Mutti – Quando all’assenza di creatività serve il sessismo da cui partire

Per mandar giù lo spot di quest’oggi è opportuno dotarsi di un certo eroismo. La caduta di questa azienda mi ha delusa particolarmente anche, ma non solo, perché mi capitava di usare suoi prodotti. Ma quel che fatto è fatto, e a esser stato fatto è questo spot. Vediamolo.

Un uomo sorride mentre una signora lascia l’appartamento, poi indossa un grembiule e prepara un pasto usando salsa Mutti. Aggiunge accuratamente dei giochi casualissimi e che non seguono alcunissimo schema palese e facilmente identificabile, chiama il suo pargoletto e gli serve il pasto. Quasi con compiacimento, ecco che arriva il narratore che, con voce extra grave, gira ferocemente il coltello nella piaga dei contenuti di questo spot: “Quando tu esci e il papà fa l’eroe”. Parliamone.


Forse a sorpresa, voglio cominciare con un rapido appunto positivo.
L’uomo mostrato nella pubblicità non è rappresentato come incapace o a disagio nello svolgimento della preparazione de pasto. Vale la pena di sottolineare il positivo di quest’elemento perché il ritratto dell’uomo impedito in qualunque cosa che riguardi cura di casa e bambini è uno stereotipo ancora molto forte e spessissimo associato anche con gli stereotipi che vengono nel complesso portati avanti anche da questa stessa pubblicità. Fine appunti positivi.

Mutti
Evvai! Sta per uscire. È arrivato il momento di trasformarmi in EROE!!!

Il fatto che lo spot permetta di osservare un uomo alle prese con queste attività, brutale rarità nel nostro panorama pubblicitario, perde completamente il suo potenziale valore positivo a causa della scelta di Mutti di attribuire una significazione molto specifica al perché e al percome quanto vediamo sta accadendo. Fosse stata presente unicamente la rappresentazione visiva, avremmo avuto margine di interpretazione, e più di qualche persona avrebbe scelto il fronte difensivo, asserendo che fosse un caso che ci troviamo a vedere l’uomo che cucina proprio proprio in seguito all’uscita della donna. Sarebbe stato un punto di vista forzato, ma non avrei potuto biasimare più di tanto chi avesse deciso di abbracciarlo.

Ma Mutti corre a rassicurarci, così da evitare che possa venirci il dubbio che quell’uomo stia preparando un pasto in quanto membro attivo di una famiglia e in quanto padre che è naturalmente solito prendersi cura di suo figlio (“in quanto marito” non c’è mai). La pubblicità va dunque a informarci del fatto che l’unica ragione per cui il protagonista – anche lui del modello italico standard, comune, bruno e con barbettasi sta degnando di preparare la cena al piccolo è l’assenza della sua compagna, madre del bambino. Ne consegue che, ove la donna fosse stata presente, sarebbe stato da ritenersi ovvio, normale, scontato, che il compito sarebbe spettato a lei, in coerenza con i ruoli e modelli patriarcali associati ai sessi.

Mutti
Potere supremo eroico vieni a me! Attacco supersonico a trazione testosteronica: arrotolapalle!

Fosse finita qui saremmo sul misero livello di decine di altri spot, ma la fosse che si scava Mutti è più profonda. Per contribuire ulteriormente a ostacolare la normalizzazione dell’idea che un uomo, padre e marito, sia da ritenersi responsabile di svolgere faccende domestiche e di cura al pari di una donna, madre e moglie, Mutti che fa? Glorifica apertamente l’uomo che fa lo sforzetto di preparare un pasto una sera in cui la donna di casa, regina del focolare, s’è presa la libertà di uscire. Se sei donna, cucinare, servire e prenderti cura di casa e bambini non è che un mero auspicabile riflesso della tua esistenza di donna (così come codificata dalla società tramite la divisione dei ruoli). Se sei uomo, cucinare, servire e prenderti cura di casa e bambini ti rendono un EROE, perché quelle attività non ti spettano. Quel che per la donna è da intendersi come ovvia e naturale parte dell’esistenza, è uno straordinario conseguimento che rende gli esseri prostata-muniti persone straordinarie, eroiche. Questo messaggio viene trasmesso in modo trasparente dallo spot Mutti.

C’è ancora qualcosa da dire. Perché non solo la pubblicità si pone in supporto di modelli stereotipati sessisti ma, sebbene centri l’intera narrazione sull’uomo e sulle sue eroiche gesta e della donna non ci mostri che la schiena per mezzo secondo, la sua comunicazione è rivolta alle DONNE. A renderlo chiaro è la strutturazione del titolo (massimo concentrato del sessismo dello spot): Quando tu esci e il papà fa l’eroe. Con il tu diretto, il narratore dalla voce extra grave super maschia che Renga troverà molto melodiosa e armonica, si rivolge al target della pubblicità. Mutti parla alle donne, mogli e madri. Non intende affatto parlare agli uomini (ossia il distaccatissimo “il papà” della frase. Il target non sarebbe cambiato, ma mettere “lui” al posto di “il papà” avrebbe donato maggiore vicinanza anche al maschile. Così l’assenza di intenzione di farlo è palesissima). L’unica cosa che si fa è dipingerli come eroi mentre fanno qualcosa che nessuno si aspetta che facciano normalmente, nel quotidiano.

