Crodino, l’Analcolico Biondo che Stereotipizza il Mondo

L’articolo di oggi è dedicato a una campagna pubblicitaria che proprio non riesco a mandar giù, per ragioni che avrò modo di spiegarvi. La categoria di prodotto è quella delle bevande (in particolare quella degli aperitivi) e il marchio è Crodino. Vediamo insieme il primo spot, Barista:

Un gruppo composto da sette uomini osserva, quasi in trance, Paola, la nuova barista del locale, intenta a svolgere il suo lavoro. L’involucro del target nonché narratore – l’attore Owen Wilson – ci comunica che, per l’occorrenza, tutti i suoi amici si son messi a nuovo. Chi ha cambiato look, chi ha una nuova acconciatura, e chi il nuovo Crodino. Osservando sognante e sospirante Paola, Owen si lascia sfuggire un “belle le novità”. Parliamone.

Avevo il radar puntato su Crodino già da tempo, perché soffrivo con gran difficoltà la pubblicità sul rientro a casa, che strabordava di stereotipi di ogni tipo (zie petulanti, cugine…petulanti, padre brontolone che legge il giornale sulla poltrona, la mamma preoccupata per la presunta magrezza del figlio, ecc. Insomma, un’accozzaglia tremenda). Ma prima che arrivasse il tempo per me di scriverne, ecco che è spuntata questa nuova serie di spot, che mi ha praticamente costretta a fiondarmi sulla tastiera.

Tutti gli spot della campagna sono focalizzati su uno o più dei membri del gruppo di amici di Owen. Nella prima pubblicità – Barista – il focus è la fascinazione nei confronti della nuova barista. Ognuno dei membri del gruppo è irresistibilmente attratto da questa ragazza, al punto tale da modificare modo di vestire, parlare o acconciarsi i capelli al fine di conquistarla (essendo lei immediatamente connotata come potenziale preda, neppure il tempo di iniziare a lavorare). C’è anche chi già la sente sua.

L’unico e indiscusso sguardo presente nello spot è quello maschile; uno sguardo che utilizza come espediente comico lo stereotipo dell’uomo reso imbecille e imbambolato dinanzi a qualsiasi essere femminile reputato in qualche misura avvenente (non esistono gusti, perché l’uomo culturalmente inteso deve sentirsi attratto – o perlomeno far finta di sentirsi attratto – da ogni donna che sia considerabile generalmente attraente o che gli altri paiano reputare tale, pena essere additato come omosessuale, ossia quanto di più spaventoso ci sia in questa ridicola e svilente ottica).

Crodino
Questi uomini stanno fissando una donna che cerca di fare il suo lavoro. Fa nulla che sia orribile e inquietante, tanto lo spot dipinge la scena come divertente, rinforzando fantasie maschiliste.

Uno sguardo talmente cieco e centrato su di sé da non accorgersi di quanto il ritratto rappresentato si configuri come profondamente inquietante se visto dal punto di vista della barista che, badiamo bene, non interessa assolutamente a NESSUNO. Non è che mero oggetto di attenzioni. E dovremmo starcene qui, a far finta che sia divertente (perché come tale probabilmente lo reputa e intende comunicarlo chi ha realizzato il contenuto) guardare una donna che cerca di lavorare con sette uomini adulti imbambolati e sbavanti che la fissano e poi si avvicinano, rivolgendo sospiri e volti sognanti.

È un’immagine terrificante che può far ridere solo se circoscritta in un immaginario-fantasia maschile stereotipato. Terribile la parte in cui lei si accorge di loro, accenna un sorriso e loro reagiscono come degli assoluti decerebrati incapaci di intendere e di volere (se non lei, certo). Quanti dei ragazzi e degli uomini che osservano e ridono di questa rappresentazione, magari rivedendosi in questi “goffi predatori”, sanno che tanti, troppi, dei sorrisi rivolti dalle donne in circostanze simili sono di intimidita gentilezza, di inquieta cautela? Dipingere come divertente – andando a legittimare – la creazione di situazioni di disagio trasmette un messaggio profondamente negativo e potenzialmente pericoloso.

Crodini
Ci interessa una ragazza. Perché non metterla a disagio, accerchiarla e fissarla? Si sentirà benissimo e non vedrà l’ora di considerare le nostre perfettamente sane e piacevoli attenzioni.

Lo spot “Barista” è assolutamente insalvabile in ogni sua parte, ma anche le altre clip componenti la campagna meritano menzione per diverse ragioni, una delle quali è la scelta comunicata di donare una certa caratterizzazione di genere alla bevanda. Il Crodino viene mostrato come il gustoso collante che unisce e accompagna questi sette uomini nelle pause che si concedono per esternare le proprie essenze stereotipate. Le rappresentazioni femminili sono limitatissime e contenute nella sfera tanto amata dal male-gaze maschilista: donna vanesia, oggetto e/o sessualizzata. Come in questo spot, per esempio:

Ecco che troviamo Claudio “Settebellezze”, lo stereotipo dell’uomo che si vanta di finte conquiste. Quale miglior modo di rappresentare questa realtà dello riempire il bar di donne oggetto per lo più sessualizzate (tenniste, ballerine, nuotatrici…di tutte e di più) che corrono dietro al caro Claudio? Owen conclude pure con un bel “Magari”. Ovvio! Cos’altro potrebbe mai sognare un uomo fedele ai precetti di mascolinità comunemente trasmessi? Donne a disposizione a destra e a manca. Poi però, le fantasie dei nostri sette amici lasciano spazio a quel che in America si definirebbe come “bros before hos” (che in modo accuratamente e convenientemente non letterale potremmo tradurre con “prima gli amici, poi le donne”). Certo, quantomeno prima dell’arrivo della prossima barista, si intende. A quel punto tutti pronti ad avventarvisi addosso come fossero cani affamati e lei fosse una bistecca.

