Gli Stereotipi? Lavati con Perlana

Con tutto questo parlar di alimenti e bevande ho finito col perdere di vista l’altro maggior contributore pubblicitario alla diffusione degli stereotipi di genere: la pulizia! Meglio recuperare. Torno a parlarne oggi, soffermandomi sugli schemi rappresentativi prevalenti in questo tipo di comunicazione. Niente di nuovo; solo lavato con Perlana.

Lo spot inizia con l’intenso primo piano di una donna, che risponde con un secco “No” quando il narratore domanda se abbia paura dei cattivi odori. Grazie ai meravigliosi effetti di Perlana Care & Refresh, la temeraria protagonista impressionerà i sensi dell’uomo con cui è uscita, per poi rivolgere a noi il suo sguardo compiaciuto. Scommetto che morite già dalla voglia di comprare il prodotto. Parliamone.

Il primo punto da sottolineare necessariamente è il più classico e ovvio di tutti.
La pubblicità è dedicata a un prodotto per la pulizia – un detergente che neutralizza i cattivi odori – e il soggetto protagonista è di sesso femminile. Come sempre. In un certo senso non la si può neppure chiamare una scelta, perché pare che agli occhi di chi si occupa di queste comunicazioni risulti del tutto inconcepibile ponderare possibilità alternative a questa. Un uomo c’è anche, nello spot. Solo che il suo ruolo non ha assolutamente nulla a che vedere con l’utilizzo del prodotto. Quello non gli compete.

E così, anche Perlana si unisce immediatamente alle decine di altre aziende che continuano a comunicare attività di cura e pulizia come esclusivo appannaggio femminile, sotto gli infiniti sguardi di altrettante persone ormai talmente abituate a questa narrazione da faticare a comprendere la problematicità del rinforzo dell’associazione presentata, che si accompagna alla consolidazione della separazione degli uomini da queste stesse attività.

Perlana
“Oh, no. Puzzo! E adesso?”

Ma c’è altro che si può dire su questa pubblicità, e quest’altro riguarda la comunicazione dei benefici del prodotto. In che modo Perlana ha scelto di rappresentare la meravigliosità dell’assenza dei cattivi odori? Che quadro ha deciso di presentarci?

Procediamo per gradi. Con variazioni legate soprattutto alla specificità di quanto pubblicizzato, gli spot di prodotti per la pulizia – e non solo – sono soliti presentarci due tipi di donna molto ben determinati e non necessariamente separati, che curiosamente coincidono con i modelli di rappresentazione, considerazione e desiderabilità sociale storicamente proiettati sugli esseri appartenenti al sesso femminile.

Da un lato abbiamo la caregiver, l’onnipresente casalinga, madre e moglie che vive per prendersi cura della casa, dei figli e del marito, e dall’altro abbiamo quella che potremmo chiamare l’oggetto del desiderio o la seduttrice, il cui senso esistenziale va invece ad adempiersi nella corsa e nella conformità ai canoni estetici introiettati (spesso connessi con il compiacimento dell’uomo e con la realizzazione romantica). Lo spot Perlana ricalca per lo più il secondo tipo di rappresentazione, con l’elemento casalingo portato in campo dal solo utilizzo del prodotto, il cui slogan non a caso è: “Il detersivo per la cura di bellezza dei tuoi capi”, un inquietante mix di quanto culturalmente associato a essere donna – pulizia e bellezza (avventura, forza, praticità, libertà e potere sono invece roba da uomini).

Perlana
“Scherzavo, sciocchine. Profumo come una rosa. Gnè Gnè.”

La donna protagonista ci viene inizialmente presentata in modo quasi cupo, poiché su di lei aleggia il temibile alone del cattivo odore. L’espressione è seria, la musica grave, i colori scuri. Dopotutto, ben sappiamo che gli odori spiacevoli possono esser portatori di disagio nelle situazioni di tutti i giorni. Che so, durante una conferenza di lavoro, in fila alle poste, al pub con amici, dopo una gara sportiva. Le possibilità sono infinite. Lo sono, ma lo spot Perlana non prova neppure a puntare a presentare situazioni realistiche, vicine a tutti e prive di possibili connotazioni o stereotipi negativi. Che fa, invece?

