Pasta Garofalo – Un Assaggio e il Sessismo Viene a Galla

Continuiamo a nuotare nel mare della categoria degli alimenti, che ci è tanto cara.
E lo facciamo in grande stile, con una pubblicità che fa da un lato sbadigliare per il suo proporre schemi triti e ritriti, e dall’altro strabuzzare gli occhi per alcuni dei contenuti. Ma ho già scritto troppo. Guardiamo insieme il nuovo spot della Pasta Garofalo.

Sorreggendo due piatti di pasta, una donna si siede a tavola e chiede a suo figlio cos’abbia fatto a scuola. Alla risposta titubante del piccolo, la donna insiste tiepidamente, ma l’insistenza è frenata dal compagno. Dopo aver assaggiato la pasta Garofalo, però, il bambino ammetterà che a scuola si annoia, e che il papà si diverte con la maestra di Italiano. La donna rivolge uno sguardo severo all’uomo, che cerca di difendersi maldestramente. Ecco che la pasta Garofalo fa effetto anche su di lui, che ci dice con schiettezza che non è quella di Italiano, la maestra che trova uno schianto. “Buona pasta non mente. La assaggi e dice tutto.” – questo lo slogan scelto, esattamente come sono state scelte le verità da far venire a galla. Parliamone.

Partiamo facile facile dall’immediato, prima di scavare più a fondo.

Neppure il tempo che lo spot inizi e la figura femminile viene già connotata come perfetta incarnazione della triade che conosciamo benissimo (casalinga/moglie/madre).
La donna con piatti in mano costituisce la primissima immagine che vediamo. L’azione iniziale svolta è quella di portare in tavola la pasta Garofalo, mentre il figlioletto è già seduto e il compagno si appresta a sedersi (a capotavola, tra l’altro). Già solo questo aspetto è più che sufficiente a evidenziare la perpetrazione di stereotipi e ruoli di genere tradizionali e, dunque, a far sì che questo spot si unisca a decine di altri nel veicolare uno stesso immaginario.
Ma il potenziale problematico non si esaurisce qui.

Pasta Garofalo

La pubblicità va, infatti, a rappresentare anche una serie di ulteriori stereotipizzazioni. Una delle più evidenti è quella associata al maschile, che ci mostra uno spaccato dell’uomo in balia dei suoi ormoni. Ad acuire la negatività del tutto c’è il fatto che la narrazione si sviluppi in modo tale da avvolgere la dinamica in un fastidioso velo di peccaminosità.
L’uomo cerca di far tacere il bambino e di silenziare la donna (entrambi gesti orribili e profondamente discutibili anche sul piano più basilare della comunicazione familiare e non) per mantenere segreto il suo interesse lussurioso nei confronti della maestra, di cui non ricorda neppure il nome.

Come spesso accade, per far ruotare l’ingranaggio dell’espediente (inteso come) comico, l’uomo dominato dai propri ormoni è affiancato da una compagna pronta a rivolgergli sguardi o espressioni rabbiose in occasione del palesarsi di quella specifica attitudine (che continuiamo a voler far passare come ovvia e caratteristica delle persone di sesso maschile). Se nel caso del terribilmente sessista spot di Arancia Rosaria l’uomo appare come inquietante e riprovevole, il signore dello spot Garofalo, con questo dar voce ai suoi pensieri ( = quanto sia uno schianto una maestra di suo figlio) in modo del tutto accidentale, potrebbe persino evocare simpatia in chi fatica, anche solo per abitudine culturale, a riconoscere il negativo di quanto narrato. Ecco che la donna si trasforma immediatamente nella moglie rompona, gelosona e brontolona.
Dai, sono uomini, no? O “Boys be Boys” come dicono in America. E quante, per anni o forse vite intere, si sono convinte che fosse il caso di tollerare, mandar giù e star zitte, perché…sono uomini. Dopotutto, così è stato loro insegnato; così è stato fatto passare per ovvio, normale e giusto.

Questa narrativa dell’inevitabilità dell’istinto adultero dell’uomo danneggia tutti, a prescindere dal sesso, e rinforza stereotipi e pregiudizi legati all’espressione e all’esperienza della sessualità degli individui. Va superata1.

Pasta Garofalo

L’improvviso istinto di sincerità istigato da pasta Garofalo avrebbe potuto significare qualsiasi cosa per il bambino e per l’uomo della pubblicità, e invece si è tradotto nell’esternare considerazioni sessiste e oggettivanti, in un modo leggero e sereno che normalizza il tutto agli occhi e alle orecchie degli spettatori e del figlio. Il piccolo, dal canto suo, parla tranquillamente del padre che si diverte con le maestre, in tutta la sua innocente ingenuità, la cui espressione l’uomo adulto cerca peraltro di censurare, forzando una finta complicità atta a proteggere sé stesso e il proprio “segreto”. Che padre, che uomo, che persona.

