Veet & Company – Abbandonate Ogni Pelo, o Voi Ch’Uscite

Amiche (mi rivolgo a voi per ragioni che diventeranno ovvie, ma la lettura da parte di ragazzi e uomini è benvenuta e gradita), è tornato quel periodo dell’anno. L’estate è ormai arrivata ed è importantissimo che vi ricordiate che fate davvero schifo. Tormentatevi sui rotolini di ciccia, angustiatevi giorno per giorno all’idea di non aver rimosso accuratamente i peli e che qualcuno possa notare la – ugh – disgustosa ricrescita, struggetevi nel faccia a faccia con la cellulite, mentre vi osservate con attenzione più che chirurgica allo specchio. Forza, che dalla vostra ci sono le care aziende che ci promettono una mano nel rendervi perfette. Se volete che le vostre gambe da femmina siano degne di prendere aria in questo mondo, ascoltate il consiglio di Veet.

Una giovane donna, sparaflashata di pastellosità e luminosità che neppure D’Urso, si china ad allacciarsi le scarpe e finisce, con estrema naturalezza e spontaneità, a carezzarsi le gambe, scoprendole con orrore non perfette! Meno male che ci sono le strisce Veet Easy Gel con i loro durevoli effetti, che consentono alla protagonista di andare a correre – attività che altrimenti non avrebbe potuto espletare! Grazie, Veet! Parliamone.


Andiamo con ordine, ‘ché ce ne sono di cose da scrivere.
Partiamo proprio dal principio; dalle parole pronunciate nello spot Veet. Sebbene a essere pubblicizzate siano delle strisce depilatorie, la narratrice non chiede alle donne se vogliono o sognano di rimuovere i peli (si dà per scontato che vogliano farlo; è un messaggio anche questo), per poi proporre un potenzialmente utile come. Non domanda neppure se sognino gambe “perfettamente lisce”. Domanda se sognino gambe perfette.

Sembra una semplicissima domanda, vero? Nient’altro che tre brevi parole, messe l’una accanto all’altra. Ma le parole non sono mai solo parole. Hanno significati e inviano messaggi. Soprattutto quando sono le parole utilizzate da un’azienda per convincere a vendere un prodotto. In quel caso hanno invariabile intento manipolatore. Veet lo sa. L’assunto su cui poggia la costruzione di quel “Sogni gambe perfette?” può passare inosservato, perché si tratta di messaggi già normalizzati nel sentire comune, ma ha implicazioni tremende. Questo perché partire da una posizione per cui per le donne sarebbe desiderabile avere gambe perfette (in cui la perfezione è un ideale irreale, irraggiungibile e differente a seconda di era e cultura) e che tali gambe, per essere perfette (elemento appunto non reale) debbano essere anche prive di peli, corrisponde ad affermare che le gambe delle donne sono intrinsecamente imperfette; i corpi delle donne sono per natura difettosi e necessitanti di migliorie.

Le gambe culturalmente insegnate come perfette – quindi senza di peli, cellulite, smagliature, vene in evidenza, e bibidi bobidi bù – sono, a tutti gli effetti, gambe non umane, gambe non da donna, perché è naturalmente umano e letteralmente (proprio così) femminile avere alcune di quelle caratteristiche (che questa parola vi appaia nel grassetto più pieno che possa esistere, che vi trafigga) che sono state rinominate “difetti” e “imperfezioni” per generare l’insicurezza spilla-denaro che le aziende desiderano che ogni donna apprenda il prima possibile.

Veet Easy Gel
Oh, no! Mi par di rilevare un accenno di punta di spauracchio di ricrescita di villo! Sono finita! Se solo esistesse un prodotto che possa salvarmi…

Grande peso hanno le scelte narrative che accompagnano la propagazione del messaggio base. Nello spot Veet vediamo come degli accuratamente invisibili peli super extra corti abbiano impedito alla protagonista di uscire di casa e andare a correre. La presenza di peluria – a prescindere dal grado di percettibilità e visibilità – è comunicata come un vero e proprio ostacolo all’esercizio di attività, al conseguimento di ciò che si desidera fare. Un elemento paralizzante, disabilitante. Un handicap. Uh, che vergogna sarebbe, ma ci pensi? E se qualcuno li vedesse? E anche se nessuno li vedesse, tu sai che ci sono e l’idea che possano essere visti non ti si toglierebbe dalla mente. Non avresti pace. No. Con i peli non s’ha da fare. Non si può fare. Non sta bene. Non è accettabile. O li togli, o ti copri, o te ne stai chiusa a casa. Dai, che c’è Veet a darti una man-una striscia!

