Sporcate pure. A pulire ci pensa la Mamma Rock

Quest’oggi, tanto per cambiare, vi parlerò dell’ennesimo spot facente parte della categoria “Pulizie Domestiche”. Il marchio in trattazione è Vileda, il prodotto il suo Supermocio e, come vedremo, la rappresentazione gioca su linee che, seppur superficialmente diverse, sono associabili a quelle della supermamma di Lysoform.

La protagonista dello spot ci presenta il suo figliolo, un amante del rock portatore di sporcizia sui pavimenti della casa. Quale sarà mai l’obiettivo di questa donna, in relazione alla condizione in cui si trova? Ovvio, fare del suo meglio per pulire lo sporco provocato dal figlio (appare orgogliosa del proprio “pensarci lei”) ed essere favolosamente rock nel farlo.

Per prima cosa abbiamo la solita, consueta, scelta di utilizzare una donna, una mamma, come padrona dell’ambiente domestico e responsabile delle pulizie. Già questo, da solo (come ho scritto in vari post, tra cui questo), funge da elemento rinforzante dello stereotipo di genere che dipinge questi aspetti della vita come appannaggio esclusivo femminile.

Vileda si è lasciata scappare un’occasione d’oro e ha fallito anche solo nel contemplare la possibilità di far sì che a pulire la sporcizia sui pavimenti fosse l’individuo che l’ha provocata. Sia mai, sia mai che il giovanotto “si sporchi le mani” per pulire la casa. C’è la madre pronta a farlo. Ovviamente – nell’ottica stereotipata e sessista di gran parte degli spot – va considerato implicito che l’assenza della figura paterna nello spot (come in tantissimi altri dello stesso tipo) sia dovuta al fatto che l’uomo di casa sia da immaginarsi fuori a lavoro.

Il marchio continua a giocare sporco (passatemi il banalissimo gioco di parole, per favore) appellandosi al fattore Supermamma; quello, ossia, che si premura di dipingere il mondo della pulizia come ricco di appeal e attrattiva e, soprattutto, come fonte di determinazione per la donna e la sua identità. Così come, tramite la pulizia, la donna di Lysoform diventa una Supermamma agli occhi di suo figlio, quella di Vileda si sente fighissimamente rock, anche lei per la soddisfazione di suo figlio, del suo piccolo uomo da accudire.

Privata di un senso di agire e di una determinazione realmente personali, che vadano al di là della pulizia, la donna di questi spot è a malapena caratterizzata come un essere umano. Serve unicamente a rappresentare l’ambito della pulizia domestica in qualità di soggetto cui si considera che questo spetti.

Oltre a considerare la banalità e la ripetitività dei pattern di questi spot basati su stereotipi di genere, mi viene difficile capire come tutti questi marchi possano ritenere intelligente (o anche sono passabile) l’idea di creare pubblicità tutte così profondamente simili. Davvero così scarsa è la creatività nell’ambiente pubblicitario? Davvero è così difficile contemplare soluzioni differenti?

Ponendo che così non sia cos’è, allora, che impedisce a questi marchi di cambiare, di progredire, di provare nuove strade? Talmente è grande la comodità e la sicurezza che percepiscono nel restare ancorati a dannosi stereotipi di genere che continuano a essere propagandati senza fine? Mi sembra abbastanza evidente che ci sia bisogno di dar spazio a menti più fresche (che non significa necessariamente più giovani) e dinamiche originali e progressiste.

Suvvia, Vileda, diciamo basta! Si può fare di meglio.


SEGNALAZIONE E COMMENTO

L’espressione dell’opinione relativa agli spot – spesso più della segnalazione degli stessi – può essere cruciale e determinante nello stimolare i marchi a muoversi verso una direzione pubblicitaria diversa, più progressista e socialmente responsabile. Poiché l’unione fa la forza, come diversi casi hanno in passato dimostrato, invito tutti a prendersi il tempo per lasciare commenti sulle pagine ufficiali e/o inviare email ai marchi interessati. A seguire, i dati per lo spot menzionato nell’articolo:

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