Nurofen, Quando il Taglio Altera Pericolosamente il Messaggio

Con l’articolo di oggi intendo presentare uno spot (del 2016, ma va ancora in onda) che, pur non collocando la donna nell’ambiente domestico né circoscrivendola entro la sfera della cura dei membri della famiglia, propaga uno specifico stereotipo legato all’essere femminile (e non solo). Il marchio a cui dobbiamo l’onore è Nurofen e il caso di oggi è piuttosto delicato perché il fulcro della questione è strettamente legato a una scelta tecnica che va a variare la sostanza originale e dalla quale ho scelto di trarre spunto per toccare un certo tasto legato alla condizione femminile. Ma andiamo per gradi…

Veniamo immediatamente introdotti a Carlo, un giovane tecnico informatico allettato causa raffreddore. Successivamente, ci vengono mostrate le conseguenze disastrose della sua mancanza in ufficio. Per fortuna che c’è Nurofen, grazie al quale i sintomi influenzali svaniscono, Carlo può tornare a lavoro e nell’ufficio ritrova il suo posto la serenità.
Proviamo ad andare nel dettaglio dello spot.

Cominciamo dalla premessa fondamentale, già accennata nell’introduzione! Lo spot originale (il marchio Nurofen è Inglese) è questo. La versione Italiana, come avete visto, è stata tagliata. Non posso saperlo con certezza, ma è possibile che anche la stessa versione UK vada in onda in forma ridotta. Tuttavia, quella Irlandese breve è già lievemente diversa dalla nostra, dunque sembra chiaro che a ogni paese sia stato consentito un certo grado di libertà nell’operazione di taglio. Ciò detto, stiamo parlando di un prodotto per contrastare i sintomi del raffreddore. In casi come questi, gli stereotipi che è più comune osservare sono quelli legati ai ruoli familiari di genere (come insegnano Vivin C e Vicks, anche grazie al fatto che usare il setting familiare parrebbe uno standard imprescindibile, per molti marchi), ma Nurofen decide di proporre un ambito completamente distante da quello familiare; scelta, di per sé, ammirevole e originale.

Tuttavia, è sul resto che il marchio va a cascare.
Sebbene le cose siano diverse nell’originale integrale, quando quella Italiana ridotta ci mostra i disastri in ufficio, si cura di focalizzarsi su tre impiegati in particolare. Uno dei tre è semplicemente fermo dinanzi al computer – senza neppure guardarlo, ragion ulteriore per cui lo spettatore potrebbe terminare la visione dello spot senza notare gli errori sullo schermo, poiché l’immagine porta l’attenzione su dove la dirige l’impiegato stesso –  e osserva le catastrofi causate dagli altri due. Nel caso di questo impiegato, dunque, l’importanza è data alla sua reazione, non alle sue azioni.

Al contrario, per gli altri due impiegati, il focus è, con evidenza e in modo volutamente comico, posto sulle azioni ridicole e disastrose al punto tale da risultare surreali. Far leva col piede sul mobiletto per tirar via dei fogli dalla stampante? Staccare cavi senza alcuna apparente cognizione di causa? Non ci vuole un esperto, né particolare senso logico per capire che siano entrambi gesti da evitare. Quanto incompetenti si deve essere per finire col compiere azioni di quel tipo?

Sapete (sì che lo sapete) su quale particolare categoria della specie umana esistono stereotipi, che nutrono una ancora oggi fortissima stigmatizzazione che ha impatto diretto sulle difficoltà d’inserimento in determinati ambienti formativi e lavorativi, relativi all’essere incapaci – secondo alcuni (inutile dirlo, senza alcun supporto logico e/o scientifico) persino biologicamente non portatidi occuparsi di informatica e tecnologia? Già, le appartenenti al sesso femminile. Oltre metà degli esseri umani attualmente sul pianeta.

E di che sesso sono gli impiegati incompetenti mostrati in questa versione dello spot Nurofen? Di sesso femminile. Entrambi. Notare che, ironicamente, nell’originale la proporzione è di 6:2 (6 uomini e 2 donne) – e dunque non sarebbe possibile cogliere alcun intento di additare le donne come impedite – eppure, nella versione ritagliata ci troviamo con la proporzione capovolta, con le uniche due donne, più l’uomo col computer in palla che le osserva, a rappresentare l’incapacità. Insomma…

Anche ove fosse un caso (quanto può esserlo, però, la scelta di filtrare i diversi impiegati di sesso maschile che compiono attivamente evidenti disastri, per lasciare solo quelli di sesso opposto?), dunque, questa pubblicità, che finisce per enfatizzare arbitrariamente l’incapacità tecnologica femminile, contribuisce inevitabilmente – con ciò che visivamente mostra – a rinforzare gli stereotipi che continuano anche ora come ora, nel 2017, a rendere alcuni ambenti ostici e poco accessibili alle donne, gettando benzina sul fuoco di un clima di sessismo e discriminazione.

Si parte prestissimo da un’educazione che non incoraggia a perseguire o interessarsi a determinate aree (anche per merito della diffusione di questo immaginario che insiste nel farci vedere ragazze e donne non in grado di risolvere anche i più semplici problemi informatici/tecnologici, risultando spessissimo bisognose di intervento maschile) e si continua con uno scoraggiare costante che accompagna nelle fasi di formazione e di occupazione professionale delle poche così motivate e perseveranti da arrivare a quel punto.

