Leerdammer Break – Lo Snack Stereotipato da Portare con Te

Con l’articolo di oggi continuiamo a sguazzare nel mondo alimentare. Il tipo di prodotto non è del tutto nuovo (si era già parlato di formaggi), ma l’azienda bussa alla porta del blog per la prima volta. Vediamo allora che cosa presenta Leerdammer, tra familiarità tanto di volti quanto di stereotipi. Ringrazio Disagio Triste per la segnalazione!

Mentre un uomo è impegnato nella degustazione – quasi a mo’ di fate l’amore con il sapore – del formaggio Leerdammer, l’amica seduta accanto a lui gli racconta la sua esperienza con lo yoga. L’uomo proprio non vuole che qualcuno o qualcosa turbi il suo magico momento alimentare e pensa bene di mettere a tacere la donna facendo leva sul fatto che lui non abbia dato fastidio a lei mentre faceva yoga. Dopo la presentazione del prodotto eseguita dalla voce del protagonista, lo spot si chiude con lui e l’amica che mangiano, mentre lui gesticola in coerenza con quanto prima affermato. Parliamone.


Probabilmente avete riconosciuto Ciro Pirello (a interpretare l’amica è invece Francesca Romana Bergamo). Lui e la casa di produzione The Jackal collaborano con Leerdammer già da diversi anni. Come prima cosa invito a sospendere il giudizio personale su lui e sui The Jackal in genere per focalizzare l’attenzione unicamente su quanto mostrato all’interno della pubblicità. Fatto? Bene.

Partiamo dal punto della questione e poi vediamo di approfondirla considerando più aspetti.
Il problema di questa pubblicità, la ragione per cui mi ha fatto storcere il naso sin dalla prima visione senza che l’opinione generalmente positiva su Pirello potesse farci nulla, è che porta in scena una rappresentazione molto familiare e molto dannosa: una donna mostrata come irrimediabilmente e odiosamente chiacchierona, pesante e petulante che viene zittita da un uomo, perché gli sta dando fastidio con il suo insopportabile blah, blah, blah.

Leerdammer
Regolare espressione spiritata di un esemplare di femmina parlante.

Quello specifico dello spot è un caso in cui è facile ipotizzare una genuina assenza di intento negativo in fase di realizzazione. Nei comunicati relativi allo spot l’azienda ha evidenziato il desiderio di far emergere l’idea della vita quotidiana frenetica che rende sempre più difficile ritagliarsi momenti solo per sé. Tuttavia, sappiamo bene che intento ed effettiva comunicazione non vanno sempre di pari passo, anche perché, che lo si voglia o meno, vanno a inserirsi in un contesto ampio, ricco di variabili ed elementi che interagiscono tra loro.

L’immaginario della femmina che non vuole saperne di stare zitta e del maschio, spesso il fidanzato o il marito, che fatica a sopportarla e desidera che taccia – o la mette a tacere lui stesso, facendosi valere – è ancora fortemente integrato nel sentire comune. Ed è inevitabile che lo sia, considerando anche il rinforzo che ottiene da più fronti (libri, film, pubblicità, discorsi tra conoscenti e familiari – che sia tramite rappresentazione diretta o semplicemente tramite menzione), con frequenza e costanza tali da condurre all’ipotesi che quello tra donna e chiacchiera sia un legame naturale, biologico (nonché che sia naturale che gli uomini trovino spiacevole sentire le donne parlare – che parlare renda una donna indesiderabile1). Imbattersi in persone che credono davvero che le donne siano intrinsecamente portate alla chiacchiera – e conseguentemente al gossip (le due idee sono interconnesse), dandolo per scontato anche di donne di cui conosce nulla, non è affatto difficile. La convinzione è radicata in modo così acritico2 che negli anni si è provato persino a dimostrarlo con studi (ma, sorpresa sorpresotta, la quantità di parlato non varia in base al sesso. A noi sembrerà ovvio e non necessitante di prove, ma quando un pregiudizio si tramuta in convinzione oscura la realtà delle cose, e rende comune far ruotare il proprio agire attorno alla legittimazione del pregiudizio stesso). Per chi casca nella rappresentazione dell’immaginario della detestabile Miss Chiacchiera la ricezione di critiche scatena quasi sempre i vari “e fatevi una risata”, “è ironia”. Ebbene, questa pochezza che intorbidisce il buon nome dell’ironia va sempre nella stessa svilente direzione, dando man forte agli stessi svilenti pregiudizi. Continuate pure a ridere, ma non stupitevi se c’è chi da ridere non ci trova proprio niente.

