E di Chi è Questo Spot Stereotipato? MIO.

Pensavate/Speravate che la trafila di mammine protagoniste esclusive di spot connessi con attività domestiche e cura dei bambini fosse finita? Ma che sciocchini e che sciocchine. Oggi ve ne presento un altro ancora, gentilmente concessoci dallo Yogurt MIO della Nestlè.

Cos’è lo Yogurt MIO? È una merenda particolarmente, sebbene non solo, adatta ai bimbi in crescita. E cosa ha scelto la Nestlè per presentare un prodotto indirizzato ai bimbi in crescita? L’immagine di una madre che imbocca suo figlio* e che, tramite un giochino, comunicando in quel brillante modo in cui molti adulti ritengono opportuno comunicare con i bambini (…) decide di annunciargli l’arrivo di un fratello. La gravidanza della donna non ha alcun tipo di collegamento con il prodotto o le sue proprietà e servirebbe a esprimere quanto lo Yogurt MIO sia adatto a merende di ogni tipo, anche quelle più speciali – questa è letteralmente la spiegazione rilasciata dall’agenzia pubblicitaria.

Ora, tralasciando i dettagli che non è pertinente discutere in questa sede e in questo momento (quali il fatto che sia corretto considerare un gesto d’amore il fare un annuncio simile durante il momento della merenda e perché, per chi sia in realtà più importante la comunicazione dell’annuncio – se per la madre o il figlio – e se, come suggerisce l’agenzia pubblicitaria, sia aprioristicamente giusto reputarlo un momento bellissimo, sebbene possa turbare e sia poco realistico pensare che sia sufficiente calmare il pupo con merendina e giochino sciocchino per fargli digerire tutto di buon grado), questo spot si unisce agli altri la cui problematicità è prevalentemente data dal trascorso storico dell’ambito. Se, insomma, fosse regolarmente comune trovarsi dinanzi a spot di merendine con protagonisti genitori di sesso femminile e maschile in eguale (o pur se non eguale, meno sbilanciata) proporzione, questo dello Yogurt MIO sembrerebbe solamente un elemento come tanti altri, certo poco originale e senza né arte né parte, ma non contemplerei di menzionarlo qui.

Come sappiamo, però, non è così, e le attività legate alla cura dei figli sono quasi invariabilmente connesse con la presenza esclusiva della figura femminile, mostrata come pienamente dedicata all’ambiente domestico. In questo caso, poi, Yogurt MIO mette in campo diretto anche l’aspetto procreatore della donna, dipingendo una forma idealizzata di maternità, coerente con l’immaginario comune che si cerca di inculcare sin dall’infanzia (c’è un effettivo impegno sociale atto a nascondere l’altra faccia della medaglia della maternità, ma anche queste sono altre questioni). La ragione è che intende parlare proprio alle madri.

La Mamma di Yogurt Mio

Lo spot è, infatti, ovviamente volto a colpire non i bambini, ma quello percepito come potenziale target acquirente, e i pupi così piccoli ancora non sono percepiti come tali. Quale sarebbe il target acquirente principale percepito? Le madri, appunto. Lo spot rappresenta una madre, dipingendo un momento clou della fase di maternità, e rivolgendosi implicitamente ma neanche troppo, così, proprio alle madri.

Lo spot Yogurt MIO in trattazione è datato 2015, aspetto che mi provoca sentimenti contrastanti. Se da un lato c’è il pensiero sconfortante che vada in onda da oltre due anni, infatti, dall’altro c’è la speranza che la Nestlè si decida a investire su una nuova campagna (c’è anche il timore che, sapendo di essere un marchio affermato, non provi neppure a puntare davvero, in modo creativo, sulla pubblicità)

Badate che è anche la ricorrenza di pubblicità come queste, assieme alla totale e plateale assenza di creatività, che ha fatto sì che la campagna Buondì Motta, non priva di elementi problematici ma comunque volontariamente dissacrante, potesse essere accolta così ben volentieri da moltissimi.

Che dite? Ce la facciamo a pubblicizzare una merenda per bambini evitando di incappare nel comunissimo schema con la madre-presenza esclusiva? Ce la facciamo a concepire idee fresche e nuove?

Piccolo indizio/suggerimento, per concludere. Suonerà sconcertante alle orecchie dei pubblicitari, ma è addirittura possibile contemplare la creazione di spot di merendine SENZA genitori. I contenuti creabili sono potenzialmente infiniti e sostanzialmente non ci sono limiti agli ambiti esplorabili e ai soggetti e agli eventi rappresentabili. L’obiettivo dovrebbe essere quello di rendere il prodotto appetibile ai bambini, che sono attivi fruitori degli spot, non mostrare quello che si crede un genitore possa voler vedere per convincersi all’acquisto, men che meno se lo si fa tramite immagine stereotipate e/o sessiste.


SEGNALAZIONE E COMMENTO

L’espressione dell’opinione relativa agli spot – spesso più della segnalazione degli stessi – può essere cruciale e determinante nello stimolare i marchi a muoversi verso una direzione pubblicitaria diversa, più progressista e socialmente responsabile. Poiché l’unione fa la forza, come diversi casi hanno in passato dimostrato, invito tutti a prendersi il tempo per lasciare commenti sulle pagine ufficiali e/o inviare email ai marchi interessati. A seguire, i dati per lo spot menzionato nell’articolo:


*Personalmente ritengo che non ci sia ragione di dare per contato che sia un maschietto. A tutti gli effetti non ci sono motivazioni per farlo né basi sulle quali farlo ma, oltre a sapere bene che la mancanza di esplicita caratterizzazione genderizzata farà percepire il soggetto come maschile ai più – sempre tristemente illuminante percepire l’ovvietà dei condizionamenti subiti – la stessa agenzia pubblicitaria ha parlato di figlio e bambino, quindi non c’è dubbio.

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