L’Impatto degli Stereotipi sulla Realizzazione Femminile

Oggi torno con la presenzatione e il commento di un articolo di stampo Internazionale, pubblicato dal sito web americano Salon e specificatamente correlato con i temi trattati in questo blog, in particolar modo gli stereotipi di genere.

L’articolo, di cui lascerò il link alla fine del post, porta il titolo “Ecco come il sessismo dei media squalifica le donne e alimenta gli abusi a opera di uomini come Weinstein“.
Un titolo duro e accusatorio, ma che ben si allinea con la contestualizzazione dell’impatto concreto e reale del sessismo pubblicitario dei media sulle nostre vite e sulla nostra cultura, di cui ho già scritto io stessa.

Stereotipi di Genere

L’autrice dell’articolo, Virginia Garcìa Beaudoux, una consulente di comunicazione Argentina che si occupa del genere nei media, si propone subito di evidenziare il legame tra le diverse aspettative sociali rivolte a uomini e donne (non solo in paesi spiccatamente sessisti, ma persino in quelli più avanzati in termini di parità tra i generi) e la loro rappresentazione nei media.


La Beaudoux, portando come uno dei moltissimi potenziali esempi una campagna pubblicitaria già trattata in questo blog (quella Cif), sottolinea quanto gli spot siano colpevoli di continuare a proporre con intensità e costanza l’immagine della donna come interprete indiscussa di ruoli domestici.

Al contempo, nei rari casi in cui figure maschili sono presenti in spot di prodotti per la pulizia, spesso lo sono in qualità non di coloro che puliscono, bensì di coloro chespiegano come farlo (l’autrice si avvale della nota espressione mansplaining) – di questo, peraltro, avevo parlato qui.

Sebbene si stiano muovendo dei lenti ma progressivi passi nella direzione del cambiamento (con differenze anche grandi da paese a paese), ancora oggi è evidentissimo il fatto che la quasi totalità dei marchi pubblicizzi prodotti specifici rivolgendosi esplicitamente a determinati target, sulla base di stereotipi di genere tradizionali.

In particolare, come abbiamo visto più e più volte anche nell’esame degli spot proposto in questo blog, alle donne vengono rivolti prodotti per la pulizia e per la cura personale, mentre gli uomini tendono a essere il target preferenziale per quanto riguarda banche, carte di credito, macchine e altre tipologie di investimenti di spicco (conto di dedicare qualche articolo futuro anche a questi spot).

Una ricerca eseguita dalla multinazionale Unilever ha evidenziato come, nell’ambiente pubblicitario, solo il 3% delle donne venga mostrato in ruoli di leadership e appena il 2% sia rappresentato come dotato di capacità intellettive.

L’autrice dell’articolo non ha mancato di menzionare la svolta Inglese per quanto concerne l’irrigidimento delle norme pubblicitarie in relazione agli stereotipi di genere, ponendo attenzione sull’importanza di questo passo ricco di speranza e positività.

Tuttavia, ci vorrà del tempo prima che questi piccoli cambiamenti si riflettano in modo concreto sul piano sociale.
A livello mondiale, l’Organizzazione internazionale del lavoro ha rilevato che le donne sono ancora le quasi esclusive responsabili delle attività domestiche e di cura dei bambini, che fin troppo spesso le privano della possibilità di trovare un lavoro remunerato, o le costringono a lavoretti part-time mal pagati.

Qualche numero? Mentre in Inghilterra gli uomini dedicano una media di 16 ore ai lavori domestici, le donne ne dedicano 26.
Ma questo è niente, perché la situazione Europea (la nostra è compresa) è ben peggiore, con la media delle donne che permane sulle 26 ore, mentre quella degli uomini è ferma a una ridicola e significativa media di 9 ore!

Ecco che, al famoso soffitto di cristallo (avrete sentito parlare del glass-ceiling) che ostacola l’avanzamento di carriera delle donne, si accompagna il pavimento appiccicoso, che costringe molte donne, ancora oggi, a ritirarsi dalla vita lavorativa (o a non avventurarvisi proprio) o ad accontentarsi di mestieri non adeguatamente pagati, permanendo ancorate tra le mura domestiche.

Il propinare di stereotipi di genere, perpetuato dalle pubblicità ogni singolo giorno, non fa altro che rinforzare questa parte della dinamica sociale che coinvolge in modo così diretto e determinante il sesso femminile (coinvolge anche quello maschile, ma non nei termini qui esposti).

Per concludere, riporto la frase contenuta nell’articolo che manifesta più delle altre la contestualizzazione con gli eventi di attuale trattazione.

Il pavimento appiccicoso mette le donne nella posizione di essere sfruttate da uomini come Weinstein, che propongono di avvalersi delle proprie capacità e del proprio potere per aiutare aspiranti fanciulle a staccarsi (dal pavimento cui sono incollate). Finché la società – e, con essa, i media che la creano – non capirà che successo professionale e domesticità non hanno SESSO, queste dannose dinamiche di potere continueranno a esistere“.

Vale la pena di mandarla avanti, ora più che mai, questa lotta contro gli stereotipi di genere.
Quel che può sembrare un niente e che, invero, non costa neppure così tanto – sollevare l’argomento con familiari e amici, lasciare un commento o una segnalazione, avviare petizioni ove lo si ritenga necessario, curarsi di non supportare marchi o media che propagano stereotipi di genere, cercare di ripulire il proprio linguaggio dalle contaminazioni degli stereotipi (le abbiamo tutti e non è colpa nostra) – può contribuire moltissimo nel portare cambiamento nella realtà in cui viviamo.

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