Io Ringo. E Voi?

Ne è passato di tempo dall’ultima promozione, perciò oggi ho deciso di parlare di Ringo!
Per onestà intellettuale, devo ammettere che, anche per via dell’immensa quantità di materiale meritevole di bocciatura, la mia attenzione tende a focalizzarsi su quest’ultimo anche quando capita di venire a conoscenza di elementi che invece meritano elogio.
Poiché non è giusto e poiché il sottolineare il positivo, quando c’è, è importante per cambiare tanto quanto far notare il negativo, cercherò di impegnarmi di più per dedicare tempo e spazio alle pubblicità da promuovere.
La trasmissione dei nuovi spot Ringo è piuttosto recente e non è passata neppure una settimana da quando ho visto una delle due versioni per la prima volta. Eccola qui:

Dove risieda la positività di questo spot penso sia immediatamente evidente. In primis è possibile osservare una rappresentazione di questi giovani priva di genderizzazione spiccata di qualsiasi tipo. Ragazzi e ragazze, come sostanzialmente mai avviene negli spot (e ancora troppo raramente in altri tipi di media), sono mostrati come esseri presenti su un piano visivo e comportamentale equo.

Lo spot fa di meglio, perché utilizza questo fresco dipinto giovanile anche per screditare e svalutare ciò che sta sovvertendo con l’immaginario proposto. Il ragazzo con la maglia blu si avvicina alla ragazza con il cappello con aria di supponenza, evidenziando la propria considerazione sottovalutante di lei. Senza timore, la ragazza dimostra rapidamente quanto sia stato un errore valutarla in quel modo. Ma il momento di rivalsa non è tutto.
Un punto importante, che rende questo scambio ancora più valido è il fatto che il ragazzo non venga demonizzato o umiliato successivamente alla cantonata presa, sebbene fosse mosso da un evidente pregiudizio. Anzi, l’interazione finisce con il farsi veicolo di un legame positivo con il risvolto finale rappresentato dal messaggio di unione e cooperazione eque, in totale assenza di discriminazioni basate su stereotipi di genere, promosso da Ringo tramite questo spot.

Questa, invece, è l’altra versione dello spot:

Il valore positivo, come potete vedere, è lo stesso del primo spot.
Il motivo centrale è sempre la cooperazione, l’essere e il divertirsi insieme, in assenza di qualsivoglia discriminante di genere. Il tutto, per lo più, ancora una volta proiettato sul mondo sportivo che fin troppo spesso si trova accompagnato, già dal livello scolastico elementare, da inutili divisioni di genere rafforzanti gli stereotipi (l’associazione calcio = maschi e pallavolo = femmine di certo non vi suonerà nuova. Se pensate che si tratti di divisioni innocue, invito a rivedere la posizione).
L’abbigliamento casual, poi, continua a permettere di mostrare anche visivamente questi giovani in un modo molto più scevro da concezioni stereotipate di quanto si sia soliti vedere*.
Ciò non significa – nel dubbio preferisco specificare – che vi sia qualcosa di intrinsecamente negativo in una ragazza che sceglie di vestire in modo spiccatamente ritenuto femminile dalla percezione socio-culturale. Lungi da me offrire quel tipo di giudizio. Il punto è che, bombardati come siamo da stereotipi di genere, vedere rappresentazioni che non ne hanno, serve e fa bene a tutti. Offre una prospettiva diversa, più libera, più aperta. E i giovanissimi ne hanno tanto bisogno – non che adulti e anziani non ne abbiamo, ma a loro, ormai, non possiamo più offrire l’opportunità di crescere diversamente in un periodo tanto cruciale quanto quello della fanciullezza.

Do you Ringo? Io Sì.

Non pensate che quanto si vede in questi spot sia irrilevante e poco significativo. Al contrario.
Non sono i primi spot, questi, che mostrano giovani ragazzi e ragazze. Quel che avviene solitamente, però, è ben diverso. Oltre al comune inserimento di immagini contenenti evidenti stereotipi associati ai due generi, un’altra cosa diffusa è non mostrare mai ragazzi e ragazze DAVVERO insieme. La rappresentazione solita prevede ragazzi e ragazze che fan comunella con membri del proprio genere e, nel caso di interazione, presenza di coinvolgimento di tipo romantico. E questo è grave, rinforza convinzioni stereotipate e invia messaggi dannosi relativi alle aspettative in termini di interazione con il proprio o l’altro genere nei gruppi di pari e non solo.

La scelta di Ringo, insomma, è davvero rilevante e merita attenzione, interesse ed elogi.
Se avete 5 minuti di tempo e se condividete il mio pensiero su questa campagna pubblicitaria, vi invito di tutto cuore a inviare un messaggino di commento usando questo modulo online sul sito ufficiale
Per portare al progresso e al cambiamento, impegnarsi per denunciare il negativo è cruciale, ma può esserlo altrettanto e forse anche di più impegnarsi per promuovere il positivo.
Diamoci da fare!
E grazie Ringo!


*Questo non è un appunto d’immediata pertinenza, ma ci tengo comunque a farlo per mio scrupolo. L’abbigliamento casual è la scelta con maggior potenziale neutro e non genderizzato attualmente a disposizione per gli individui. Al contempo, è ancora esistente una limitazione fortissima in relazione a questo ambito, sotto forma del fatto che, mentre molti stili e indumenti tradizionalmente associati al maschile sono diventati unisex in modo ufficiale e socialmente accettato, non si può dire lo stesso di stili e indumenti tradizionalmente associati al femminile. Implementare il maschile (percepito come tale) ottiene resistenza minore per via del suo legame con sentimenti, attitudini e valori visti come positivi – comodità, dinamismo, praticità, energia, forza – ma il femminile (in italico, sia questo che maschile, perché sono termini dotati di associazioni su base culturale, e la reale correttezza consisterebbe nell’utilizzare gli aggettivi che descrivono determinati indumenti, senza attribuirvi un genere) conserva ancora accezioni e percezioni degradanti e svilenti, in particolar modo per la connessione con i concetti di debolezza e fragilità. Mi auguro che, magari anche come frutto delle lotte che stiamo correntemente combattendo, un giorno saremo tutti, uomini, donne e chiunque si identifichi diversamente, liberi di indossare abiti del tutto privi di genderizzazione, senza bisogno di preoccuparsi di connotazioni socialmente e culturalmente attribuite. 

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