Lezioni di Genderizzazione da Felce Azzurra

Ho potuto, con gioia (no), imbattermi in un compagno di giochi di Spuma di Sciampagna, di cui ho parlato davvero di recente.
Il marchio in questione è Felce Azzurra, che ci onora di un altro, banalissimo, esempio, di pubblicizzazione stereotipata dei prodotti per la cura del corpo. Ma, per quanto amara risulti la visione di questi spot, è estremamente preziosa nell’agevolare la comprensione dell’effettiva presenza di pattern e dinamiche fissi, seguiti più o meno passivamente da una grande quantità di marchi.
Vediamo lo spot:

Invece di trastullarsi nella vasca da bagno come la protagonista dello spot Spuma di Sciampagna, quella della pubblicità Felce Azzurra si carezza sotto la doccia. Esattamente come per lo spot del marchio concorrente, però, anche questo punta a promuovere le profumazioni del prodotto per poi, invece di sottolineare le proprietà di bellezza, enfatizzarne le capacità di idratazione e emollienza. Ma niente paura, perché c’è la scena finale a comunicare l’incremento dell’avvenenza della donna che ha scelto di usare Felce Azzurra.

Come al solito, dunque, semplicissimi prodotti (di cui non discuto la qualità perché non ne avrei né il motivo né i mezzi) per la cura del corpo vengono esplicitamente targettizzati verso un pubblico femminile, sebbene esistano zero motivi per cui l’utilizzo degli stessi possa o debba essere precluso all’utenza maschile. E, pur considerando la costante validità della solita regolina* (che non cambia assolutamente nulla nel messaggio comunque comunicato tramite queste scelte pubblicitarie), a rinforzare ulteriormente la genderizzazione del prodotto ecco che giunge il catalogo delle linee di produzione dei vari marchi.
Precisamente come Spuma di Sciampagna (e tanti altri), infatti, anche Felce Azzurra vanta diverse linee di prodotti tra cui, indovinate un po’?
Proprio così, c’è la famigerata linea Uomo, rigorosamente alla fine, dopo una sfilza di altre categorie.
E cosa sarà, secondo voi, a caratterizzare questa linea così specifica e di cui c’era così impellentemente bisogno? Se non siete nuovi di questo blog e/o se siete degli osservatori abbastanza attenti, sapete già cosa vi attende. Che si tratti, forse, di colorazioni più scure e parole/espressioni volte a evocare immagini di dinamismo, forza ed energia, al fine di carezzare la (evidentemente così percepita) fragile virilità che abbisogna di continue conferme e determinazioni dall’esterno?

Ma che sorpresona, amici e amiche. Proprio non me l’aspettavo. Dynamic, Cool Blue…addirittura Rebel (c’è anche l’emozionante Excite, che non è entrato nello screenshot!). Prodotti che trasudano mascolinità, non trovate?
Per nulla convenzionale, per nulla banale, per nulla sciocca questa prevedibile scelta operata da Felce Azzurra (inserire applausi pre-registrati).
Ma sì, perché no? Prendiamo spunto da altri marchi e facciamoci fautori del rafforzamento degli stereotipi di genere che vogliono la donna desiderosa di sensuali carezze profumate (e quante più profumazioni ci sono meglio è!!) che garantiscano la preservazione della bellezza del proprio corpo e l’uomo necessitante del minimo indispensabile, purché sia potente, forte, dinamico e in qualche modo percepibile come MASCHIO!

Non se ne può più.
È stupido, è dannoso, è offensivo, dovrebbe essere superato e continuerò a ribadirlo fino a quando i marchi non inizieranno a puntare su linee NEUTRE o su prodotti genderizzati che si propongano non tramite malsani e tossici stereotipi di genere, ma sulla base delle specifiche proprietà (ove effettivamente presenti, altrimenti il neutro è sempre preferibile e più ragionevole) che hanno per il genere cui sono rivolti.

Felce Azzurra & company, potete fare di meglio!


SEGNALAZIONE E COMMENTO

L’espressione dell’opinione relativa agli spot – spesso più della segnalazione degli stessi – può essere cruciale e determinante nello stimolare i marchi a muoversi verso una direzione pubblicitaria diversa, più progressista e socialmente responsabile. Poiché l’unione fa la forza, come diversi casi hanno in passato dimostrato, invito tutti a prendersi il tempo per lasciare commenti sulle pagine ufficiali e/o inviare email ai marchi interessati. A seguire, i dati per lo spot menzionato nell’articolo:


Nota: Consapevole del fatto che c’è chi potrebbe finire su questo blog appena il tempo della lettura di un singolo articolo, mi sento di fare il solito appunto. È, come al solito, ovvio che – per quanto esplicita – la genderizzazione di un prodotto non impedisca (non potrebbe neppure volendo, peraltro) a persone non facenti parte del target di riferimento di usufruire dello stesso. Altrettanto ovvio è, però, che genderizzare un prodotto comunichi qualcosa di chiaro e diretto: il fatto che sia ritenuto auspicabile (socialmente accettato e/o promosso, consigliato, normale) che i facenti parte del target ne usufruiscano e, al contempo, che non sia ritenuto auspicabile (socialmente accettato e/o promosso, consigliato, normale) che i non facenti parte del target lo facciano. Questa dinamica ha, checché si voglia convincersi che non sia così e checché si scelga di non darvi peso per personale comodità e convenienza, conseguenze sul modo di vedere e interpretare sé stessi e gli altri (come singoli e in relazione al proprio genere).

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