Caffè Moreno – Se Sessista Non è, io Non Bevo Caffè

Lo spot di cui vi parlerò oggi è uno di quelli piuttosto vecchiotti ma che continua ad andare in onda, imperterrito, con coraggio e determinazione di cui faremmo volentieri a meno. L’ambito è quello delle bevande e lo scenario proposto sarà spunto per approfondimenti che si estenderanno oltre la cornice pubblicitaria. Pronti e pronte? Bene, vediamo subito lo spot del Caffè Moreno!

Una donna adulta fa il suo ingresso in un bar, recitando con naturalezza una frase di quelle che tutti noi siamo soliti pronunciare prima di degustare un caffè. Con altrettanta naturalezza, un uomo al bancone domanda al barista se gli permette di offrire un caffè alla signorina (parola misteriosa da lui utilizzata per riferirsi alla donna appena entrata). Il barista, gentilissimo, concede questo permesso e, anche lui usando la parola misteriosa, si rivolge alla cliente iniziando a spiegarle come si fa un buon caffè, visto che lei aveva chiest—Ah, non aveva chiesto? Dettagli. Per concludere, riprendendo la naturalezza della frase d’ingresso, la signora ci informa che “Se Moreno non è, io non bevo caffè”. Parliamone.

Partirei da un dettaglio che merita menzione pur non costituendo il cuore della discutibilità dei contenuti dello spot. Com’è piuttosto semplice notare, la rappresentazione della cliente (interpretata da Elisabetta Gregoraci) non corrisponda esattamente alla realistica immagine di una donna come tante che va a prendere un caffè. Non che sia impossibile che vi siano donne similmente abbigliate, sia chiaro, ma converrete che non è consuetudine che si vada a prendere un caffè truccatissime, con capigliatura che pare appena fatta, indossando un mini abito attillato e scollato, e anche tanto di tacchi a spillo. Sembra quasi, che strano che strano, che sorpresa che sorpresa, l’immaginario della donna oggetto sessualizzata che alcuni uomini tanto amano ipotizzare e proporre, quasi fosse una sorta di standard ideale.

D’altronde, come ci fa notare la casa di produzione esecutiva nel suo post su Facebook, sottolineando volontariamente o meno il senso d’essere della figura nello spot, lei è la splendida Elisabetta Gregoraci, mentre l’interprete del barista Mario Porfito,  è “bravissimo”. Dell’avvenenza di lui non c’importa e, quanto a lei, non ci importa che della sua avvenenza. Interessante, no? Un perfetto mindset maschilista che non si ferma affatto qui e tenacemente si insidia nell’interezza della narrazione dello spot Caffè Moreno.

Nella scenetta presentataci, infatti, avviene qualcosa di molto grave.
Ben presto scopriamo che la considerazione della signora inizia e si conclude nell’esposizione della sua bellezza fisica. Una volta appurata l’appetibilità del suo aspetto, il valore di lei è ormai esaurito e potere e controllo vengono completamente riposti nelle mani dei due uomini presenti.

Caffè Moreno
“In questa bella giornata, ci vuole proprio qualcuno che chieda a un barista di offrirmi un caffè.”

Prima che la cliente ordini il suo caffè, l’uomo già presente decide di offrirglielo, riferendosi a lei, donna adulta e sconosciuta, usando l’improprio – seppur ancora diffuso in alcune zone – appellativo “signorina1”. Invece di domandare alla donna se avrebbe piacere che le offrisse un caffè, il signore pensa che sia un’idea migliore chiedere il permesso al barista, perché il barista è notoriamente colui che sceglie per i clienti. Ah, no? Dettagli.

Non solamente si dà per scontato che alla donna stia bene che un perfetto sconosciuto le offra da bere, ma viene comunicato il tremendo messaggio (non nuovo negli spot – esempio 1 ed esempio 2) che vuole la volontà della donna come ininfluente, non meritevole di attenzione. La cliente non ha neppure il diritto di esprimersi, non ha neppure il diritto di decidere. Gli uomini decidono per lei e il tutto è presentato come fosse quanto di più normale possibile.

Dopo non aver potuto scegliere se farsi offrire un caffè, alla cliente tocca anche ascoltare la spiegazione non richiesta del barista, che tanto ci tiene a dirle come si fa un buon caffè perché, sebbene sia conoscenza comune, evidentemente si ritiene improbabile che una signorina sappia che per un buon caffè ci vuole una buona miscela. L’importante è che la donna faccia (bella) presenza e promuova il Caffè Moreno con lo slogan in rima. Il resto è compito maschile.

Una delle ragioni per cui presentare situazioni di questo tipo come ovvie, normali e piacevoli è problematico è che, con variazioni relative alla zona, succedono davvero, in modo a volte anche identico a quello dello spot, e legittimarle rinforza la già esistente normalizzazione di un vero e proprio comportamento abusivo (sì, nessuna esagerazione. Non importa che si usi e che sia tradizionalmente accettato: è abusivo). Concedetemi qualche riflessione relativa all’argomento.