Mutti
Apparecchiamo con macchine, robot e dinosauri, così che non dimentichi di coltivare il modello culturale di mascolinità. E un giorno, chissà, forse anche lui sarà un eroe come me.

Dove andate? Ho un’altra cosa da dire!
Forse avrei fatto lo sforzo di passarci sopra (malvolentieri e arricciando il naso) se il resto della comunicazione fosse stato positivo e se, dunque, avessimo potuto osservare un uomo che, non perché la moglie è assente, ma perché è una cosa che è normale che faccia in quanto membro di una famiglia, prepara e serve un pasto al figlio – e magari anche alla moglie. Ma visto che così non è, ve lo scordate che ignori l’evidente affanno che chiunque abbia creato la pubblicità ha investito nella stereotipizzazione massima della rappresentazione del bambino. Insomma, come facciamo capire che è un bambino se non inserendo una molteplicità di oggetti che abbiamo culturalmente attribuito al maschile? Metti che non bastano il taglio corto e il tipo di abbigliamento (già coerenti con i modelli di mascolinità)! Non è colpa nostra. È colpa di ‘sti piccoletti e ‘ste piccolette il cui sesso a quell’età è virtualmente indistinguibile da abbigliati! Meno male che possiamo facilmente inventare, far assimilare e normalizzare differenze!1 Una machinuccia qua. Un dinosauro là. Un robot qui e un altro lì. E mettiamoci pure una sorta di enfasi. Che si vedano per bene. Siamo brillanti! Grazie agli stereotipi, tra giochi, capigliatura e abiti, nessuno avrà dubbi sul fatto che sia un bambino2; un bambino super virile!

Mutti
Polpette a “cucinare, occuparsi di casa e bambini è compito delle donne e vogliamo che sia ben chiaro quindi eccovi un uomo eroico che si sacrifica e mostra il suo grande eroismo nel svolgere qualcosa che non gli compete”. BUON APPETITO.

Pensavo di aver finito, e invece no! Per ragioni a me incomprensibili, Mutti ha presentato una seconda versione dello spot. Ora, se ne avesse alterato l’essenza – come ha fatto molto intelligentemente Tantum – avrei capito la decisione, ma oltre a confermare l’originale, va anche un pelino a peggiorarlo, a mio avviso. All’inizio l’uomo parla, asserendo con gesti e parole il suo prendere in mano la situazione, per quella sera (“ci penso io”), dunque facendoci intendere che la compagna fosse preoccupata (cosa che non si evince nell’originale e va a rinforzare ulteriormente il fatto che sia una cosa inusuale per lui…). In più, il narratore con voce extra grave chiarisce ancor prima del solito il fatto che lo spot sia rivolto alle donne. “Stasera cucina lui”. Non, “cucini tu”, uomo. Cucina lui, l’uomo. Capito tu, donna? Nella mia mente visualizzo Mutti con la pala in mano a farsi la fossa più profonda.

In conclusione, questa pubblicità Mutti agisce come perpetuatrice di stereotipi sessisti con una chiarezza che ha pochi eguali. La facilità con cui sarebbe stato possibile eliminare tutto il negativo (che è dunque stato inserito con pieno intento – e chiaramente non interpretato come negativo, il che ci parla della mentalità di chi ha ideato lo spot) rende il contenuto ancora più indigeribile. Nell’augurarmi, per la comunicazione pubblicitaria Mutti, un futuro non più ancorato a modelli che andrebbero urgentemente superati, vi invito a riferire all’azienda le vostre opinioni, cliccando sui link in basso.

Alla prossima e, mi raccomando, occhio agli spot.


SEGNALAZIONE E COMMENTO


1 Su questo punto è sempre interessante, quasi ironico, notare come la normalizzazione di modelli sessisti abbia reso comune e ovvio un effettivo rifiuto della natura (della naturale assenza intrinseca di differenze che vadano oltre quelle biologiche e anatomiche) da parte di persone che osano accusare di rifiuto della natura chi va invece a opporsi alle differenze costruite e forzate culturalmente. Anche la convinzione più logicamente insensata può apparire ragionevole alle menti dei più se sufficientemente normalizzata. Ne abbiamo prova ogni giorno.

2 Il riferimento è sempre alla lettura del piccolo essere che vuole essere trasmessa. Lo spot è configurato in modo da indicarci che vada interpretato come bambino. I modelli sono ben interiorizzati, quindi è inverosimile che lo spettatore medio pensi che quella mini persona sia qualcosa d’altro che un bambino. Sarebbero bastati anche solo capelli e abbigliamento, invero. Poi certo, nella realtà potrebbe tranquillamente trattarsi di una bambina. Non c’è nulla che determini realmente qualcosa in tal senso.

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