Leerdammer
Oh, donna, come osasti tu infrangere col tuo velenoso favellare il mio prezioso momento di piacere? Quietati!

Addentrandoci un attimo nel merito del contesto presentato dalla pubblicità, trovo ci sia un certo disequilibrio – forse voluto – che interferisce, almeno nel caso della mia persona, con la comunicazione positiva del messaggio inteso. Scopriamo che la donna dello spot stava praticando dello yoga, una disciplina che richiede (o comunque beneficia enormemente di) concentrazione e quiete. Paragonare l’accortezza di non disturbare una persona che pratica yoga al desiderio che si taccia mentre si consuma uno snack è a dir poco un azzardo. Come dicevo prima, potrebbe essere un’esagerazione voluta per enfatizzare il desiderio di relax assoluto (se proprio voleva il momento per sé, vien da chiedersi perché il signore non sia uscito da solo, ma va bene…), ma è piuttosto spiacevole osservare l’uomo esprimersi come se fosse ovvio che la donna debba tacere e domandarle, in quel modo colorito che incontra il sorriso di molte persone, perché gli stia rompendo i genitali. Ancor più perché, prima di zittirla bruscamente, non le lascia intendere che preferirebbe stare in silenzio né prova a chiederglielo cordialmente (chiaramente l’effetto ritenuto comico, basato proprio sul modo in cui si rivolge a lei, sarebbe sparito). Insomma, parlandoci chiaro, lui si comporta da assoluto cafone rude e simpatizzare con un cafone – e invitare a farlo (Leerdammer lo fa implicitamente, essendo lui la figura che incarna la promozione del prodotto) non è proprio il massimo.

Ma lasciate che arrivi a un punto a cui so che tante e tanti potrebbero sentirsi di tendere.
Tutto quanto detto non significa che da qui in avanti non debba mai più, in nessun caso e in nessun contesto, essere possibile rappresentare una dinamica simile a quella mostrata nello spot (donna con chiacchiera incontrollata e uomo scocciato che la zittisce). Quel che significa è unicamente che affinché diventi possibile farlo SENZA andare a rinforzare il denigrante stereotipo che l’immaginario richiama, è necessario spezzare l’associazione alla base dello stereotipo, facendo scemare l’intensità del pregiudizio e strappandolo via dal senso comune. Che ci piaccia o meno, che vi siano intenti specifici o meno, fintantoché il ritratto dell’uomo vittima della donna petulante sarà diffuso e condiviso, qualsiasi rappresentazione di questo tipo fungerà da rinforzante dello stereotipo. Questo è vero grossomodo per tutti gli stereotipi. E, così come grossomodo per tutti, è necessario un cambio rotta culturale che le rappresentazioni mediatiche possono sia avviare che guidare e/o accompagnare3.

Leerdammer
Nell’eventualità che il messaggio non sia stato recepito, ecco il nostro eroe del formaggio che ribadisce cordialmente il da farsi per la praticante di yoga.

Prima di chiudere, nell’esplorazione dei vecchi spot Leerdammer (sempre in collaborazione con The Jackal), ne ho trovato uno che rimette in campo proprio questa stessa interazione dei ruoli, sebbene in un contesto significativamente diverso. Nella pubblicità in questione, c’è la donna che parla, parla, parla (sempre interessatissima e appassionata a quel che dice, che però viene puntualmente comunicato come stupido e inutile – il rinforzo è anche all’idea delle donne che pensano solo a frivolezze) e l’uomo, suo fidanzato, che finge di ascoltarla quando vorrebbe invece tapparsi le orecchie e farla smettere il prima possibile perché di quel che dice non gli importa nulla. Poi anche qui ci sono espressioni colorite come nella più recente, ma questo ci interessa solo relativamente.

Sia chiaro, non è la fine del mondo se scappa la risata (in tal senso va considerato che espressioni e recitazione sono importanti tanto e a volte più dei contenuti, nel donare comicità). Ma dopo aver riso, qualora l’aveste fatto, spero che vogliate prendervi il tempo di considerare i punti esposti nell’articolo e provare a leggere la pubblicità nelle sue varie sfaccettature di comunicazione, al di là di potenziali intenti e al di là di eventuale apprezzamento per la comicità o per le figure protagoniste. Perché il ritratto di un uomo che vuole mettere a tacere una donna è molto più che una scenetta comica di cui ridere. È un retaggio culturale che ha ripercussioni concrete su più livelli. Andrebbe de-normalizzato. Dovremmo avere l’opportunità di disabituarci a vederlo, a sentirlo, a leggerlo. E ogni rappresentazione che lo ripropone, ostacola il raggiungimento di quest’obiettivo.