Caffè Moreno
“Salve, signorina. Le piace come la guardiamo assorti? Mi permette di chiedere al barista se mi permette di offrirle un caffè?”

Il problema esiste già a monte. Pensiamoci.
Per quale ragione un uomo dovrebbe offrire da bere a una donna sconosciuta, con la quale non ha scambiato neppure una parola? Pensare che sia un modo per ottenere approvazione, simpatia, attenzione o interesse sottintenderebbe una visione della donna intesa, aprioristicamente e per il suo solo appartenere a un sesso specifico, come preda idealmente conquistabile mediante offerte materiali. Non può sussistere neppure la scusa di gentilezza o cortesia da sola, poiché la connotazione va a perdersi automaticamente trasformandosi in sessismo se il comportamento si manifesta solamente nei confronti di persone di sesso femminile. Eppure, sebbene così non sia, anche per una questione di abitudine e tradizione sono numerosi gli uomini cresciuti nella convinzione che questo sia un modo positivo e sano di relazionarsi con le donne (è complice anche il condizionamento mediatico – sono moltissimi i film con scene in cui uomini offrono da bere a donne; quasi sempre l’interazione nasce per conquistare e non si conclude con il consumo del drink).

Di varianti della situazione ce ne sono molte. Se in alcuni casi si chiede al barista o alla barista e in altri, addirittura, gli o le si impartiscono ordini (es: “il suo caffè lo pago io”), azzerando la considerazione dell’ipotesi che possa non andar bene ed enfatizzando la convinzione che sia indubbiamente atto buono, giusto e inattaccabile, non di rado accade che l’uomo in questione domandi alla sconosciuta se può offrirle un caffè! Grazie. Almeno qualcuno che ci considera come persone. Siamo sicuri? Non è proprio così – non sempre, almeno.

Molte più donne di quelle che gli uomini di questo tipo (soliti offrire a donne non conosciute) possano immaginare sono tutt’altro che felici che uno sconosciuto offra loro qualcosa e preferirebbero di gran lunga fare da sole. Tuttavia, persino tra queste ce ne sono che accettano l’offerta, a volte anche sorridendo. Sono folli, stolte, approfittatrici? No. La ragione è che è spaventosamente comune che l’uomo che si propone di offrire a sconosciute non si fermi davanti al primo no. E neppure al secondo. O al terzo. Eh, già. È possibile che lo spiacevole momento si protragga al punto tale da risultare emotivamente sfiancante. E se invece la donna riesce a sfiancare l’uomo fino a far cessare la sua insistenza, improvvisamente si trasforma in una stronza ingrata (proprio così, ma forse c’è chi tra voi lo sa per esperienza) e il risentimento potrebbe permanere anche per eventuali incontri successivi.

Caffè Moreno
“Sa, signorina. L’acqua è bagnata, la terra ruota attorno al sole e qui, un tempo, era tutta campagna.”

Ecco che, al nuovo verificarsi di situazioni simili, alcune donne finiscono con l’accettare le offerte per evitarsi il fastidio della sceneggiata, per non perdere tempo inutilmente e per non rischiare di beccarsi insulti (andando loro malgrado, sebbene in modo comprensibile, a riconfermare la validità del comportamento agli occhi dell’uomo, che fallirà nel comprendere il suo essere inopportuno o anche solo nel mettere in discussione la giustizia delle proprie azioni). Incapacità di accettare i rifiuti da un lato. Resa indotta dal timore delle conseguenze dall’altro. Oh, lo so bene a cosa somiglia questa dinamica, e lo sapete anche voi. Le cose si somigliano non per caso, ma perché figlie della stessa cultura.

Arrivati a questo punto, mi sento in dovere di mettere i puntini sulle rispettive ‘i’.
L’offerta di caffè o altre bevande (che provenga da un uomo o da una donna – il fatto che si tratti quasi esclusivamente di offerte da uomini a donne è mero retaggio maschilista) non è necessariamente sgradita o inopportuna, né per forza mette in scena una comunicazione tossica come quella dello spot del Caffè Moreno. L’importante è badare a un paio di minuscole ma fondamentali accortezze.