Donne e Stem
A differenza degli uomini, le donne che intraprendono carriere STEM (Scienza, Tecnologia, Ingegneria e Matematica) corrono il rischio di essere giudicate sulla base dello stereotipo negativo che vede le donne come meno capaci.

Bastava un niente, davvero. Sarebbe stato sufficiente tagliare lo spot in modo diverso (sostituendo una delle due donne con uno dei diversi uomini che crean disastri presenti nell’originale – già la versione Irlandese, per esempio, tenta quantomeno di parificare lo status), per comunicare un messaggio complessivo diverso ed evitare l’effetto di sottolineare un impedimento tutto al femminile.


Ma non sono le donne le uniche a essere rappresentate in coerenza con gli stereotipi relativi al loro rapporto con la tecnologia, e questo aspetto non è limitato alla versione Italiana, bensì è il centro dello spot nella sua essenza.

Come qualcuno avrà notato, Carlo, il tecnico protagonista dello spot, è visivamente ritratto in modo da ricalcare l’immagine stereotipata del nerd più classico.
A partire dall’aspetto (occhiali e corporatura smilza), proseguendo con i dettagli della sua cameretta (cuscino e coperta a tema spaziale, poster con su scritto “Spazio”) che lo comunicano come adulto che non rispetta i soliti canoni socialmente ritenuti auspicabili e concludendo con la sua predisposizione e capacità tecnologica, Carlo è uno stereotipo vivente.

Carlo, sei tu?

Questa caratterizzazione visiva è completamente inutile alla comunicazione. Non è che la persona media non riesca a concepire l’idea che un soggetto con peculiarità fisiche fuori dallo stereotipo possa svolgere quel dato mestiere. Ci viene detto che occupazione ha Carlo e lo vediamo a lavoro con i computer. Non è sufficiente a connotarlo come tecnico informatico? Che bisogno c’è di stereotiparlo nell’aspetto!? Non serve alcuno scopo.

Insomma, soprattutto nella versione in onda in Italia, non è poi così chiaro se Nurofen voglia vendere un prodotto…o degli stereotipi!

E…SORPRESA! La festa non finisce con lo spot!


A Nurofen Italia piacciono davvero tanto gli stereotipi. Ma proprio tanto tanto! Non mi credete e non vi basta lo spot? Date un’occhiata al sito web. Spesso è anche nelle scelte operate nella presenza online che si riflette la collocazione di (ir)responsabilità sociale dei vari marchi.

Ecco il bimbo Eroe sponsor di Nurofen Dol…
Nurofen - Bimbo Eroe

…e la ragazzina ‘principessa’ in compagnia di madre per Nurofenteen.

Nurofen - Mamma e Figlia

Riesco quasi a visualizzare, nella mia mente, i creativi (immaginate un numero infinito di virgolette a circondare la parola) del marchio intenti a discutere tra loro per cercare gli immaginari meno originali, più banali e stereotipati possibili da proporre al loro pubblico.
Applausi, prego. Perché il successo è stato indiscutibile! Se quello era l’intento, ovvio.
Il sito Inglese si presenta diversamente, ma non ci si affretti troppo a cantar di gioia, perché il tutto è compensato da Nurofen Children. Indovinate da chi sono accompagnati TUTTI i bambini? Dalle rispettive madri, ovvio.

A chiunque si occupi di gestire il comparto pubblicitario di Nurofen non posso far altro che consigliare, per prima cosa, di gestire le versioni ridotte delle pubblicità Internazionali in modo tale che non rischino di ridursi a espositori di messaggi potenzialmente dannosi e poi, in generale, di tentare percorsi più vari che si concentrino sull’esprimere l’efficacia dei prodotti stando alla larga da sciocchi e banali stereotipi. Per il momento la bocciatura è una di quelle in piena regola, senza dubbio.

Alla prossima!


SEGNALAZIONE E COMMENTO

L’espressione dell’opinione relativa agli spot – spesso più della segnalazione degli stessi – può essere cruciale e determinante nello stimolare i marchi a muoversi verso una direzione pubblicitaria diversa, più progressista e socialmente responsabile. Poiché l’unione fa la forza, come diversi casi hanno in passato dimostrato, invito tutti a prendersi il tempo per lasciare commenti sulle pagine ufficiali e/o inviare email ai marchi interessati. A seguire, i dati per lo spot menzionato nell’articolo:

  • CONTATTI: si può entrare in contatto con il centralino Nurofen chiamando il numero: +39 02 844751. Purtroppo non mi è riuscito di trovare un contatto email per Nurofen UK. Avrei ritenuto ideale scrivere per informare del taglio sullo spot.
  • YOUTUBE: il video dello spot è qui, nel canale Nurofen. Ma sono disabilitati sia commenti che segnalazione di apprezzamento/disprezzamento.
  • IAP: si può segnalare lo spot compilando il modulo presente in questa pagina.
  • Per discussione e invito al commento, si può fare affidamento sul gruppo Facebook La Pubblicità Sessista Offende Tutti, nel quale è già presente una discussione sullo spot.
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