Un Asteroide sulla Polemica sugli spot Buondì Motta

Ho atteso a lungo prima di decidermi a scrivere sull’ultima campagna pubblicitaria Buondì Motta, quella di cui innumerevoli testate, associazioni e persone di tutto il paese hanno discusso e stanno discutendo animatamente. La ragione di questa scelta è stata dovuta al mio provare sentimenti fortemente contrastanti nei riguardi dello spot (l’unico visto in onda, finora – gli altri li ho visionati online). Ma andiamo con ordine, partendo con l’osservazione della pubblicità incriminata.

Cosa succede? Una vivacissima bambina dalla parlata insolitamente – e quasi surrealmente – forbita (pr la sua età) corre da sua madre per esprimere il desiderio di una colazione leggera e golosa. La madre, perfetto riflesso adulto dell’immagine della bimba, con certezza e serenità comunica a sua figlia il fatto che una simile colazione non esiste e, per dimostrare la sua certezza, pronuncia la fatidica frase: “Possa un asteroide colpirmi, se esiste“. Ed eccolo lì, l’asteroide, che colpisce la donna che ha osato avanzare scetticismo circa l’esistenza dei Buondì Motta.

La visione dello spot ha lasciato a bocca aperta una gamma piuttosto variegata di spettatori. Tra le critiche più sentite sono state quelle connesse alla presunta natura sessista e stereotipata dello stesso. Questo genere di critica si basa sulla rappresentazione di madre e figlia, a partire dall’interesse della bambina per la leggerezza della colazione, che certo non è una naturale priorità, per i bambini (e dunque suggerirebbe il condizionamento riferito all’attenzione per la linea), proseguendo per il set espressivo e comportamentale che codifica sia lei che la madre come vanesie e spocchiose.

La morte della donna, così improvvisa e brutale, inoltre, è stata oggetto di una critica prevalentemente connessa con il contesto sociale attuale, che vede tematiche legate a violenza di genere e femminicidi in grande – e meritata – evidenza pubblica. Della serie che ci mancava soltanto la legittimazione da parte degli spot…

A mitigare la validità, per così dire, di questo filone di critiche, c’è il fatto che la campagna non è costituita unicamente da uno spot. Oltre a quello con la madre, infatti, esistono quello con il padre e quello con il postino. Vediamo un po’ quello con la figura paterna:

Il padre della bambina, con caratteri espressivi e comportamentali del tutto in linea con quelli della madre, a completare il quadro familiare, esprime uno scetticismo simile a quello della donna (mi ha ricordato un po’ Ned Flanders, addirittura) e, proprio come lei, finisce schiacciato da un asteroide.

Ora, il fatto che esistano versioni che chiarificano che la morte della madre non sia in alcun modo legata al suo essere donna (il padre subisce lo stesso identico trattamento) e che non lo sia neppure la spocchiosità (ancora, l’uomo non è differente), vanifica il senso centrale di quelle critiche.

Ciò è, però, vero meramente alla luce della conoscenza degli altri spot, e non può essere parte della prospettiva di coloro che sono stati esposti solamente a quello con la madre. In quell’ottica, il considerare inappropriata o offensiva la riproduzione di uno scenario come quello mostrato nello spot, non costitusce una reazione realmente esagerata, né lo diventa se centinaia di persone online scelgono di deridere o sminuire tali posizioni, anche arrivando all’insulto, in alcuni casi.

Lo stesso vale per quanto concerne la rappresentazione dei personaggi. Sebbene sia palese che si tratti di una scelta specificatamente voluta e intenzionale, qualora non si sappia ancora che la connotazione decisa è estesa a tutti i membri della famiglia, percepire remore concernenti la rappresentazione delle due figure femminili (dopo aver visto solo il primo spot) non è assurdo, anche qui alla luce del fatto che il rappresentare la donna in modi discutibili e poco lusinghieri è ancora pratica estremamente comune. Non si tratta in modo alcuno di bigottismo & company, ma di una reazione a un certo stato delle cose effettivamente presente.