Leerdammer
Nello spot il protagonista è molto chiaro rispetto al fatto che non potrebbe importargli meno di quel che la sua fidanzata gli sta raccontando.

Dimenticavo. Un’altra cosa che ho notato osservando i vecchi spot Leerdammer è l’assoluta centralità maschile. L’unica donna presente nella campagna sopracitata è quella che interpreta la fidanzata del protagonista (nello spot in cui lui non vuole che taccia, c’è un altro quadro originalissimo su lei che gli chiede come le sta un vestito…) nella campagna successiva ci sono ben tre spot con richiamo al calcio e tutti vedono protagonisti esseri umani pene-dotati, anche in quest’altra (che peraltro trovo molto carina e simpatica e che va ancora in onda sebbene sia del 2015) chi intende consumare il prodotto è un uomo –  servito dai The Jackal – e nell’ultima abbiamo Ciro che degusta con amore il suo snack. Qui mi viene onestamente difficile pensare che non ci sia intenzione di targetizzazione

Direi che questo è quanto. Per il futuro mi auguro che Leerdammer decida di non riproporre scenari di questo tipo e che, nell’eventualità che interrompa la collaborazione con The Jackal (non che me lo auguri; li apprezzo) e dunque possa variare di più relativamente alle figure protagoniste, consideri di creare pubblicità non esclusivamente maschio-centriche. Nel frattempo, se volete dire la vostra su questo spot all’azienda, vi lascio i link necessari qui in basso.

Alla prossima e, mi raccomando, occhio agli spot.


SEGNALAZIONE E COMMENTO


1 Inculcare questo tipo di idea rivela l’intento di controllo del pensiero, delle azioni e della consapevolezza delle donne, al contempo educate e socializzate a priorizzare il compiacimento degli uomini e all’idea che il loro esprimersi sia indesiderabile proprio per quelle persone che sono destinate a compiacere. Il risultato è un’educazione al trattenersi dall’esprimersi. L’idea che quanto proferito dalle donne non importi agli uomini è anche frutto del mito della differenza di interessi tra i sessi, basata su stereotipi connessi con i ruoli e i modelli culturalmente applicati a uomini e donne (e nelle attività e negli ambienti resi loro accessibili e comunicati come a loro adatti) nelle società patriarcali. Seppur accada che vengano parzialmente manifestati nel vivere di uomini e donne che si sono efficacemente conformati/e ai modelli a cui son stati educati/e sulla base del sesso, si tratta di comunque di costrutti, che come tali meritano di essere sottoposti a sguardo analitico.

2 Acritico sia rispetto a una realistica misura di presenza di una maggiore attitudine al parlare nel sesso femminile (quindi in che percentuale – per quanto misurabile – le donne siano definibili chiacchierone, e quale sia il rapporto con la percentuale di maschi definibili chiacchieroni) sia, soprattutto, rispetto all’influenza di socializzazione ed educazione che, ancora oggi, per quanto riguarda quelle femminili, pongono focus specifico nello sviluppo di capacità comunicative, linguistiche e di espressione emotiva.

3 Il percorso a mio avviso da seguire è quello della “neutralizzazione” (nel senso di rendere neutro). Nel caso di un comportamento o una qualità che per pregiudizio, stereotipo e senso comune sono associati a un sesso, bisognerebbe ridurre le rappresentazioni che associano quel comportamento/qualità al sesso a cui è legato per stereotipo e aumentare quelle che l’associano al sesso a cui non è legato per stereotipo. L’ideale sarebbe accompagnare l’azione rappresentativa a socializzazione ed educazione che non incoraggino lo sviluppo iniziale della convinzione stereotipata (così facendo, con il tempo, diverrà superfluo anche neutralizzare lo stereotipo, visto che non si sarà anche smesso di lavorare per generarlo). Poi, che resti tra noi (oppure no), nel caso specifico dell’immaginario della persona (donna) che viene zittita mentre parla in modo ininterrotto e appassionato, io mi auspicherei una vera e propria eliminazione, a prescindere dagli altri fattori in gioco. Ne viene fuori sempre il profondo svilimento di una delle parti.

 

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