Kefir Milk – Naturalmente Fonte di Stereotipi

Dopo l’abbondanza di uomini che ha popolato gli ultimi articoli pubblicati, torniamo a vedere donne e parlare di donne. Insieme a loro, fa il suo ritorno anche la categoria di prodotto delle bevande. Vediamo insieme lo spot di Kefir Milk.

Mentre una grave e intensa voce maschile ci parla del benessere indotto dai fermenti contenuti in Kefir Milk, vediamo una figura femminile che si gode il consumo della bevanda proposta. Almeno fin quando viene colpita dalla palla lanciata da un bambino. Parliamone.


Per la sua parte iniziale, lo spot non presenta nulla che possa farmi storcere il naso. Anzi, ha di buono che a differenza di molte altre pubblicità di bevande e alimenti manca della chiara sessualizzazione del consumo mostrato. La questione storci-naso sopraggiunge dall’ottavo secondo in poi, quando viene palesata la scelta di connotare la protagonista come una madre casalinga.

La scena visivamente presentata viene accostata all’aggiunta, da parte del narratore, del fatto che Kefir Milk sia un aiuto per la propria carica quotidiana. Poiché quello che vediamo e sentiamo è, senza esclusioni, frutto di scelte, come tale dobbiamo valutarlo. Per comunicarci l’idea della necessità di carica quotidiana, la pubblicità avrebbe potuto mostrarci un’infinità di scenari rappresentanti una delle sfere della vita quotidiana di una donna (avrebbe potuto mostrare anche un uomo, certo, ma anche quella di proporre una donna è una scelta e ci tornerò fra poco), ma ha optato proprio per quella che abbiamo visto.

Kefir Milk
Ah, che meravigliosa sensazione di serenità e libertà. Che piacere, che goduria, che gioia!

È sufficiente provare a pensare al numero di professioni che è possibile svolgere, persino volendosi fermare alle più note e comuni, più tutte le attività non-domestiche che richiedono energia, per trovarsi dinanzi a una quantità incredibile di scenari possibili. Chi si occupa di produzione creativa, poi, potrebbe (dovrebbe) riuscire a visualizzare ancor più alternative. Ciononostante, all’infinità delle possibili strade si è, ancora una volta, per l’ennesima volta, preferito quell’unico percorso, quell’unico schema rappresentativo, lo stesso presente nella quasi totalità degli spot (fatto salvo solo per quelli dedicati a prodotti per l’estetica): quello materno e casalingo. Non è un caso. Non possono essere tutti, a centinaia, dei casi. E tutti, a centinaia, ci parlano, mediante questa precisa collocazione di ruolo delle figure femminili. Il sapore è quasi reazionario, oserei dire.

Appunto perché, come dicevo prima, ogni cosa è frutto di una scelta, consiglio anche di soffermarsi sul dettaglio dei panni stesi che è possibile osservare nel corso dello spot. Non sono lì per magia. Qualcuno ha, per delle ragioni, pensato che fosse bene inserirli. L’effetto che hanno è rendere l’idea di coinvolgimento in corso nelle attività casalinghe. Certo non da parte di chissà chi, ma della nostra protagonista che, chissà, forse i panni li ha stesi proprio prima di prendersi una pausa con Kefir Milk, per poi dedicarsi al gioco col suo figliolo, come si conviene.

Kefir Milk
Un esemplare di femmina della specie umana si prepara a subire il colpo della società che le ricorda che dovrebbe dedicarsi a casa, famiglia e prole.