Questo tipo di narrazione, con qualche minima e del tutto irrilevante variazione, è costante nelle pubblicità di prodotti per la depilazione. Ricordate la pubblicità Silk-épil? Il pelo come impedimento al vivere. Poi c’è lo spot Gillette Venus con Ferragni, in cui se non rimuovi i peli non potrai goderti l’estate. Per Depilzero, invece, i peli compromettono la vita sociale, rovinano serate e rapporti con fidanzati (che dei certamente più folti peli non devono invece preoccuparsi – perché è il corpo di donna che rende il pelo inaccettabile, non il pelo a esserlo di per sé, nella nostra cultura).

Veet Easy Gel
Mannaggina, mannaggetto. E mo come lo levo st’invisibile boschetto? Vi piace quest’espressione da bimba accigliata? Non è adorabile l’infantilizzazione delle donne?

“Se non fai questa cosa, succederà quest’altra cosa”; “Fai questa cosa se non vuoi che succeda questa cosa”. Com’è che si chiama il concetto alla base di simili messaggi? Si chiama RICATTO.
Il ricatto è lo strumento di marketing utilizzato per vendere prodotti per la depilazione alle donne. Tanto da Veet quanto dalle altre aziende. Le ragazze e le donne vengono moralmente ricattata con l’idea (espressa senza alcuna remora, con grande esplicitazione, tanto ormai ce l’hanno fatta digerire per bene) che se oseranno non rimuovere i propri peli non potranno vivere, non potranno star fuori serene, non potranno essere sicure di sé, non potranno divertirsi e godersi l’estate, non potranno essere amate o avere una vita sociale soddisfacente. Possiamo provare quanto ci pare a sostenere il contrario (soprattutto perché è più confortevole pensare che sia così, me ne rendo conto), ma non è concessa una reale libertà, non culturalmente – e noi in cultura e di cultura viviamo. Nel qui e nell’ora, le donne che non si depilano sono a conti fatti donne che scelgono di non cedere a un ricatto sociale. E come tutte le persone che scelgono di non cedere a ricatti, prendono una decisione che può essere sofferta (insicurezza, imbarazzo e timori dati dalla consapevolezza del fatto di fare qualcosa di reputato socialmente indesiderabile non scompaiono certo come se nulla fosse; è sempre la stessa la cultura nella quale viviamo) e che può avere (che ha) conseguenze.

E mentre, al fine e con l’effetto di rinforzare ulteriormente l’idea di inaccettabilità, i media censurano in modo categorico i peli – tutti i peli – dei corpi femminili, trasformati in spaventosi fantasmi che è assolutamente vietato mostrare (come mi diverte e rattrista sempre sottolineare, se una specie aliena dovesse conoscere quella umana solo tramite comunicazioni mediatiche, avrebbe tutte le ragioni di sviluppare l’idea che le femmine siano glabre. I nostri corpi sono ritenuti improponibili e ci hanno abituate a pensare che sia giusto e normale che sia così), quelli maschili godono di visibilità e di un evidente intento rappresentativo positivo riscontrabile soprattutto nell’osservazione della tipologia di rimozione di peli più comune nel sesso maschile: la rasatura della barba (qualsiasi altro tipo di depilazione maschile è ancora occorrenza assolutamente rara rispetto alla norma – chiunque abbia onestà intellettuale e occhi aperti lo sa benissimo).

Veet
Finalmente posso essere all’aria aperta. Finalmente posso correre, senza rischiare di sentire il vento sulle gambe! I peli cattivi mi volevano immobile. Veet mi ha liberata.
ps: si noti in piccolo l’appunto sullo studio d’efficacia fatto praticamente su nessuna (appena 30 consumatrici).

Ma, nonostante sia una pratica oltremodo più diffusa rispetto alla depilazione di altre parti del corpo, la figura maschile media nel contesto pubblicitario italiano è…dotata di barba! Nelle pubblicità, gli uomini barbuti dominano in modo assoluto su quelli sbarbati; sono lo standard (ho iniziato a farci caso all’inizio di quest’anno). Avere la barba è tutto fuorché comunicato come indesiderabile. All’opposto. Quando Veet propone la sua crema depilatoria maschile, non solo non si fa problemi a mostrare peli, ma soprattutto non ci mostra un uomo atterrito perché la presenza di peli gli impedisce di uscire. Nessun ricatto. Ci mostra uomini allegri e sicuri di sé in più contesti, senza mostrarceli insicuri in presenza di peli. Depilarsi è una possibilità che possono apprezzare e aver piacere di considerare; non è un dovere. Ragazze e donne con peli ascellari e sulle gambe, invece? Orrore! Cancelliamo quest’immagine dall’esistenza! Facciamo finta che non esista, e le ragazze/donne si adegueranno spontaneamente, senza neppure accorgersene, alla verità/realtà che abbiamo deciso per loro.

