Occhio allo Spot

Ehi!

Scrivo quest’articolo per informare della terminazione dell’aggiornamento del blog.

Non entro nel merito delle ragioni perché non è questione di questo o quello; è il risultato di una formula composta da vari elementi. Nessuno di questi, naturalmente, riguarda il mio interesse per le tematiche trattate su questo blog.

Detto questo, non prendetemi troppo alla lettera.

Se fra qualche mese mi trovassi a vedere uno spot terribile e avessi per le mani voglia e tempo di scriverne, non esiterò a buttar giù qualcosa e pubblicarla qui. È l’impegno personale di portare avanti questo spazio online (e ancor più quello su Twitter) quello che intendo lasciarmi alle spalle, non il desiderio di vedere distrutte quelle insopportabili catene che sono gli stereotipi sui due sessi.

Non è da me scrivere frasette di convenzione su rammarico e amarezza. Mi annoia anche solo il pensiero. Quindi evitiamo. Di tutto, quello che ricorderò con più piacere sono i momenti in cui, fresca di visione di qualche orrore pubblicitario, mi fiondavo al computer per scrivere quello che mi veniva in mente. Le dita si muovevano da sole.

Se spazio per sentimenti negativi non voglio lasciarne, quello per i positivi abbonda. In particolare la gratitudine per ogni singola persona che abbia letto gli articoli del blog anche solo una volta, magari pure non apprezzandoli. Ancor più grata sono a chi ha seguito questo percorso più da vicino, leggendo con regolarità e anche scrivendomi in privato.

Poi c’è la soddisfazione di aver condiviso spunti di riflessione che hanno condotto più d’una persona a rivedere le proprie posizioni (senza contare quanto il mio stesso pensiero si sia evoluto nel corso dell’esperienza), ad accorgersi di cose che risultavano invisibili pur essendo sotto il naso, ad acquisire nuove prospettive. Di contro, è stata dura constatare come, in alcuni casi, ciò abbia portato a un senso di frustrata arrendevolezza e impotenza, invece che a rinvigorita motivazione, come avrei invece sperato.

Eppure una cosa la so, perché la memoria non mi inganna. Il panorama pubblicitario generico che lascio adesso è molto diverso da quello che mi ha spinta a iniziare questo blog quasi quattro anni fa. Certo, di tanto in tanto spunta ancora qualche orrore indicibile. E certo, chi ha gli occhi belli aperti non fa fatica a individuare alcune dinamiche dure a morire. Ma quattro anni fa era impensabile vedere l’attuale quantità di uomini alle prese con attività domestiche e di cura, in assenza di donne o con donne dedite ad altro. Ci sono voluti anni, ma Pampers, la prima azienda di cui scrissi, al tempo, ha deciso di rassegnarsi al fatto che cambiare pannolini non sia solo affare da donne.

Se posso lasciare uno spunto a chi è interessata o interessato a questi temi (stereotipi, sessismo e rappresentazione dei sessi in media e pubblicità), è quello di focalizzare l’attenzione sulla categoria di prodotti del cosiddetto settore “beauty“, con tutte le virgolette del mondo. È lì che si continuano a prestare gli sforzi maggiori connessi con il controllo dell’esperienza di ragazze e donne (a breve, ma soprattutto a lungo termine) nella società e nella cultura. Immunizzarsi a quelle comunicazioni manipolatorie e incoraggiare altre a immunizzarsi è cruciale per una effettiva – e non puramente di facciata, perché quella va alla grandissima – liberazione femminile.

L’altro punto dolente, e questo tanto se non più di quanto fosse quattro anni fa, è quello della divisione dei prodotti dell’infanzia per sesso, sulla base di stereotipi sessisti. Il mio desiderio è che, in particolare chi è in contatto diretto e costante con bimbe e bimbi (quindi insegnanti e genitori in primis) comprenda che avere a cuore questa questione è di primaria importanza per tutelare bambini e bambine, incoraggiando e supportando uno sviluppo libero e fedele alle individualità di ciascuno e ciascuna. C’è tanto che si può fare nelle scuole e nelle famiglie per contrastare la pressione al conformismo a rigidi modelli ingiustamente divisi per sesso. Il gigante può essere abbattuto.

Non dimenticate che i due minuti che servono a scrivere un’email a un’azienda possono fare la differenza. L’hanno fatto più di una volta. Ultimo consiglio. So bene che il contesto social online non favorisce (fa anzi il contrario e con grande efficacia), ma se qualcosa ci fa storcere il naso, amareggiare o persino imbestialire, non prolunghiamo il sentimento più del necessario. Non mettiamoci a sguazzarvi dentro. Assaporiamolo per qualche istante e abituiamoci a trasmutarlo quanto prima in determinazione e motivazione. In azione. È più semplice e veloce di quanto possa sembrare.

Un augurio di buona liberazione e buona vita a tutti e, soprattutto, a tutte.

E, mi raccomando, occhio agli spot!


ps: Wi**i’s che mi ha fatta contattare da un avvocato minacciandomi di denuncia per diffamazione resterà per sempre in un angolo del mio cuore che rivisiterò ogni volta che avrò voglia di farmi grasse risate.

 

Precedente Della Femminilità