non lo conosce.
Mi riferisco al quadro rappresentativo che vuole l’uomo incapace di prendersi cura di sé (o disinteressato a farlo) e la donna infermiera/badante (quasi sempre compagna di lui, come nel caso di Vicks e Prostamol) che giunge in suo soccorso. Nel caso dello spot Aspirina, la donna in questione è proposta come una sconosciuta – non c’è nessun elemento che la caratterizzi diversamente, ma se ci fosse stato non sarebbe un’attenuante – un po’ come quella dello spot Flectoartro (spot ridicolo con lui posizionato a 3km di distanza pur di non arrivare al medicinale. Se fosse più vicino ci arriverebbe senza piegarsi. Invece di essere aiutato da una persona che lavora in negozio, a salvarlo è una sorridente sconosciuta).

Le probabilità che il signore dello spot Aspirina non sappia che può prendere uno dei vari medicinali comunemente usati per far fronte ai sintomi che sta esperienzando (è un verbo esistente? Se non lo è, dovrebbe. Crusca, dimmi tu. Tanti baci) sono pari a zero. Persino le bambine e i bambini hanno una certa familiarità con questi farmaci. Salvo voler comunicare che il protagonista sia un idiota privo di nozioni alla portata di chiunque, certo. Ma sicuramente non è intento presente. Alla luce di questa consapevolezza, dunque, cosa ferma l’uomo dal girarsi attorno o alzare il deretano per chiedere a una delle molteplici persone con lui in attesa nell’aeroporto se ha qualcosa per il raffreddore? Nulla, in virtù di logica. A fermarlo è solo la produzione dello spot Aspirina, che ha deciso di renderlo impedito e pigro, e far sì che a prendersi cura del suo raffreddore sia un’altra persona, una donna.

Aspirina
Tranquillo, cucciolo d’uomo abbandonato alla sua drammatica sorte. Ci penso io a liberarti dal mucoso orrore del raffreddore! Guarda che faccia furbettosa che ho!!

C’è un ulteriore, più subdolo, stereotipo che viene rinforzato mediante questa rappresentazione. Scommetto che qualcuna/o tra voi l’ha captato. Sto parlando di quello della resistenza maschile a prendersi cura di sé e della propria salute. La cura è culturalmente codificata come femminile e curarsi di sé in qualche modo è percepito per molti uomini come demascolinizzante. Nozione che viene costantemente utilizzata per giustificare il fatto che la cura dei maschi ricada (debba ricadere, quasi per missione naturale) sulle donne. Perché prendersi la briga di incoraggiare ed educare gli uomini (quelli che ancora non lo fanno; ma non dovrei specificarlo…) a curarsi del proprio benessere e della propria salute quando possiamo aggiungere un altro fardello sulle spalle delle femmine della specie?

E allora non preoccuparti, uomo. Non c’è bisogno che tu ti prenda cura di te stesso. Perché arriva lei, una lei. Che sia la tua prima mamma o la tua seconda mamma ( = moglie), o ancora una compagna, un’amica o una a caso, stai tranquillo perché ci pensa lei. E ci pensa lei col sorriso, sempre col sorriso, come la donna dello spot. Ovviamente poi sarà contenta e soddisfatta di averti aiutato, espletando il suo dovere di donna.

Vi dirò, lo spot fa anche ipotizzare un bel caso di “non so cosa sarebbe stato peggio”. La scelta tra le due opzioni contemplabili, nella valutazione della loro negatività, è effettivamente ardua. Ma lasciatemi spiegare.

In assenza dell’ultima scena, che concretizza indiscutibilmente la donna come figura materialmente esistente, sarebbe stato possibile (anche verosimile, narrativamente) leggere la signora come una metafora/incarnazione fisica per l’Aspirina. A incoraggiare questa lettura c’è proprio la frase proferita da lei. È infatti più sensato immaginare di indicare il prodotto come quello incaricato di ovviare al problema di salute (“ci penso io”), piuttosto che materializzare una sconosciuta che decide di badare a un tizio raffreddato. Allo stesso tempo quella scelta si sarebbe tradotta nell’oggettivazione (letterale resa in oggetto) della donna, trasformata nel prodotto stesso, come abbiamo già visto avvenire con birre, carni, arance, automobili, ecc.

Aspirina
E guarda che brava! Casualmente trovatami nei paraggi della tua seduta (non è vero, ti ho seguito per potermi continuare a prendere cura di te), ora ti libero anche dall’imbarazzo di avere un omacciono appoggiato sulla viril spalla. Quanto so brava! Che bella, ‘sta storiella che c’ha scritto Bayer.

Aspirina ha preferito puntare sulla donna infermiera col destino di accudire ma, insomma, è difficile dire che l’altra ipotesi sarebbe stata preferibile. Stesso livello di pietà e misoginia. Quello che sarebbe sì stato preferibile è una rappresentazione dignitosa del protagonista, che si sarebbe preso la briga di trovare da sé la soluzione al suo problema di salute. Un uomo che, a sé, pensa da sé. Senza aspettare che arrivi la mammina (in qualunque forma sia). Avrebbe potuto tirar fuori il medicinale dalla tasca, chiederlo in giro o andare a comprarlo. Le alternative ci sono ma, insomma, dovrebbe pensarci chi crea le pubblicità.

Quanto alla scena finale, ipotizzo sia stata costruita per stabilire un legame tra il protagonista e l’infermiera – mediante la complicità della condivisione di un momento divertente – che vada oltre la proposta del prodotto. Non sarà difficile, per persone fantasiose e che magari han visto molti film e letto molti libri, interpretarla come il preludio di una storia d’amore. Dai, uomo, dove la trovi un’altra con questo spirito di crocerossina (indizio: ovunque, perché le donne vi vengono socializzate sin dall’infanzia)? Non fartela scappare!

Insomma, con questo spot per l’Aspirina Bayer si conferma promotrice di stereotipi sui ruoli dei sessi, con maschi impediti che non sanno (o non vogliono) prendersi cura di sé e donne che vivono per prendersi cura degli uomini. Peccato. Se volete dire la vostra all’azienda, trovate i link qui in basso.

Alla prossima e, mi raccomando, occhio agli spot!

SEGNALAZIONE E COMMENTO

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