Birra, Sesso e Uomini; tra la Pochezza di Bavaria e il Progresso di Corona

Pensavo che sarebbe utile informare diversi marchi dal mindset piuttosto semplicistico (quantomeno per quanto concerne il reparto pubblicitario) del fatto che il potere di vendita del sesso è, sostanzialmente, un grande mito1.

Certo, (oltre al naturale interesse che si può o meno provare al riguardo – perché sì, c’è chi non è interessato al sesso) in particolare grazie ai costrutti sociali e alla formazione culturale che ne fomentano l’intensità dell’alone di proibito, tabù ma al contempo irresistibile, il sesso attira l’attenzione.

Ma se pensate che attiri l’attenzione sul vostro prodotto, vi sbagliate di grosso. Ma davvero di grosso. L’attenzione che attira il sesso è fine al sesso stesso. Le probabilità che lo spettatore ricordi il vostro prodotto, le sue caratteristiche e proprietà sono infinitamente inferiori alle probabilità che l’unica cosa a restargli impressa sia la particolare avvenenza o sensualità del modello, della modella, dei modelli rappresenti (o, eventualmente, di altre immagini sessualmente allusive presenti).

Il massimo che la visione della seguente pubblicità (pubblicata qualche giorno fa) può scatenare…

…è il ricordo del fatto che esista una bibita la cui casa produttrice ha scelto di pubblicizzare tramite un gratuitamente sessuale gioco di parole che allude a grandi seni rappresentati da pompelmi… (che ideona, non trovate?)

Le bocce (bucce, perdonate), sono enormi e occupano il centro dell’immagine, così come è scritta a caratteri cubitali la frase accompagnatrice: MA CHE BUCCE!

Non si evince neppure l’intenzione di pubblicizzare il prodotto (posto in piccolissimo in un angoletto dell’immagine). L’importante, per le brillanti menti che si celano dietro la creazione di quest’immagine, è attirare l’attenzione del pubblico (indubbiamente qui inteso come prevalentemente maschile ed eterosessuale) tramite una frase e un’immagine che alludano alla sessualità mediante un riferimento esplicito a una parte del corpo femminile.

Vi inviterei a dare un’occhiata alla pagina Facebook del marchio. Le ‘battute’/giochi di parole quali “E’ tornata la stagione dei limoni”, “Tutti al mare a mostrar le birre chiare”, assieme allo spot in alto mostrato, farebbero pensare che il responsabile del reparto pubblicitario sia un generico ragazzino delle medie (così come presente nell’immaginario collettivo e così come talvolta concreto frutto sociale – non come realtà assoluta ed effettiva, ovvio, sia mai che pensi questo di una così ampia categoria di persone tanto ricca di varietà e potenziale). Ma sono certa che lui/lei (o loro) trovi di essere divertentissimo/a e pensi che non ci sia che da ridere fragorosamente alla lettura di frasi simili (“E fatevela una risata”, no?).

Chiaro che, in un simile panorama, non poteva mancare una frase che alludesse all’elemento ‘maschio’ insito nella birra: “A ogni uomo la sua birra”. Grazie, Bavaria, ce ne ricorderemo.

Approfitto del pessimo esempio del marchio di cui finora ho scritto per menzionare il relativamente recente cambio di rotta – ancora non completato ma sicuramente in atto – degli ultimi anni. La birra sta passando da essere pubblicizzata come bevanda da uomo a, finalmente, essere riconosciute e mostrata come inclusive e per tutti, come è giusto che sia. Carino, ad esempio, l’ultimo spot Corona, scevro di sessualizzazione e genderizzazione ma che invece promuove avventura, relax e freschezza (elementi incredibilmente pertinenti al prodotto, guardate un po’.)

Anche qui non manca chi fatica a fare passi avanti. Lo spot Heineken sulla Champions, per esempio, è retrogrado, orribile e sessista (punta all’associazione del ‘maschile’ della birra e del calcio. Da brividi). Probabilmente Corona è il marchio che sta facendo di meglio su questo fronte; glielo riconosco e gliene do merito, perché è importante sottolineare il positivo tanto quanto le è denunciare il negativo e dannoso.

Non resta che sperare che, in futuro, sempre più marchi scelgano di distaccarsi dalle immagini e dalle associazioni stereotipate, per abbracciare una fetta di pubblico sempre più ampia.


1 Studi su Sesso e Pubblicità (il più recente. Ma non si tratta affatto di una novità: ulteriori studi al riguardo, datati due anni fa).

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