Teneroni – C’è Meno Gusto a Usare Gli Stereotipi

Buona domenica, lettrici e lettori. Con l’articolo di oggi diamo il benvenuto a una new entry nella categoria degli spot di prodotti alimentari, una delle più prolifiche per quanto concerne la propagazione e la preservazione degli stereotipi di genere. Cercando di non lasciarci addolcire dal nome dell’alimento, guardiamo insieme l’ultima pubblicità dei Teneroni.

Una donna coglie in flagrante sua figlia che imbratta una parete dell’abitazione. Per togliersi dai guai, la bimba pensa bene di esibirsi in una smielata dichiarazione d’amore, con tanto di occhioni dolci finali. Pur nella consapevolezza che la piccina stia solo cercando un modo di evitare la strigliata, il cuore della donna si scioglie. Nella schermata successiva, la bimba è seduta a tavola con suo padre, mentre la madre le serve il tenerone e il narratore ci parla della rapidità di cottura del prodotto. Lo spot si conclude con una breve interazione in cui l’uomo palesa il suo stupore per il perdono ricevuto dalla piccola, che gli spiega che non è servito altro che far la tenerona. Et voilà. Parliamone.

Chiunque non si sia lasciato ingannare e trascinare dalla narrativa della bimba tenerona non avrà fatto fatica a notare immediatamente i due elementi che maggiormente caratterizzano l’espressione degli stereotipi e dei ruoli genere nella pubblicità.

Come avviene nella quasi totalità delle occorrenze in cui la figura maschile non è assente in quanto da intendersi come fuori a lavoro (per darci oggi, e domani pure, il nostro pane quotidiano), qui la vediamo presente ma rigorosamente e spudoratamente passiva, come si conviene secondo stereotipo. Nei pochi secondi dello spot possiamo osservare diverse attività domestiche, ma il nostro uomo non partecipa a nessuna. Anzi, l’unica azione che svolge è facilmente interpretabile come controproducente nell’ottica del ruolo genitoriale (mi vien da pensare che per primo abbiano mangiato Pasta Garofalo, che dite?).

Sebbene la bimba l’abbia combinata grossa e se la sia cavata senza neppure mezza ramanzina, piuttosto che dirgliene due – non necessariamente con toni di secco rimprovero, bensì anche con eventuale amorevolezza – o operare con complicità con la sua compagna al fine di comunicare un positivo messaggio alla figliola, il padre si mostra positivamente sorpreso e persino compiaciuto (con un “Ti ha perdonato!?” che ci lascia altresì immaginare che la donna sia solita non perdonare, tanto la figlia quanto – possiamo immaginare – lui. Ah, questa donna arpia e rompiscatole).

Il fatto che, in quanto genitore, anche a lui sarebbe spettato svolgere un ruolo nella faccenda, sembra non sfiorare questo signore, che se ne tira fuori con nonchalance. Ma cosa dico? Non serve che se ne tiri fuori perché non s’è mai sentito coinvolto neppure per sbaglio.

Insomma: come al solito, pessima rappresentazione della figura maschile sia nell’ambito domestico che in quello nella cura.

Teneroni
“Ma che, davero? T’ha perdonata? Wow, figata! Poi me dici com’hai fatto!”

L’altro punto, quello nei cui confronti abbiamo sviluppato una familiarità tale da indurre conati di vomito, è ovviamente quello dell’eroina della pubblicità Italiana: la casalinga-madre-moglie!

È a lei che spetta confrontarsi con il pasticcio della bambina e non solo non viene messo in dubbio che sia suo compito, ma il compagno opta per la ricerca di complicità con la piccola, piuttosto che per un saggio ed educativo dar man forte a lei.

È a lei che spetta servire in tavola il prodotto pubblicizzato. Come solitamente accade, infatti, il resto della famiglia è già bell’e comodo, seduto a tavola a mangiare o in attesa del pasto. Il marito della donna non mostra neppure il minimo intento di darle una mano.