Anche volendo porre come indispensabile (non lo è, ma facciamo finta che lo sia al fine dell’esempio) che si commentasse l’estetica della maestra, sarebbe stato possibile farlo eliminando un’enorme parte della problematicità della comunicazione scelta per lo spot. Una frase come “Certo che la maestra Fiorini è davvero molto bella”, per esempio, avrebbe espresso apprezzamento per l’aspetto dell’essere umano maestra Fiorini. L’uomo dello spot, invece, si esibisce in un “è uno schianto” accompagnato da un godurioso “Hmmm mamma mia” con tanto di gesto, il tutto rivolto a una tale di cui non conosce il nome. Ognuno di questi elementi va a caratterizzare la narrazione come oggettivante.

Con la frase non problematica proposta come esempio, però, il concetto stesso dello spot non sarebbe potuto venire in essere, perché l’esternazione non trasmette alcun aspetto peccaminoso o da nascondere a ogni costo, mentre lo spot vuole proprio sottolineare – questo traspare – questo inarrestabile guizzo libidinoso maschile che, per quanto accuratamente nascosto, è presente e potrebbe venire a galla in ogni momento, come qui fa grazie a Pasta Garofalo.
Arrenditi, donna, è così. L’omm è omm. Caccia di qua, sbava di là. C’est la vie! Fatti na risata.

Pasta Garofalo

C’è un ultimo appunto, che ritengo meritevole di menzione.
Impegnata com’è a sentire le rivelazioni relative alle interazioni e agli interessi del compagno per le maestre di suo figlio, tra i tre membri della famiglia presenti nello spot, la donna è l’unica a non avere l’onore di assaggiare la pasta Garofalo o a percepirne gli effetti. Porta i piatti in tavola, viene zittita nei suoi tentativi di comunicazione con il figlio e se ne sta lì a subire l’esplosione di meravigliosa e illuminante sincerità del compagno. Con tanto di musichetta carina e allegro narratore di sottofondo, come se fosse un divertente quadretto familiare, come sarà certamente percepito da molti.

Ma se in questo spot quanto tirato fuori dalla pasta Garofalo consiste nella libertà (di cui proprio non si sentiva bisogno) di fare esternazioni oggettivanti e sessiste di fronte ai membri della propria famiglia, in assenza di rispetto per la propria compagna e di considerazione per il proprio figlio, negli altri due spot della serie la verità che viene a galla è di diversa connotazione. Non riuscire più a fingere di divertirsi ed essere a proprio agio in un caso e sentirsi liberi e desiderosi di esprimere i propri sentimenti nell’altroanche se quel “Cioè, sei brutto, ma…” si sarebbe potuto benissimo evitare. Insomma, quantomeno gli altri due spot non utilizzano lo stratagemma narrativo della rivelazione per trasmettere messaggi negativi, come invece avviene nel caso di quello in trattazione.

Nell’augurarmi speranzosamente che il reparto marketing di Pasta Garofalo voglia profondere maggiore impegno e attenzione nella valutazione di quanto veicolato per mezzo degli spot del prodotto, vi invito a cliccare sui link in fondo per comunicare la vostra all’azienda, se avete tempo e desiderio di farlo.

Alla prossima e, mi raccomando, occhio agli spot!


SEGNALAZIONE E COMMENTO


1 In alternativa, vanno superate la monogamia come norma e l’istituzione familiare così come la conosciamo. Anche così facendo, però, resterebbe importante andare oltre questa prospettiva della sessualità maschile, che si lega in modo rigido al disparitario trattamento di uomini e donne in questo specifico ambito; viviamo ancora in una società che fa una fatica incredibile a riconoscere libertà di espressione sessuale nelle donne e c’è ancora chi è convinto che il sesso di appartenenza sia il primo (o persino l’unico) elemento che determina l’intensità del desiderio sessuale in un individuo – e quindi è ancora comune l’immaginario dell’uomo che pare incapace di non provare attrazione sessuale per qualsiasi donna, mentre l’ipotetica immagine di una donna con altrettanta carica sessuale (che, a prescindere dal sesso, può essere normale per qualcuno quanto per altri è normale avere una bassa libido e provare scarsa attrazione) è percepita come aliena e viene connotata in modo fortemente negativo con termini con cui sono certa abbiate familiarità.

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