Depilzero
Oh, no! Il pelo molestatore c’ha rovinato la serata! Chi diavolo vorrebbe mettere le mani su gambe pelose (salvo essere gambe di uomo; allora i peli diventano magicamente okay). Niente amore, niente coccole, niente sesso coi peli. Afferrato, donne? Parola di DepilZero.

Sul piano culturale e di marketing quello perseguito è un lavoro tanto semplice quanto disgustoso. Si costruisce e diffonde la convinzione che il corpo delle donne sia pieno di problemi socialmente inaccettabili, mediante strategie che comprendono la patologizzazione di caratteristiche fisiche (e pancetta, e cellulite, e peli, e seni troppo piccoli, e seni cadenti, e smagliature, e sederi grandi, e sederi piatti, e sederi bassi, e fianchi larghi, e fianchi stretti, e spalle larghe, e nasi grandi, e labbra sottili, e forma della vulva, e odore vaginale, e un’infinità di altre cose). Poi si educano le femmine della specie, quanto prima dall’infanzia (e noi facciamo un lavoro coi fiocchi – chiunque sia mai entrato in un negozio di giocattoli con occhi aperti lo sa benissimo), al fatto che il raggiungimento e mantenimento di un ideale estetico di perfezione – secondo standard – siano per loro una priorità assoluta, e che sia di grande importanza ottenere approvazione altrui in tal senso. Una volta convinte milioni di normalissime persone di essere rotte e che per stare bene, vivere serene o addirittura per essere amate, devono essere aggiustate secondo canoni predefiniti, viene conferito un potere enorme nelle mani delle aziende che si propongono di offrire gli strumenti per salvare le donne dal loro naturale stato di rottura e inaccettabilità. Il benessere, il denaro, il tempo di milioni di donne viene ceduto (solo apparentemente in modo libero e volontario) per aggiustare qualcosa di non rotto. Parliamo di un’industria che trae profitto dall’insinuare insicurezza e odio per sé nel proprio target di riferimento, presentandosi come glamour, pop e luminosa. È un mostro travestito, che verrebbe distrutto in men che non si dica se d’un tratto le donne realizzassero che non vanno aggiustate, che non sono imperfette (non c’è perfezione, non c’è perfezione, non c’è perfezione), che il loro corpo non è disgustoso.

Sono decenni che questa realtà è ormai stata portata alla luce (sebbene in una luce sempre accuratamente tenuta in ombra e sovrastata da altre narrative), discussa e trattata da decine di autrici. E questa è la triste ma importante prova che la verità non è destinata a trionfare a prescindere da tutto. Non lo è. Non ci inganniamo che lo sia. La verità può soccombere, come infatti soccombe, sotto il potere del marketing, sotto la brama di denaro, sotto la bieca indifferenza per le persone, e in particolare per le donne. Guardate quanto ci sembra normale che le aziende facciano di tutto per vendere. Guardate con quanta facilità mettiamo tutto da parte con un “eh, vabbè, le cose stanno così”, e con quanta facilità ci puntiamo le dita reciprocamente attribuendoci piena o prevalente responsabilità del risultato di una situazione di cui siamo banali vittime (non ci piace pensare di esserlo, eh? Lo so), piuttosto che puntarle in alto, a chi fa soldi – consapevolmente e intenzionalmente – sul nostro disagio. Anche questa arrendevolezza è parte della nostra educazione, ed è arma molto efficace nell’ostacolare il superamento dello stato attuale.

Depilzero
Il messaggio è chiaro: i peli, i vostri corpi naturali, compromettono la vostra vita sociale e romantica. DOVETE rimuoverli se volete godervi la vita.