Ci presenta una donna in tiro (consuetudine degli spot Perlana che, in assenza della presentazione del prodotto potrebbero sembrare spot di shampoo o altri beni di bellezza, con una molteplicità di donne sfilanti. No, sul serio. Son sfilate di moda) che esce dall’oscurità della paura di minacce olfattive e inizia a risplendere felice nell’aroma che Perlana ha donato al suo vestito, che potrà sfoggiare dinanzi all’uomo con cui sta uscendo. Il prodotto non è stato usato per far fronte a potenziali situazioni di disagio diffuse e comuni a moltissime/i, ma per impressionare un uomo e rendersi desiderabile ai suoi occhi1.

Perlana
“Grazie a Perlana, mai più a disagio quando gli uomini mi sniffano. Grazie, Perlana!”

Perché disfarsi dei cattivi odori per l’utilità, il piacere e la confortevolezza che farlo comporta, quando possiamo farlo per essere percepite come belle e irresistibili? Dopotutto, cosa vogliamo che importi a una donna, oltre all’apprezzamento da parte degli esponenti del sesso maschile? Non può desiderare che questo. E allora noi le vendiamo questo. La promessa di sedurre uomini. Fila, no? Dalla tossica prospettiva sessista insita nel tipo di riflessione, s’intende.

L’uomo alla fine dello spot è il sigillo di garanzia che suggerisce alle spettatrici (è sempre un punto fermo il fatto che il target sia quello femminile; ci mancherebbe altro!) la pena di acquistare questo prodotto Perlana, perché consentirà di ottenere l’approvazione, l’apprezzamento e il desiderio maschili. Messaggio ulteriormente rinvigorito dall’espressione di compiacimento della protagonista, mentre le braccia di lui la cingono da dietro in una posa forzatissima e innaturale se consideriamo il contesto di incontro presentato.

Perlana
“Forza, correte a comprare Perlana per soddisfare la testosteronica sensibilità olfattiva dei vostri uomini!”

Per quanto ammetta di non essere ricolma di speranza, a Perlana mi sentirei di suggerire una vera e propria rivoluzione della narrativa pubblicitaria. Basta donne/modelle che sfilano sfoggiando i propri abiti, compiacendosi della propria bellezza o dell’apprezzamento altrui. Nel caso specifico del prodotto che neutralizza gli odori, proporre situazioni vicine alle persone (reali, non quelle che si vogliono comunicare come ideali o auspicabili) sarebbe più pratico, veloce e fresco nel comunicare l’effettiva utilità e gli effettivi benefici del prodotto. In secondo luogo, sarebbe ora di inserire esseri di sesso maschile qua e là. Si tratta quasi della metà della popolazione e, che ci crediate o no, questa pluralità di soggetti nasconde persone interessate a lavare vestiti, preservarne i colori e proteggerli dagli odori – e altri che lo fanno per necessità pur in assenza di interesse (sorpresona sconvolgente: proprio come le donne!).

Per ora, non posso fare altro che affibbiare una bella bocciatura a Perlana, che non sembra volerne sapere di andare oltre modelli tradizionali stereotipati, che continua a proporre, senza sosta, rallentandone e ostacolandone il superamento anche sul piano sociale.

Se avete voglia di far sapere le vostre opinioni all’azienda, vi invito a cliccare sui link qui in fondo.


SEGNALAZIONE E COMMENTO


1 Ci tengo sempre a scrivere appunti su questi dettagli, per scrupolo personale. Non c’è nulla di negativo nel volersi sentire desiderati e nel volersi rendere desiderabili, in quanto uomini e donne che fanno scelte autonome e dispongono autonomamente di sé. Tuttavia, nel contesto socioculturale attuale, in cui alle donne è costantemente insegnato e richiesto di rendersi desiderabili sin dall’infanzia (specchi al posto di giocattoli, letteralmente) e in cui è ancora presente un’evidente disparità in tal senso legata al retaggio maschilista, queste scelte non possono essere considerate innocui casi isolati, perché sono di fatto goccioloni che si aggiungono alla marea di pressione che influenza le esistenze delle donne.

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