Pop Caffè. Momenti di Banale Sessualizzazione

Oggi torna a farci visita una tipologia di prodotto già trattata, sebbene non sia tra quelle che vantano le presenze maggiori sul blog. Parlo di una bevanda per la quale nutro un certo amore, e che a maggior ragione vorrei veder pubblicizzata in modo creativo, intelligente e rispettoso. Quello proposto da Pop Caffè è un esempio perfetto di cosa non fare. Vediamo perché.

Mentre una voce maschile più adatta alla pubblicizzazione di una linea erotica che di qualsiasi altra cosa1 ci comunica che bisogna assicurarsi che il caffè sia un mix fantastico di aromi e profumi, vediamo un giovane uomo che reagisce spiacevolmente al saluto di un’incappottata conoscente. Ma mentre il caffè vien fuori, lo stesso fa l’incappottata, che mangia con gli occhi l’ora interessato uomo. Lo spot si chiude con la parlata erotica del narratore che lega a questo Pop Caffè momenti di intenso piacere…

Prendetevi pure il tempo che vi serve per ricacciare in dentro i conati. Fatto? Non ancora? Aspetto, eh.

Signore e signori, dopo i gelati e la cioccolata, l’eroticizzazione dei prodotti raggiunge anche il caffè. Non sono neppure certa che sia il primo caso, probabilmente non lo è, ma resta fenomeno isolato rispetto agli altri due citati. L’associazione del piacere del gusto al piacere sessuale non è uno schema nuovo ed è perpetrato in vari modi, dai più espliciti ai più subdoli. Questo caso è piuttosto evidente, reso tale a partire dalla narrazione eroticizzata degna dei filmini Muller, e proseguendo con i contenuti visivi e verbali.

Pop Caffè
“Ciao. So tanto caruccia e dolciuzza. Però il mio amor non mi vuole perché non sono sufficientemente sensuale e scoperta. Sniff Sniff. Ma lo sorprenderò come Pop Caffè. Chissà come mai a me non interessa che lui sia sensuale e scoperto. Mumble Mumble.”

Ma andiamo con ordine. La figura protagonista, come avrete visto, è di sesso maschile.
Come sempre accade negli spot, si tratta di un uomo come tanti, senza alcuna caratteristica che lo distingua per bellezza secondo i canoni socioculturali. Ha anzi un’aria piuttosto anonima, accentuata anche dalla neutralità dell’abbigliamento. Accanto al protagonista, abbiamo una figura femminile la cui esistenza, con sorpresa di nessuno virgola cinque, ruota completamente attorno all’uomo ed è in funzione dell’uomo.

Lo spot sceglie di mostrarci quest’uomo qualunque che esprime quasi disgusto in risposta al dolce e schietto interesse mostrato da una donna che è peraltro con assoluta evidenza bellissima2 anche con sciarpa, cappello e occhiali. “Oh, povero me, proprio questa racchia dovevo attirare?”, sembra pensare il nostro simpatico uomo medio. Non disperare, uomo, perché i tuoi desideri verranno soddisfatti e si verrà incontro al tuo sacro piacere. Ora, non è chiaro come si arrivi dal saluto fuori (che lascia ipotizzare che siano a malapena conoscenti) a lei che entra in casa di lui, ma fatto sta che lui si trova a prepararle – molto malvolentieri, per la finta-non bellezza di lei – un caffè.

Pop Caffè
“Maronn che cess. Ma che la devo pure fa entrà a casa, mo? Un figo3 come me…!!!!”

Ecco che come nella più banale delle commedie romantiche americane e non solo, quella che il pubblico è invitato a leggere come brutta anatroccola (sebbene non si avvicini neppure lontanamente a esserlo né a sembrarlo) e che, soprattutto, lo scialbo protagonista di turno interpreta come tale, si trasforma nel cigno-prototipo di bellona irresistibile che come società comunichiamo come modello di donna ideale – con focus sullo sguardo maschile del tempo, che lasciamo regnare su tutto, perché ci piacciono le tradizioni, no?

Mentre l’uomo se ne sta lì, casuale, semplice, naturale, tranquillo, a muoversi e ad agire secondo suoi desideri, la donna viene ancora una volta ridotta a oggetto sessuale. L’interesse di lei è messo da parte ignorato, ridicolizzato, quando la sua canonica avvenenza non è sufficientemente evidente, ma improvvisamente diventa di rilievo quando è ricambiato dall’interesse di lui, nel momento in cui la riconosce come all’altezza dei propri desideri di maschio.

Pop Caffè
“Te piaccio, mo? Visto quanto so secchesi? Visto come te guardo tipo segretaria de filmino porno in modo completamente e innaturalmente diverso da come ti guardavo a inizio spot manco fossi svenuto e stessi facendo un sogno erotico a occhi aperti? Te piaccio, mo? Eh? Eh?”