Rivolgendomi agli uomini e permanendo (in quanto attualmente quasi unica, nonché quella presente nello spot) nella casistica dell’uomo che offre alla donna, invito in primo luogo ad assicurarsi di considerare e trattare quest’ultima come una persona al proprio pari. Quando l’offerta, sempre e comunque da rivolgere in prima persona all’altra, segue o conclude un piacevole scambio di chiacchiere tra esseri umani, può essere apprezzata e intesa come gentile, purché non si pensi di leggere l’accettazione come disponibilità (qualsiasi offerta che parte con questo presupposto sarebbe da evitare, perché nasce da una terribile interpretazione svilente della donna) e purché sia percepita come eventualmente reciprocabile in futuro (in caso contrario non si sta leggendo l’altra persona come pari e si ripropone la dinamica sessista, perché sì, è sessista pensare che offrire spetti all’uomo o che lasciare che una donna offra ‘svirilizzi’, anche quando a pensarlo è una donna).

In secondo luogo, è assolutamente cruciale rispettare e accettare con serenità gli eventuali “No”. Può spiacere che qualcuna rifiuti una nostra offerta? Certo. Ma il rifiuto va rispettato, sempre e comunque. Il fatto che esistano persone che mostrano iniziali rifiuti non realmente intesi, che facciano “cerimonie”, come si suol dire (scusa che alcuni usano per legittimare la propria insistenza, anche rinforzata dai pericolosi detti sessisti sulle donne che non sarebbero oneste e i cui no sarebbero sì e viceversa) non può portare a dare per scontato che sia così per tutte o anche solo per la maggior parte. Anzi, è infinitamente più saggio partire dal presupposto esattamente contrario. Se qualcuna rifiuta la vostra offerta pur volendo accettare, il problema sarà stata la sua mancanza d’onestà, di cui voi non siete responsabili. Delle vostre reazioni al rifiuto, però, siete pienamente responsabili.

Caffè Moreno
“Ciao, mi chiamo Signorina e adoro i caffè che gli altri ordinano per me chiedendo ad altri ancora il permesso di farlo!”

La scelta di insistere invece di accettare il “no” non vi farà apparire come gentili, galanti, simpatici o carini, bensì come inopportuni, fastidiosi o molesti. E poiché dubito che un uomo che vuole genuinamente offrire per gentilezza voglia rischiare di essere percepito come molesto, consiglio di interrogarsi con onestà sulla questione e di abituarsi a un trattamento delle persone di sesso femminile che sia rispettoso e mai svilente della loro volontà.

Per concludere, lasciate che faccia ritorno alla pubblicità con qualche suggerimento.
Al fine di eliminare il contenuto negativo basterebbe fare due cose: proporre il personaggio interpretato da Gregoraci come donna reale e non come figura femminile sexy idealizzata dal male-gaze e togliere di mezzo l’altro cliente, oppure lasciarlo lì ma consentire alla donna di pagare il suo caffè da sé. Invece di limitarsi all’ovvietà, inoltre, il barista potrebbe magari approfondire le qualità e il gusto del Caffè Moreno, sottolineandone eventuali peculiarità.

Per il momento, resta il fatto che questa pubblicità merita una bocciatura grossa come una casa, in quanto contribuisce a legittimare e normalizzare (o rinforzare, qualora sia già relativamente diffusa) una dinamica maschilista e di mascolinità tossica che mortifica la donna ignorandone completamente il valore, il potere e il volere in qualità di essere umano.

Se avete voglia di dire la vostra a Caffè Moreno, cliccate sui link in basso.
Se invece avete voglia di raccontarmi alcune delle vostre esperienze al bar (come propositori o riceventi di offerte), avrò piacere di leggere le vostre testimonianze e – perché no? – anche pubblicarle in anonimo in un articolo futuro.
Alla prossima e, mi raccomando, occhio agli spot!


SEGNALAZIONE E COMMENTO


1 Sebbene sconsigliato sin dagli anni ottanta per la natura sessista riconosciutavi anche per via dell’asimmetria tra maschile e femminile, l’appellativo “Signorina” è ancora oggi da molti utilizzato – con variazioni relative alla zona del paese – per riferirsi a ragazze o donne non sposate (mentre il corrispettivo maschile “Signorino” si è perso nel tempo ed è correntemente usato di rado e solo in modo scherzoso) o ritenute evidentemente giovani. Poiché la giovinezza in particolare – me a volte anche l’essere sposate – è un criterio fortemente basato sulla percezione, l’utilizzo di “signorina” è per alcuni sentito come riconoscimento legato all’aspetto, e acquisisce così un ulteriore valore di tipo sessista. Su questa base accade che donne più e meno giovani si sentano offese se chiamate “signora” poiché le fa sentire “vecchie” (cosa che automaticamente non potrebbe avvenire se non esistesse un termine apposito per rivolgersi a chi appare più giovane), mentre “signorina” è percepito come lusinghiero, poiché determina il proprio apparire sufficientemente giovani (proprio come i condizionamenti sociali iniziano ben presto a richiedere a ogni soggetto di sesso femminile). Mi rendo conto che possa richiedere un importante sforzo comune, ma invito caldamente ad evitare di usare o di sperare che venga usata quella parola.

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