Non è finita qui, perché mentre gli altri non si curano più di tanto della pioggia e del vento portati dai racconti di Lucio “Millemiglia” che si vanta dei suoi viaggi (che li faccia davvero o meno non si sa, ma sembrerebbe sincero), l’unica donna inquadrata in quest’altra pubblicità ci viene mostrata come attenta a sistemarsi graziosamente e con fare naturalissimo la sua fluente chioma. E non dimentichiamoci del caro Pietro detto “Medaglia”, che si dichiara campione di tutti gli sport, sebbene tutti siano perfettamente consapevoli del fatto che non faccia altro che mentire per darsi tono, importanza e apparir meritevole.

Crodino
Intermezzo a caso per pubblicizzare uno shampoo.

Dove risiede la centralità problematica di queste pubblicità?
Non nell’oggettivazione femminile, né nell’assenza di donne attive nel consumo o nella narrativa, né ancora nella presenza di una sorta di men’s club, che determina una certa misura di genderizzazione della comunicazione pubblicitaria (chicca: sul sito ufficiale c’è un quiz per scoprire a quale personaggio si somiglia. Oltre ai clienti, si può essere anche il barista. Tutti, insomma, tranne l’unica donna. Bar, mondo da uomini; Crodino, bevanda da uomini). Tutti elementi negativissimi e ben meritevoli di attenzione, certo, ma non il fulcro problematico.

Il vero problema è, a mio avviso, la rappresentazione maschile.
Gli spot del Crodino dipingono una mascolinità arcaica e tossica, abbracciando con passione numerose stereotipizzazioni convenzionali e tradizionali che, tristemente, ancora adesso ben si associano all’ambiente del bar e non solo. Infatti penso proprio che Crodino abbia arbitrariamente deciso di rappresentare stereotipi (con l’aggiunta di stratagemmi narrativi che consentissero di comunicare l’oggettivazione femminile). Che idea brillante e creativa. Non han notato che la quasi interezza delle aziende fa esattamente la stessa cosa?
Perché superare questi immaginari quando possiamo glorificarli, no?

Crodino
“Ciao, sono una donna in abiti succinti che esce da un frigo. Non fate caso a me.”

Ecco che gli uomini ci vengono presentati come in balia dei propri ormoni, assorti nel proprio ego, ciechi e con zero considerazione nei confronti delle esigenze altrui. E ancora, ci vengono mostrati come dominati da un malsano spirito competitivo che li vede impegnati in modo ridicolmente disperato nel vantarsi dei propri conseguimenti; si tratti di viaggi, conquiste o sport. Che questi conseguimenti siano reali o meno non importa: definiscono questi uomini agli occhi propri e dei propri pari. Uomini adulti che mentono biecamente ai propri amici, che sanno e fingono di non sapere per non rompere il fasullo idillio della rincorsa all’ideale mascolino imposto, nel tentativo di mostrarsi come più coraggiosi, più avventurosi, più seducenti, più forti e sportivianche qui nel rispetto degli stereotipi di genere, sia mai che qualcuno inventi di essere il più abile ballerino di danza classica, il sarto più prolifico al mondo o colui maggiormente in grado di offrire supporto emotivo agli altri.

Ma questa gara del nulla non la vince proprio nessuno. Non la vince Piero, né Lucio né ancora Paolo (né Owen, orgoglioso capo-branco), tutti incatenati nella gabbia ricamata con le aspettative imposte dalla concezione di mascolinità inculcata sin dalla più tenera età. E quindi mentono pur di apparire come sono convinti di dover apparire, si allineano all’idea di schiavitù ormonale senza curarsi delle conseguenze, abbracciando una figura di uomo che soffoca ogni realistica possibilità di esprimersi nell’effettiva realtà della propria persona.
Queste immagini di uomo non sono simpatiche e non sono ammirevoli. Sono tristi; sono negative. E giammai andrebbero presentate come qualcosa con cui simpatizzare, al contrario di quanto avviene negli spot Crodino.

Crodino
Ritratto di donna attraverso il male-gaze:
– si è fatta notare;
– riempita di complimenti sul lavoro e non;
– tutti la amano;
– lei fa finta di non accorgersene;
– il barista è invidiato perché può stare accanto a una tal bellezza.
Insomma, soprammobile di bell’aspetto che esiste per appagare lo sguardo altrui e godere nel farlo. C’è chi presumibilmente trascorre vite intere senza realizzare che le donne siano esseri umani.

In conclusione, gli spot che compongono l’ultima campagna Crodino sono intrisi di messaggi tossici relativi alla rappresentazione dei sessi e dei loro rapporti, con chiara derivazione dal retaggio socioculturale maschilista. Non è facile dare consigli, in questo caso, perché un miglioramento dovrebbe necessariamente coincidere con un radicale cambio di tono della comunicazione commerciale (che già prima di questa serie era ricca di stereotipizzazioni). Sicuramente posso muovere un sentitissimo invito a porre una maggiore attenzione e una maggiore sensibilità nella delineazione delle figure e dei contesti che figurano negli spot. Potrebbe essere d’aiuto, in generale, capire che rinforzare gli stereotipi (in particolar modo quando evidentemente problematici)…NON è una saggia idea.

Se avete voglia di dire la vostra all’azienda, vi invito a contattarla usando i link qui in basso.

Alla prossima e, mi raccomando, occhio agli spot!


SEGNALAZIONE E COMMENTO

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