Con Missing B non Mancano né Vaccini né Stereotipi

a pubblicità di cui vi parlerò oggi non è di un prodotto, né di un servizio. Si tratta invece di una tipologia del tutto a parte, mai trattata prima: una pubblicità progresso autorizzata dal Ministero della Salute a cura della casa farmaceutica GSK. Bando al blablabla e vediamo insieme lo spot della campagna Missing B, che mi è anche stato segnalato dalla gentilissima Elisabetta.

Mentre la narratrice ci parla di genitori che vogliono che ai loro figli e alle loro figlie non manchi mai niente, vediamo Isabella che gioca con un peluche insieme a sua madre, Sabrina che si esibisce in passi di danza classica e Roberto che gioca a calcio. Ma insomma, tra un arabesque e un goal, l’avete fatto fare o no, questo vaccino contro la meningite B?


Direi di partire riconoscendo il nobile intento della campagna Missing B di portare l’attenzione sulla meningite B che, sebbene di per sé patologia piuttosto rara, colpisce esclusivamente bambini e bambine in tenerissima età (a causa dell’assenza di copertura degli anticorpi – la protezione trasmessa dalle madri dura solo alcuni mesi) e in età adolescenziale, con conseguenze potenzialmente fatali (si stima intorno al 10-15% di chi contrae la malattia). Insomma, tanto di cappello, ma pure cappotto, sciarpa e guanti per l’intenzione.

Andando però oltre l’intenzione, tocca soffermarsi a osservare la realizzazione della campagna, che costituisce l’aspetto che si è scelto di utilizzare per comunicare l’intenzione stessa. Lo spot pubblicitario della campagna Missing B ci mostra due bambine, una piccolissima, l’altra più grandicella, e un bambino. Fin qui tutto bene, se non fosse che le opzioni di rappresentazione su cui si è scelto di puntare lasciano a dir poco a desiderare in termini di originalità e varietà.

Missing B
Un’esclusiva, rara, portentosa, miracolosa e sorprendente immagine di bambine che fanno danza classica!

Lasciamo un attimo da parte Sabrina, infante incoraggiata dalla madre a giocare con un orsacchiotto e che occupa solo i primi e gli ultimi istanti dello spot. Le due figure “protagoniste” sono Isabella e Roberto. E che fanno questa bimba e questo bimbo? Lei pratica danza classica e lui gioca a calcio. Veramente? Se dovessi chiedere a una manciata di persone di stilarmi una top 3 delle attività sportive stereotipicamente associate ai maschi e quelle stereotipicamente associate alle femmine, scommettiamo che quasi tutte, se non proprio tutte (e io voto “tutte”) citerebbero il calcio per i primi e la danza classica per le seconde? Esiste un accostamento più trito e ritrito di questo? Se sì, non mi viene in mente, ma fatemi pure sapere.

Cosa succede quando, nonostante le alternative a immediata disposizione, scegliamo comunque di rappresentare immaginari stereotipati? Succede che ne rinforziamo la presa sul senso comune. Le conseguenze, nel caso specifico, sono due in particolare: 1) i bambini e le bambine percepiscono di avere possibilità di scelta estremamente limitate; 2) si contribuisce allo stigma della presenza maschile nella danza classica e di quella femminile nel calcio (nonostante i passi avanti, la situazione è ancora tutt’altro che rosea per le nostre calciatrici o aspiranti tali, specialmente in confronto a paesi culturalmente più avanzati. Tenete conto che continua a tornare regolarmente in superficie – anche su giornali e da parte di persone che lavorano nel calcio – la retorica di questo sport come attività maschia e inadatta alle donne…).

Missing B
Un’esclusiva, rara, portentosa, miracolosa e sorprendente immagine di bambini che giocano a calcio!