Di contro, tra le correnti di difesa che mi han fatto storcere il naso c’è quella, diffusissima, che vuole la campagna automaticamente innocua, di livello e meritevole di plausi già per il solo fatto di essere stata realizzata da uno studio rinomato (Saatchi & Saatchi). Eppure sono piuttosto sicura che gran parte delle persone che hanno scelto di accodarsi a questa corrente sappiano molto bene, a essere oneste, che né la fama o il prestigio acquisiti in passato né tantomeno la qualità di progetti realizzati precedentemente possono garantire in alcun modo la qualità di quelli futuri. Tuttavia in molti optano per quest’argomentazione per asserire e rinforzare la validità della propria posizione.


Ma consentitemi di dire la mia, a questo punto.
Ebbene, la mia opinione circa la campagna pubblicitaria dei Buondì Motta non è negativa, ma non è neppure positiva.
La piuttosto facilmente percepibile (guardando tutti gli spot) intenzione di dissacrare l’immagine della famiglia composta e perfettina che storicamente domina le pubblicità di prodotti per la colazione (la rappresentazione stereotipata non è fine a sé stessa – come è invece, ad esempio, negli spot di cui ho finora parlato sul blog – ma pare connotarsi come una critica/ridicolizzazione di quella effettivamente presente in altre pubblicità), è interessante e fresca. Considerando quanto personalmente tenga all’integrazione di maggior creatività e allo sradicamento dei soliti canoni e dei soliti stereotipi che dominano il panorama mediatico e pubblicitario, l’intento di per sé ottiene il mio consenso.
Non mi riesce, però, di concedere un pieno consenso a un altro aspetto fondamentale, ossia la scelta del modo in cui materializzare l’intento – l’asteroide assassino, insomma.
Se è vero – e lo è – che agli occhi di molti giovani e adulti il momento della caduta può generare interessato stupore e/o ilarità, è anche vero che la campagna pare aver voluto priorizzare questo shock-value al punto tale da non considerare l’eventualità del fatto che l’utenza esposta agli spot sarebbe stata composta anche da bambini – coloro che, peraltro, dovrebbero consumare il prodotto. Checché noi, da adulti più o meno giovani, possiamo credere (in particolar modo chi tra noi ha dimenticato quanto poco basti a provocare reazioni traumatiche che permangano nel tempo), la visione dell’improvvisa morte di una figura genitoriale – ancor più in quanto non seguita, anzi, da elementi che attutiscano il colpo comunicando un’ovvia comicità (quella dello spot non può essere di facile digestione per una mente bambina), ha il potenziale di avere un impatto considerevole alla vista dagli occhi di un bambino – soprattutto se si considera l’importanza suprema e dal valore quasi divino che viene conferita ai genitori e alla loro presenza. Se esposto da solo, senza nessuno che (ove necessario – e ove si renda conto che sia necessario) possa aiutarlo a metabolizzare il contenuto comunicandone l’essenza e l’intento, la visione dello spot potrebbe persino tramutarsi in un’esperienza traumatica, cui saranno associate specifici sentimenti negativi.

Si può scegliere di ignorare quest’aspetto, in favore del perpetuare e supportare una specifica opinione, ma personalmente consiglio di valutarlo e comprenderlo nella formazione dell’opinione stessa.

In conclusione, sebbene molte delle critiche ricevute dalla campagna possano, a mio avviso, essere confutate con relativa facilità, si tratta comunque di un set di spot che possiede un potenziale problematico che non va ignorato o scartato al grido dei vari “Bigotti!”, “Eddai, un po’ di ironia” – che sì, incontreranno un certo consenso popolare e vi faranno guadagnare qualche like, ma non aiuteranno a portare avanti produttivamente il discorso sulla pubblicità dei Buondì.

Fintantoché sembrerà opportuno continuare a farlo, l’invito è quello a discutere cercando di valutare i vari aspetti in gioco, facendo però cascare un bell’asteroide infuocato sulle polemiche sterili, di cui nessuno ha bisogno.

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