Credem – La Banca per chi Crede negli Stereotipi

Dopo un’assenza relativamente prolungata, torna a farci visita il settore dei servizi, in particolare quello dei servizi bancari e finanziari. Per le banche potrebbe persino trattarsi di un esordio, qui sul blog! Ma l’occasione non è festosa. Guardiamo insieme lo spot di Credem Banca.

Uomo in un campo di grano che osserva un vecchio casolare. Crede che non ci sia niente di più concreto di un sogno. Donna nella vasca da bagno con un bambino o una bambina. Crede che investire nel futuro renda felici nel presente. Poi uomo che si gode l’auto sportiva dei suoi sogni. Un altro che crede di dover credere nel suo progetto. E mentre lo spot si chiude con il narratore che ci presenta Credem, ci sono un altro uomo alla guida (con due donne passeggere), un uomo anziano che insegna a (presumibilmente) un bambino a lavorare il legno, e poi ancora un uomo che accoglie un altro uomo nel suo ufficio. In sequenza volto di signor grano, signora vasca e signor banca. Fine spot. Parliamone.


Con questo spot Credem non opta per oggettivazione (come Sara Assicurazioni) o rappresentazioni sessiste plateali (come Subito.it o Facile.it), ma per qualcosa di più subdolo, sebbene sufficientemente chiaro da non poter sfuggire a occhi allenati.

Non c’è sorpresa per il fatto che la pubblicità esterni con ovvietà la predominante (quasi esclusiva) intenzione di rivolgersi a un target maschile. Se da un lato a smuovere l’economia moderna è l’impegno profuso da aziende e pubblicitari nell’inventare bisogni e distorcere la percezione delle donne affinché desiderino acquistare prodotti cosmetici nella rincorsa all’ossessionante disvalore del connubio tra eterne giovinezza e magrezza e irreale modello estetico creato ad hoc, dall’altro troviamo il sovrano dio status, che viene integrato nel sentire maschile sotto forma di tutto quanto concernente potere, controllo e denaro.

Credem Banca
“Sono il re del mondo!
E ho appena fatto un peto.”

L’allocazione di quella tipologia di ambito all’esperienza di vita maschile è anche diretto derivato dal nostro retaggio storico. La possibilità di aprire autonomamente un conto in banca non c’è sempre stata, per le donne. È un diritto che è stato necessario conquistare. E così, mente l’associazione tra uomo, potere e autonomia economica si rinforzava, così faceva quella tra donna, assenza di potere e di autonomia economica, che a sua volta contribuiva alla condizione di dipendenza dall’uomo, e di rintanamento tra le mura domestiche. Altra conseguenza è il fatto che gli elementi succitati siano andati a fondersi con la moderna concezione di “mascolinità”. Un uomo privo di determinati elementi di status – automobile di un certo tipo, reddito proficuo, per esempio – è spesso considerato meno uomo. Il potere e il denaro sono talmente intesi come mascolini, nelle nostre società, che qualora un uomo si accompagni a una donna che ha un reddito superiore o una macchina più costosa, è comune che finisca con il sentirsi (e anche con l’essere percepito da altre persone che vedono attraverso queste lenti) de-mascolinizzato.

Ma ora entriamo nell’ambito più specifico dello spot, esaminando le persone che Credem ha scelto di far figurare. Quelle a cui è dedicato lo slogan del credere sono quattro; tre uomini e una donna. Nei rimanenti scenari abbiamo un giovane uomo e due giovani donne (l’esperienza pare condivisa, ma è lui a guidare), un anziano e un bambino1 e infine due uomini. Per un totale di sette protagonisti maschili, una protagonista femminile e due figure femminili secondarie.

Credem Banca
“Io credo che…
E pitipipù! E bubububù!
Chi è la mamma più mammosa del mondo?”

E fin qui tutto bene. O meglio, tutto molto male, ma nulla che vada oltre quanto già potevamo aspettarci di vedere. La glassatura di sessismo extra-fondente viene a donarcela non tanto il chi sono, ma il cosa fanno (in relazione al chi sono). Mentre gli uomini hanno l’ambizioso sogno immobiliare di ristrutturare un casolare in campagna, quello di togliersi soddisfazioni che coccolino il proprio Peter Pan interiore (stereotipi sia l’idea dell’uomo eterno bambino sia l’interesse automobilistico; noiaaaaaa), quello di realizzare progetti importanti, o ancora vogliono investire nelle proprie esperienze avventurose o nella produzione di chitarre e nel tramandare il proprio sapere, e poi si incontrano tra loro stringendosi la mano con professionalità e serietà, mentre un paio di altre figure maschili camminano per l’ufficio smorto, che fa la donna – l’unica donna protagonista?