Sapete cosa NON spetta a lei? Sedersi e mangiare. Perché mentre figlia e marito mangiano e interagiscono amichevolmente tra loro, cos’è che fa la nostra casalinga-moglie-mamma? Si siede e mangia? Che oltraggio! Non crederete mica che sia una scansafatiche!? La nostra signora dei Teneroni è una casalinga di prima scelta, che sa che il tempo non utilizzato per svolgere le faccende è tempo sprecato. Ecco perché mentre gli altri mangiano, lei decide di pulire il piano cucina. Era proprio necessario aggiungere quest’altro tocco, eh? Quello del “cucina, serve ma non mangia” è un vero e proprio schema proposto da molti marchi (Garofalo, Barilla, Luciana Mosconi, Polenta Valsugana, PataSnella, per menzionare quelli di cui ho già parlato). Dovrebbe sollevare riflessioni.

Teneroni
“Ciao, belli. Buon appetito. Fate con comodo. Io vado a pulì. 😁”

Ora, non ci piove che la gran parte delle scelte narrative operate nella realizzazione della pubblicità siano legate meramente al desiderio di rendere centrale il gioco linguistico e concettuale con il nome dei Teneroni. Il problema è che questo intento non giustifica in alcun modo la decisione di poggiare la costruzione del contesto su un agglomerato di stereotipi di genere connessi con l’ambito familiare e non solo. Sarebbe stato tranquillamente possibile preservare il nocciolo contenutistico (l’elemento della tenerezza) senza per questo rappresentare il tradizionale angelo del focolare, l’uomo che non si degna di alzare un dito sul piano domestico e della cura, e il femminile utilizzo degli “occhi dolci” per tirarsi fuori dai guai, che ricorda non troppo alla lontana la più adulta narrativa del sedurre per ottenere, legata a una specifica immagine della donna che ancora fatica a scomparire.

Invece di usare i dettagli per contribuire al rinforzo di immaginari sessisti e stereotipati, li si sarebbe potuti usare per presentare un panorama familiare che si distacchi da quel tipo di comunicazione. Per buttar giù un’idea, l’uomo avrebbe potuto preparare e servire la cena mentre la donna era impegnata a confrontarsi con la figlia – cosa che avrebbero potuto fare anche entrambi. Alla fine dello spot, poi, i due avrebbero potuto – insieme e con complicità – far capire alla figliola che la prossima volta non se la sarebbe cavata facendo la tenerona, prendendo due piccioni con una fava: 1) eliminare il potenziale diseducativo del messaggio veicolato – posso far quel che voglio tanto basta far gli occhi dolci e dir cose carine, e 2) mostrare una sana, positiva e formativa interazione genitori-figli.

Teneroni

Per le motivazioni esposte, questa pubblicità dei Teneroni Casa Modena non può salvarsi dalla mia bocciatura. Bisogna smettere di essere ciechi di fronte alla sovrabbondanza di rappresentazioni che si basano su ritratti profondamente stereotipati del vivere in famiglia, dell’essere donne e madri (e casalinghe) e dell’essere uomini e padri. È cruciale se vogliamo sradicare preconcetti e convinzioni dannosi. Non dimentichiamo che sono numerosi gli Italiani genuinamente convinti che talune attività SPETTINO alle donne in quanto donne (e talune altre agli uomini in quanto tali), con tutte le conseguenze del caso. Spot come quello dei Teneroni stringono la mano e danno una pacca sulla spalla a tutti questi individui, confortandoli nelle loro convinzioni e, al contempo, ostacolando e rallentando il progresso in termini di liberazione degli individui e del loro pieno potenziale di realizzazione.

Se condividete i miei pensieri relativi alla pubblicità trattata nell’articolo, vi invito a cliccare sui link qui in basso per comunicare la vostra al marchio.

Alla prossima e, mi raccomando, occhio agli spot!


SEGNALAZIONE E COMMENTO

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