Come avrete notato, al di là della scelta di una donna come protagonista, la pubblicità non presenta elementi che calchino esplicitamente la mano su una targetizzazione al femminile (esempi sarebbero la presenza di più persone, tutte di sesso femminile, oppure espressioni declinate al femminile). Tuttavia, soprattutto chi ha memoria storica della pubblicizzazione di altri prodotti – quali yogurt o acque particolari – con proprietà legate all’equilibrio intestinale, immaginerà che non sia un caso la scelta del sesso della figura protagonista. Sebbene si tratti di una decisione per nulla sensibilmente giustificata o giustificabile (come ben spiegato qui), infatti, è uso comune che ci si rivolga alle sole donne nella pubblicizzazione di questi prodotti. A confermare l’eventuale impressione – o a darla a chi non l’avesse avuta sin dall’inizio – arriva il sito web di Kefir Milk, corredato da molteplici immagini, tuuuuuuutte rappresentanti ragazze e donne (donne, du du du, amiche di sempreeee). C’è solo un’immagine che non rappresenta una donna. Una sola. E sapete cosa rappresenta? Non un consumatore, ma – sorpresa sorpresona (che so che non sarà sorprendente per tante/i) – un lavoratore, un contadino. Già che c’erano, avrebbero potuto far sì che anche la figura professionale fosse una donna, no? No. Gnè gnè.

Kefir Milk
Si prega di osservare la disillusione dipinta sul volto della femmina della specie. Ma non temete. Bere Kefir Milk le ha dato la carica necessaria a portare a compimento i suoi doveri quotidiani, quindi a breve partirà a rincorrere il pargoletto!!

Prima di chiudere, voglio aprire una parentesi non direttamente collegata al problema che vedo nello spot, ma relativa a una questione che mi sta a cuore. Parlo del piccolo essere vivente di cui la protagonista è madre. Ogni elemento della sua caratterizzazione, dal taglio di capelli, all’abbigliamento, all’attività svolta (il calcio – speriamo che l’evento di quest’anno possa dare una spinta per un cambio di rotta in tal senso), è coerente con gli stereotipi della mascolinità come proiettata sull’infanzia; e questa ragione ci permette di leggerlo come un maschietto sebbene non sia – ragionevolmente – possibile osservare effettive caratteristiche maschili. So molto bene quanto radicata sia la normalizzazione della presentazione dei nostri bambini e delle nostre bambine come tali (quindi come maschi e femmine) attraverso il look sin dalla primissima infanzia (dai colori che facciamo loro di indossare, alle decorazioni che ci curiamo o meno di integrare, alla lunghezza dei pantaloncini che acquistiamo nei reparti per loro adibiti, al tipo di calzature, e via dicendo), e a maggior ragione penso sia importante rammentarci la realtà del fatto che bimbe e bimbi sono fisicamente identici fatta eccezione per parti normalmente non visibili, e questa separazione di look per sesso è assolutamente ingiustificata. Come società, come genitori condizionati dalla cultura (spesso inconsapevoli “mani armate” della cultura) consegniamo ai nostri bambini e alle nostre bambine nient’altro che parti che compongono il costume che è stato deciso come adatto al loro sesso. Ognuna di queste parti si lega a quella che diviene la continuazione naturale di queste costruzioni non naturali, in modo facilmente osservabile nei prodotti presentati per adulti e adulte. Siamo sempre davanti al serpente che si morde la coda. Il prodotto di stereotipi introiettati e promossi (capigliature, abbigliamento e calzature per l’infanzia divisi per sesso), preservato in larga parte per profitto, va a rinforzarli ulteriormente rendendone il superamento così arduo da sembrare impossibile.

Kefir Milk
Oh, neppure nell’immagine di gruppo son riusciti a piazzare un uomo che sia uno. C’è proprio l’intento di rifuggire l’associazione del prodotto con gli uomini, per fissarlo al femminile.

Ma torniamo allo spot. Insomma, Kefir Milk non se l’è sentita di risparmiarci il piacere di vedere l’ennesima madre/casalinga pubblicitaria. Perché mostrare le donne fare letteralmente qualsiasi altra cosa e rivestire letteralmente qualsiasi altro ruolo quando possiamo mostrarle…come madri1 che si occupano di figli e faccende? E dire che, anche qui come in altre occasioni, il concept narrativo con l’interruzione del momento di beautitudine, non era neppure spiacevole. A mancare è sempre la creatività – o forse l’interesse e il desiderio ad attingere alla creatività…

Alla prossima e, mi raccomando, occhio agli spot!


SEGNALAZIONE E COMMENTO

1. Vedere l’associazione della maternità con l’industria del latte ha qualcosa di profondamente ipocrita e vile, ma questo è un tema per altri luoghi. Mi perdonerete l’appunto.

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