Lei trae felicità dal suo presente – presentatoci nell’esternazione della sua condizione di madre – investendo sul futuro. Un futuro che le immagini vanno inevitabilmente a suggerire come inquadrato su suo figlio o su sua figlia. Niente grandi progetti da realizzare, niente grandi ambizioni, niente grandi saperi da tramandare, niente grandi avventure né sfizi o soddisfazioni reputabili poco maturi (le donne non possono essere Peter Pan). Solo spirito di sacrificio proiettato verso un momento che non c’è; scelta che però riesce in qualche modo a renderla irrimediabilmente felice. Insomma, quel malsano ritratto che ancora adesso tanto piace associare al femminile e che è compagno di viaggi dell’esaltazione orgasmica delle donne che puliscono negli spot. Al di là delle riflessioni sull’uso dell’immaginario per comunicare desiderabilità del prodotto (riflessioni sempre a mio avviso discutibili perché il pensiero che prodotti per la pulizia possano essere concretamente percepiti come desiderabili da persone che usano pulire manca di credibilità), mi sorge sempre un quesito: piace più l’idea che la donna sia felice di fare cose che intimamente sappiamo che non rendono felici, o piace più vederla fingere di essere felice di fare cose che non la rendono felice? Lascio qui la domanda, anche perché mi rendo ben conto che apra le porte a riflessioni che sfociano in altri canali.

Nel frattempo, quel che è drammaticamente chiaro è che non piace l’idea della donna come singolo essere umano che si realizza in quanto tale, che rincorre i propri desideri e sogni, svincolata dalla necessità (che ci viene spesso raccontata come desiderio naturale – vi piacerebbe, eh, cicci?) di prendersi cura di altre persone. Poi chi lo svolge tutto il lavoro non retribuito se iniziamo a considerare le donne con dignità e valore umani equivalenti a quelli maschili? Brividi al sol pensiero. Orrore.

Credem Banca
“Io credo che se non guido con un pelo d’accortezza in più finisce che mi schianto, ma oh! Mi sarò schiantato libero e felice, come una farfalla.”

Tornando a noi, l’avevate notato che nessuno degli uomini presentati viene connotato sulla base di una condizione relazionale? Di uomini ne appaiono tantissimi, eppure Credem non intende comunicarci nessuno di loro come padre o marito (c’è un forse-nonno, ma quella nonno-nipote è una tipologia di relazione che non rientra nella lettura dei temi esposti).
Quell’unica donna protagonista viene immediatamente raccontata come madre, prima che come qualsiasi altra cosa. O meglio, viene raccontata solo come madre. Per giunta, mentre gli uomini sono immersi nella natura, in ufficio, in un laboratorio di produzione, in auto o a lavoro su un pc, il nostro essere di sesso femminile…è nuda in una vasca da bagno con un/una bebè. Mi chiedo se sia venuto loro spontaneo o se si siano impegnati a ideare una situazione che spogliasse (letteralmente) la donna di qualsiasi accenno o parvenza di professionalità. Una mamma nuda in bagno con bimbo/a. Ed è ancora in bagno anche in occasione del primo piano finale.

Credem Banca
Immagine esclusiva tratta dal prossimo film di Luca Guadagnino: “Chiamami col numero del tuo conto corrente”. Sinopsi: baldo uomo di successo 1 incontra baldo uomo di successo 2. Nasce una balda relazione di successo, ostacolata dalla madre di baldo uomo di successo 1 – unico personaggio femminile del film.

Insomma, da parte mia Credem si becca una sonora bocciatura.
La realizzazione tecnica della pubblicità è niente male, secondo il mio gusto, ma i contenuti sono da rivedere. Anche partendo dallo spot attuale come base, ipotizzare migliorie che debellerebbero immediatamente l’influenza di stereotipi sessisti è un’assoluta passeggiata. Vi dirò, si potrebbe persino lasciare la madonna con bambino, se solo vi fossero altre scene che evidenziano presenza femminile di rilievo. Via il Peter Pan e avanti un’imprenditrice che ha appena aperto un’attività in proprio. Via il consulente Credem a fine spot e avanti una consulente Credem, che accoglie il cliente con la stessa serietà e formalità del predecessore. Basterebbe già solo questo per dare alla pubblicità tutto un altro sapore. Un sapore non sessista. Un sapore che non contribuisce, insieme a decine e decine di altre pubblicità, a libri di scuola, giocattoli e finanche frange politiche, a limitare la donna alla casa e ai ruoli di madre, moglie o casalinga.

Se volete dire la vostra all’azienda, vi invito a cliccare sui link qui in basso.
Alla prossima e, mi raccomando, occhio agli spot.


SEGNALAZIONE E COMMENTO


1 Sebbene non vi siano elementi che contraddistinguono il sesso, per via della tenera età, la piccola figura va letta nell’impossibilità di ignorare che le comunicazioni mediatiche usano codificare mediante modelli stereotipati divenuti di senso comune. I capelli sono corti e il vestiario neutro (neutro, come standard, è equivalente di maschio. Il maschio è la base. Non per niente T-Shirt da uomo sono anche T-Shirt unisex. Il cosiddetto abbellimento – specifico cosiddetto per non assecondare il presupposto che renda effettivamente più bello – si fa coincidere con il valore ‘femmina’) ci suggeriscono l’intento di rappresentare un bambino. Per il resto, tutto il meglio per la piccola persona interprete, quale che sia il suo sesso.

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