Galbanino – Stereotipato e Non Originale

Oggi ci fiondiamo nel reame del cibo e torniamo in compagnia di un’azienda che è già passata a trovarci in passato, per deliziarci con la sua leggerezza. Lo spot va in onda almeno dal 2016, del tutto invariato, fatta eccezione per la clip-promozionale di appendice. Guardiamo, guardiamo!

Un dipendente Galbani scende dal camion di cui era alla guida e cammina per le strade di un  paese esibendosi in una televendita in tempo reale di Galbanino, che sarebbe buono e originale come Salvatore, un bimbo che vediamo tirar su il parrucchino di un signore seduto. Fortuna che a tenerlo a bada c’è Mamma, con i piatti preparati con Galbanino. Salvatore si siede a tavola, a cui all’improvviso troviamo seduto anche Uomo (il padre? Un passante affamato? Un testimone di Geova trovatosi lì per caso? Chi lo sa, chi lo sa…!), mentre una voce femminile conclude la presentazione del prodotto e ci introduce alla versione light. Parliamone.

Eh, Galbani, Galbani.
L’impostazione di questo spot è completamente basata su classiche stereotipizzazioni.
Sebbene la centralità della narrazione non sia una figura femminile e l’elemento protagonista sia individuabile nel bambino (questa struttura mi ha ricordato questo spot Lancia) a occuparsi dell’utilizzo del prodotto e di tutte le azioni correlate – consegna esclusa, ovviamente – è una donna, che va mano a mano a spuntare le caselle del modello uno-e-trino. È mamma di Salvatore; è casalinga (si occupa di lui e del pasto) ed è moglie (il fattore solitamente comunque implicito qui non lo è; la donna ha una fede e il compagno compare alla fine).

Galbani
“Ciao, sono un fattorino. Vi farò l’elogio di Galbanino e di Salvatore e vi parlerò di quanto Mamma-Casalinga-Moglie sia incapace di farsi rispettare, ma che ci riesca grazie a Galbanino ;)”

La presenza di stereotipi non manca neppure nella parte di maggiore spicco narrativo; quella maschile. C’è un uomo che trasporta e consegna il Galbanino, c’è un uomo che dorme, ci sono due uomini che sistemano pacchi e c’è Salvatore, libero, arzillo, scatenato e spensierato come per stereotipo solo ai cuccioli di sesso maschile è concesso1. E non ci pensate neppure a portare gli occhi in su, pensando che siano cose superate. Sognate. Quando negli spot non ci sono figli ma figlie, queste apparecchiano, portano cibo in tavola e lavano bambolotti mentre guardano la mamma che fa la lavatrice. Non è un caso. Gli occhi non puntiamoli in su, puntiamoli dritti al problema.

E non appena la signora Casalinga-Mamma-Moglie ha finito di preparare da mangiare (pasto a cui sono state dedicate cura e attenzione, perché è una brava donna di casa) agli altri uomini che popolano il paese (all’inizio ci sono un paio di donne che passeggiano, privilegio per gli occhi più attenti) si unisce anche l’uomo di casa. Cosa stava facendo, prima? Come mai non si è occupato lui di chiamare Salvatore, visto che la compagna stava cucinando? Come mai non ha aiutato la compagna a preparare da mangiare o non l’ha fatto da solo? Non ci è dato saperlo e non serve saperlo. È semplicemente una rappresentazione perfettamente in linea con l’immaginario sessista.

Galbani
“Ciao, sono Mamma di Salvatore. Sono quella cosina in fondo. Ma no, cosa dite? Non significa niente che l’unica schermata in cui appaio per intero mostri me che servo in tavola! C’è anche una bella inquadratura della mia mano che cucina, prima! E poi ci sono io di spalle a tavola di fronte a mio marito super sorridente. Non potrei chiedere di più.”

Il quadro generale che viene fuori, in appena venti secondi di pubblicità –  secondi che scorrono veloci, immagini e voci che oltrepassano le menti di chi guarda come fulmini – è quello di un mondo in cui gli uomini lavorano, gli uomini si divertono, gli uomini si riposano. E le donne sono a casa, a preparare da mangiare, a servire da mangiare e a interessarsi dei bambini. Come se non bastasse, tra le poche parole pronunciate si fa in modo di inserirne che sottolineino la sua mancanza di autorevolezza e la necessità di affidarsi alle sue doti culinarie per farsi rispettare (sicuramente il padre di Salvatore non fatica a farsi ubbidire, invece). Un denso, disgustoso, calderone di sessismo, che la maggior parte delle donne e degli uomini che osserveranno lo spot in TV non riuscirà a leggere come tale. Perché il sessismo ci viene ancora insegnato sotto il nome di “normalità”.

Mettere pezze a un ritratto simile è dura, ma possibile. Per esempio, sarebbe ottimo se a guidare il camion e consegnare Galbanino fosse una donna, e se il padre di Salvatore aiutasse la compagna a preparare il pasto e ad apparecchiare, invece di limitarsi a poggiare il deretano sulla sedia. Ovviamente sarebbe ideale eliminare l’allusione al fatto che la donna debba cucinare bene e creativamente per farsi ubbidire, che porta con sé anche il messaggio che l’uomo, il padre, riesca a farlo naturalmente, senza bisogno di conquistare l’obbedienza.

Galbani
“Ciao, sono Salvatore. Sto addentando la libertà. Posso scorrazzare in giro per il paese, saltare, divertirmi e quando mi si chiama non è per dirmi di stare composto, di fare meno rumore o di stare attento, ma per dirmi che il pasto è pronto. Così posso fare come Papà, sedermi e mangiare. Buon appetito anche a voi”.

Insomma, direi che sarebbe proprio ora che questo spot del Galbanino vada in pensione. Se avete voglia di dire la vostra a Galbani, vi invito a farlo usando il link qui in basso.

Alla prossima e, mi raccomando, occhio agli spot!!


SEGNALAZIONE E COMMENTO

L’espressione dell’opinione relativa agli spot – spesso più della segnalazione degli stessi – può essere cruciale e determinante nello stimolare i marchi a muoversi verso una direzione pubblicitaria diversa, più progressista e socialmente responsabile. Poiché l’unione fa la forza, come diversi casi hanno in passato dimostrato, invito tutti a prendersi il tempo per lasciare commenti sulle pagine ufficiali e/o inviare email ai marchi interessati. A seguire, i dati per lo spot menzionato nell’articolo:


1 Sebbene la socializzazione e l’educazione basate sugli stereotipi e i modelli di genere non siano affatto sparite, siano ancora diffuse e conducano a volte pesantemente a dannose differenze di trattamento in base al sesso, ho voglia di sottolineare che sono comunque molti i genitori che si impegnano a responsabilizzare equamente maschi e femmine alle faccende domestiche (e che si curano di far giocare in modo quanto più libero possibile), cercando nei limiti del loro possibile, di evitare differenze di trattamento di natura sessista, anche nei termini di incoraggiamento ad attività o passività.

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