Il nostro mondo, soprattutto nell’infanzia ma anche poi, va creandosi sulla base di ciò che vediamo e sentiamo. Se ci vengono mostrate e dette solo alcune cose, non avremo modo e mezzi di ipotizzarne e considerarne altre (non sappiamo che esistonopresente il detto “Se puoi vederlo, puoi diventarlo?”) ed eseguiremo scelte sulla base delle opzioni limitate che ci sono state consegnate da altri. Quando poi la cultura si preoccupa anche di comunicarci quali dei ruoli e quali delle attività sono “per il nostro sesso” e quali no, ecco che le opzioni si riducono ancora, e acquisiamo la percezione/pregiudizio del fatto che qualcosa sia o meno “per noi”, che noi siamo o meno “giusti/e” per qualcosa. Grazie, cultura. Baci e abbracci.

So che non è necessario che lo sottolinei per chi conosce il blog ed è solito leggermi, ma lo faccio comunque: salvo essere stati specificamente indirizzati dai genitori, c’è zero di negativo in una bambina che pratica danza classica (e in un bambino che gioca a calcio). Neppure lontanamente il punto è suggerire il contrario. Il problema sorge unicamente perché si tratta di due attività sportive che presentano ancora una forte codifica sesso-specifica nell’immaginario collettivo. Allo stato attuale delle cose, il calcio è ancora pensato come da maschi (o comunque più da maschi che da femmine) e il balletto è ancora percepito come da femmine. Come lo so io e lo sapete voi, lo sanno anche GSK e il ministero della salute. L’arbitrarietà e la consapevolezza della decisione rappresentativa sono evidenziate, a mio vedere, dal fatto che evitare di cascare nel rinforzo di queste associazioni stereotipate era facilissimo. La realtà delle cose, infatti, ci offre un’interessante varietà di alternative.

Missing B
Immagine esclusiva di GSK che si piega agli stereotipi.

Isabella e Roberto avrebbero potuto praticare uno sport qualsiasi tra nuoto, tennis, basket, arti marziali, atletica, ciclismo, pattinaggio, equitazione, lacrosse, softball e altro ancora. Nessuna di queste opzioni è caratterizzata da una codifica sesso-specifica. In aggiunta, tutte queste attività – alcune in particolare – sono sottorappresentate e sarebbe utilissimo darvi più spazio. Capite? Nonostante queste possibilità e il potenziale integrato nello scegliere di sottoporle allo sguardo dei pubblici di ogni età, nella sua campagna Missing B, GSK ha deciso di proporre le due attività sportive più ampiamente rappresentate in assoluto (per bimbi e bimbe) e che, allo stesso tempo, sono le più stereotipate per sesso in assoluto! Insomma, pur considerando tutte le buone intenzioni del mondo, una caduta simile era difficile da ignorare.

Per questa pubblicità in particolare trovo che optare direttamente per altri sport sarebbe stato meglio di invertire le associazioni come sono ora (quindi con lui che balla e lei che gioca a calcio). Questo perché, se l’avessero fatto – per via di quanto detto relativamente alla radicata codifica sessuata di questi sport per l’infanzia – l’intento pubblicitario originale si sarebbe mischiato con quello di un evidente desiderio di comunicare sovversione degli stereotipi; desiderio che non sarebbe sfuggito a nessuno/e (un bimbo che fa danza classica!1!) e che, sebbene di per sé nobile quanto quello della tutela della salute dell’infanzia, avrebbe potuto facilmente oscurare quest’ultimo. Per una volta, insomma, non avrei chiesto neppure di constatare impegno per sovvertire gli stereotipi. Mi sarebbe bastato che si fosse evitato di rinforzare quelli esistenti

Missing B
Immagine esclusiva di me (abilmente travestita da Roberto) che lancio via gli stereotipi.

Prima di passare e chiudere, ci tengo a fare anche un piccolo appuntino positivo. Se dall’infanzia passiamo all’adultità, in termini di rappresentazione, vediamo lo spot Missing B mostrarci sia una madre che un padre, entrambe figure affettuose. Collocando il padre con la bambina, invece che come supporter calcistico del figlio, si è anche evitato una potenziale stereotipizzazione aggiuntiva. Bene qui, insomma.

A ogni modo, se volete suggerire a GSK di portare avanti le sue campagne lasciando però indietro le stereotipizzazioni legate ai sessi, potete farlo cliccando sui link qui in basso.

Alla prossima e, mi raccomando, occhio agli spot!


SEGNALAZIONE E COMMENTO

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