Lei pretese non ne ha. Lui le piace così com’è e come appare, anche sbarbato e con capello spettinato. Non è lo stesso per lui, che non la vede neppure e necessita che lei si scopra, che mostri e che da ragazza dall’atteggiamento vagamente goffo muti in femme fatale che comunica di essere ben disposta a ricevere attenzione. Solo allora è interessato e inizia a guardarla con aria imbambolata, da bravo uomo degno dello stereotipo.

Non aiuta l’effetto rallentato sulla rimozione del cappello e degli occhiali, che acuisce l’integrazione dell’elemento di sensualità. E ancor meno aiuta la narrazione della pubblicità che costruisce un chiaro parallelo tra la trasformazione di ogni tazzina di caffe in una sorpresa, e la trasformazione della finta-racchia in bellona4. Si mette in atto il paragone donna-caffè (che novità, tra carne, birra e arance), il paragone del piacere del caffè al piacere dell’attrazione sessuale per la donna.

Pop Caffè
“Finalmente ora sei meritevole e degna della mia attenzione, della mia gentilezza e del mio caffè! Grazie, Pop Caffè!”

I messaggi negativi rinforzati sono molteplici, a partire dall’idea che vuole la bellezza (secondo standard) come valore primario per le donne, e avvenenza e sensualità come imprescindibili mezzi per rendersi interessanti (sempre per le donne – lui non deve fare letteralmente nulla per essere interessante; gli basta essere), e proseguendo con l’idea dell’uomo in balìa degli ormoni, impossibilitato a resistere al rechiamo sessuale di soggetti di sesso femminile che vengono comunicati come attraenti. L’uomo guarda solo quello e si interessa solo a quello (non farlo o non fingere di farlo minerebbe la sua immagine di uomo vero come da mascolinità attualmente inteso). Pertanto, la donna deve curare solo quello, importarsi di comunicare solo quello (perché ottenere validazione e approvazione della propria avvenenza da parte dell’uomo consiste in riconoscimento del proprio valore). Una doppia lama che denigra tutti e tutte.

Pop Caffè
“Vi piaccio mentre mi esibisco nel notoriamente sensualissimo, ammaliante e affascinante atto di rimozione del cappello? Eh? Eh? Ditemi di sì!”

Consiglio (anche a me, di continuo) di non dimenticarci mai che niente è solo quel che è con maggiore immediatezza. Nessuna pubblicità è solo una pubblicità. È un nucleo costituito dalla presenza e dall’intersezione di diversi messaggi, alcuni comunicati intenzionalmente, altri come conseguenza diretta o indiretta dei primi, altri ancora senza intenzione. Tutte le rappresentazioni e tutti gli immaginari proposti trasmettono qualcosa; niente è escluso. E non possiamo non tenerne conto nel momento in cui osserviamo e consideriamo l’elemento come un prodotto di comunicazione mediatica, che come gli altri esercita attivo contributo nell’influenzare il sentire comune.

Con la speranza che anche la comunicazione pubblicitaria di Pop Caffè vada incontro a una trasformazione e abbandoni immaginari sessisti e stereotipati (questo spot andrebbe benissimo, avrebbe zero problematicità, e potrebbe tranquillamente parlare dell’eccezionalità del caffè se si limitasse a seguire il protagonista che entra in casa e si gode un caffè – eliminando la terribile scenetta), vi invito a dire la vostra all’azienda, se ne avete tempo e voglia. I link li trovate in fondo.

Alla prossima e, mi raccomando, occhio agli spot.


SEGNALAZIONE E COMMENTO

L’espressione dell’opinione relativa agli spot – spesso più della segnalazione degli stessi – può essere cruciale e determinante nello stimolare i marchi a muoversi verso una direzione pubblicitaria diversa, più progressista e socialmente responsabile. Poiché l’unione fa la forza, come diversi casi hanno in passato dimostrato, invito tutti a prendersi il tempo per lasciare commenti sulle pagine ufficiali e/o inviare email ai marchi interessati. A seguire, i dati per lo spot menzionato nell’articolo:


1 Chiaramente la responsabilità non è di chi ha prestato la voce, pover’uomo, ma di chi gli ha chiesto di parlare in questo modo. Ma so che non farete difficoltà a capirlo. Quelle difficoltà spuntano per magia solo quando si tratta di ruoli rivestiti da donne.

2 Nota per scrupolo: scegliere di mostrare una simile reazione da parte dell’uomo sarebbe stato tremendo a prescindere dalla collocazione dell’estetica della donna nella scala dei canoni socioculturali. È un’immagine pessima da ogni punto di vista.

3 Nota per scrupolo: non c’è nulla di male nell’aspetto di lui e nel fatto che non sia considerabile un canonico bellone, chiaramente. Il commento è volto a sottolineare il doppio standard legato ai canoni imposti e proposti.

4 Non mi sto esprimendo con termini di interpretazione personale (non mi riferirei mai con nessuno dei due a nessuna delle versioni della ragazza), ma con quelli che ritengo rispecchiano l’intento narrativo dello spot.

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