Oltre a non poter essere rappresentazione del malleabile e irreale spettro della perfezione (a tal proposito mi vien da pensare che le persone religiose dovrebbero rifiutare con ancora meno indugio una narrazione che insiste sul fatto che il proprio corpo non sia perfetto com’è per natura…), i corpi privi di peli, maschili o femminili che siano, non sono intrinsecamente più belli. La peluria è parte dei corpi adulti, ed è naturalmente assente solo in quelli infantili – questo, che ci piaccia o no, ha valore nell’analisi del peso e della significazione che ha la cultura della glabrietà della femmina adulta. La nostra percezione relativamente a quanto reputato piacevole, desiderabile o attraente non è immune alle influenze culturali (ci sono zero possibilità che sia immune; zero) e può anzi esserne profondamente influenzata. Questo è qualcosa di cui è cruciale tenere conto quando parliamo o discutiamo di queste tematiche, altrimenti è inevitabile ridursi a considerazioni superficiali pensando di trovarsi in un allegro contesto di scelte personali. Pura illusione. Ciò non significa necessariamente che nessuna delle nostre preferenze sia genuina, ma solo che non è possibile stabilire con piena certezza quali lo siano e, ancor più, quanto lo siano. Non possiamo sapere, insomma, se una donna che trova (o pensa di trovare, o si è convinta di trovare o come altro volete metterla) schifosi i peli femminili sarebbe stata dello stesso parere in un’epoca in cui questi non erano socialmente stigmatizzati come lo sono oggi, ed è anzi del tutto verosimile ipotizzare che così non sarebbe. Accettare i limiti della nostra libertà quando si tratta di scelte e persino di preferenze può essere molto dura, ma è importante, sopra ogni cosa.

DepilZero
“Aspettate, che c’ho li peli!!!”
L’estate è fatta per godersi ogni momento, quindi…non radert- err, raditi velocemente!
Altro che 5 minuti e 5 minuti. Potresti essere pronta in 0. Ma poi non potresti goderti l’estate, perché…PELI!

Volete vendere strisce depilatorie? D’accordo. Non intendo sindacare sulla libertà di proporre un prodotto. E nulla da dire sulla depilazione proposta come una possibilità – sempre a patto che sia proposta come possibilità in modo equo e uguale per ambo i sessi (non c’è ragione affinché sia comunicata come appannaggio femminile. I peli sono naturali per i corpi maschili tanto quanto lo sono per quelli femminili; è importante ripeterlo perché, anche se razionalmente è fatto chiaro a molte persone, spesso non raggiunge un livello di convinzione inconsciamente radicata – tale è il potere dei condizionamenti). Ma nel momento in cui cascate nella presentazione dell’atto depilatorio come necessità e bisogno per esistere, stare bene ed essere accettabili, nel momento in cui costruite una comunicazione basata sull’esplicita allusione al fatto che la presenza di peli impedisca di metter naso (gambe) fuori casa, far quel che si vuole e divertirsi, non state più promuovendo un prodotto: state facendo una chiara dichiarazione di guerra alle donne.
Il vero nemico non sono i peli.

Se volete dire la vostra a Veet, Gillette e DepilZero, fate riferimento ai link qui in basso.
Per scoprire la pochezza di Veet anche nell’ambito della promozione social, tra principesse e rospi che vorranno baciarle perché hanno gambe lisce, in un grossolano tentativo di cavalcare l’onda del non-femminismo commerciale spacciato per femminismo, vi rimando a questo articolo.

Alla prossima e, mi raccomando, occhio agli spot.


ps: questo è un consiglio spassionato che mi sento di dare a tutte, a prescindere da come agiate (e anche a prescindere da quanto tale agire sia influenzato – in questo senso non importa) relativamente ai vostri peli. La censura mediatica ci rende distanti e distaccate l’una dall’altra e ciascuna dal proprio corpo, ostacolando qualsiasi possibilità di abbracciare l’esistenza dei peli. Non ci vengono mostrate? Fanno sì che non ne vediamo da nessuna parte? E allora cerchiamole. Il mio invito è quello di cercare attivamente immagini (o video) di donne che si lasciano crescere i peli. Ciò, badate, senza alcuna ipotesi di pressione nel seguire lo stesso percorso, bensì già solo per consentire alle nostre menti di assimilare una naturale realtà che ci è stata fatta interiorizzare come inaccettabile. L’impatto iniziale può non essere facile, ma datevi una possibilità. Abituarsi a confrontare con occhi e menti aperti la verità del corpo femminile nella sua piena naturalità (quando questa ci è resa socialmente e culturalmente inaccessibile senza che possiamo farci nulla) ha un grande potere. Mi renderebbe felice se tutte riuscissimo ad acquisirlo.


SEGNALAZIONE E COMMENTO

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