Lillydoo, Stereotipati sulla Pelle

Come ben sa chiunque segua il blog, il mio – sarcastico – amore per Pampers è ormai di lunga data. Anche per questo ho trovato un vero e proprio affronto la visione di uno spot per pannolini…di un’altra azienda. Come osa Lillydoo derubare Pampers del monopolio pubblicitario di questo prodotto? Ma guardiamo insieme lo spot e scopriamo cosa ci riserva questa azienda.

Una voce femminile profonda che ci introduce al nome dell’azienda. Immediatamente passiamo a una nuova voce, che ci spiega le caratteristiche dei pannolini, mentre sullo sfondo scorrono le immagini di una figura intenta a cambiare una bambina. Dopo questo intermezzo torna la quasi ipnotizzante voce iniziale per concludere la comunicazione, invitandoci a ordinare il pacchetto prova. Parliamone.

E che vi devo dire, mie care e miei cari?
Finora mi son posta il problema che l’unica azienda che pubblicizzava pannolini lo facesse rigorosamente con la presenza esclusiva della figura materna, ma mi trovo costretta a correggere il tiro, perché non è più una sola azienda.

Con zero sorprese (come quasi sempre nel panorama pubblicitario italiano, che è molto coerente – dobbiamo riconoscerlo – nella sua assenza di creatività), Lillydoo non porta in tavola nulla di nuovo per quanto riguarda la comunicazione pubblicitaria. Non ci presenta contesti diversi, né mette in campo figure che non siano di sesso femminile, coerentemente con le aspettative e stereotipi culturalmente normalizzati nelle lande italiche.

Lillydoo
“Ciao. Di Emma mi occupo solo io, ma non l’ho mica fatta da sola. *occhiolino* *occhiolino* Per evitare dubbi, ci sarà un’altra schermata con fede in evidenza più avanti. *occhiolino* *occhiolino*

Lo spot Lillydoo è un bel batti cinque simbolico a Pampers, che ormai non è più sola nel rinforzare l’associazione tra cura dei bambini, e qui in particolare cambio dei pannolini, e donne. L’ombra di un uomo non c’è neppure per sbaglio. Sia mai che una mano con qualche villo in più possa poggiarsi sulla delicata pelle di una bambina! Ma sebbene il maschile non sia visibile come presenza materiale, la pubblicità ci tiene a rassicurarci circa il fatto che la piccola Emma non sia frutto di qualche santo spirito. Lo fa mostrandoci con evidenza la fede al dito della figura protagonista. Le caselle dei ruoli di moglie e madre sono spuntate. Mancherebbe quella della casalinga, ma non possiamo chiedere troppo a 20 secondi di spot di pannolini.

Lillydoo
“È veramente un peccato che l’assenza di seni impedisca al mio compagno di prendersi cura di Emma. Per me, ovviamente, è sempre un piacere. Ogni minuto secondo. Viva i pannolini Lillydoo certificati OEKO-TEX, che però si pronuncia UKO-TEX!”

Ma la comunicazione mediatica non è sola nella veicolazione di questo messaggi, come qualcuna/o tra voi si sarà senz’altro accorta/o. È sempre più vocalmente accompagnata dalle scelte e dalle direzioni politiche. In quest’ambito, di particolare rilievo è il recente mancato rifinanziamento del congedo di paternità. E così, dopo i timidissimi tentativi di incoraggiamento a muoversi in avanti, si invita a riallontanare l’uomo dall’idea di una genitorialità attiva e di cura, cementando la convinzione – ormai del tutto antistorica – che sia area spettante alla donna e a lei sola, con tutte le concrete conseguenze sui vari piani della vita individuale, di coppia, familiare e lavorativa – nonché i numerosi modi in cui ciò si traduce sulla struttura sociale, economica e culturale.

Come spesso avviene in casi pubblicitari di questo tipo, la direzione comunicativa non è limitata a un solo mezzo o a una sola piattaforma. Quella in basso, per esempio, è l’immagine di copertina della pagina Facebook e del canale YouTube dell’azienda.

Lillydoo

Questa è comunicazione.
Tutto, dalle immagini alle parole, ha potere di trasmettere messaggi.
E i messaggi – soprattutto quando vi siamo esposti in modo regolare e continuato – hanno il potere di influire concretamente, che ci piaccia o no (e lo so che non ci piace), sul nostro modo di percepire il mondo, noi stessi/e e le altre persone. I media non sono e non sono mai stati riflesso della cultura (sebbene possano integrare anche elementi che se ne ispirano); contribuiscono e hanno sempre contribuito a plasmare la cultura. Non c’è nulla di non rilevante, nulla di innocuo, nel fatto che le attività di cura vengano SEMPRE associate alle donne e mostrate come appannaggio delle donne. Ci parla di quello che ci aspettiamo (e che riteniamo lecito e giusto aspettarci) dalle donne e che, di contro non ci aspettiamo (e non riteniamo lecito e giusto aspettarci) dagli uomini. È il continuo disegno dei ruoli, nello specifico la cementificazione dei ruoli tradizionali di stampo patriarcale, il cui superamento è così concretamente ostacolato.

Lillydoo
Ecco a voi, a sorpresa e a tradimento, un’immagine shock, che ha sconvolto il mondo intero. Un uomo che sorregge teneramente un essere umano in miniatura. Dalla regia ci dicono che l’infante è sopravvissuto all’incontro ravvicinato con un adulto testicolato, ma non possiamo garantire.

Il punto non è slegare le donne da questi ambiti in modo assoluto.
È rompere il legame di esclusività che viene comunicato. Sì, la cura dei bambini può essere responsabilità della donna. Ma anche sì, la cura dei bambini può essere responsabilità dell’uomo. E dovrebbe esserlo di entrambi, per bambini/e che hanno madre e padre.
Eppure niente nella nostra cultura veicola questo cruciale messaggio. Guardatevi intorno. Leggete. Ascoltate. Un uomo che dedica del tempo ai suoi figli o alle sue figlie è ancora uno che “aiuta” o, peggio che vada, un “mammo”. Con così tanta forza “padre” è un termine che abbiamo stracciato via dal concetto di accudimento e socializzazione primaria, prima ancora che potesse esservi cucito assieme.

E pubblicità come quella Lillydoo (e come tutte quelle Pampers) aiutano a far sì che le due cose restino separate. Non smetterò di ripeterlo, perché voglio che quello strappo venga riparato, e che la cura dei bambini  smetta di avere un sesso. Se non per noi, almeno per le generazioni che verranno.

Se volete dire la vostra a Lillydoo, vi invito a fare riferimento ai link qui in basso.
Per il momento è tutto. Alla prossima e, mi raccomando, occhio agli spot!


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