Man Box – Lo Shopping a Portata di Uomo, secondo Zalando

Quello di cui mi accingo a scrivere non è uno spot nuovissimo (sebbene pur sempre di quest’anno) e probabilmente se n’è già parlato ampiamente, ma ho comunque deciso di spenderci qualche parolina essendomelo trovato nuovamente dinanzi di recente.

Sto parlando della pubblicità del servizio Man Box di Zalando, un tripudio di sessismo, stereotipi e mascolinità tossica presentato da un personaggio pubblico di leva internazionale piuttosto amato.

La prima cosa che James Franco vuole sottolineare, è che agli uomini non piace lo shopping.
Primo orrore sessista.
Franco si pone come rappresentante/portavoce del maschio e come tale ci parla di cosa piace e cosa non piace all’uomo = cosa dovrebbe piacergli e cosa non dovrebbe piacergli se vuole considerarsi uomo; se è un uomo vero (si tracciano, dunque, le linee che determinano cosa non è maschio).

La realtà: Lo shopping, sia quello fisico che quello online, è un’attività piuttosto specifica che può risultare piacevole o meno a seconda dell’individuo che siamo, a prescindere dal sesso.1

Agli uomini piace pescare, giocare a tennis, cucinare…ma non fare shopping. No, quello no. Quella è roba da donne.

Ma potrebbe andare peggio, dai…
E infatti va peggio. Perché un’altra versione dello spot integra, alle frasi sessiste, anche stereotipi relativi agli uomini Italiani, come se le prime non fossero abbastanza a rendere questa campagna pubblicitaria oltremodo vergognosa.

“Uomini italiani, amate lo stile, si sa. Ma amate il vostro stile tanto quanto le donne? Il calcio? Ah, non credo”.

Gli uomini Italiani sono appassionati di donne, calcio e stile (tutti classicissimi stereotipi sugli Italiani che evidenziano una ributtante assenza di inclusività), ma…di quest’ultimo – lo stile – non troppo, altrimenti risulterebbero demascolinizzati e si avvicinerebbero al femminile, notoriamente amante dello stile e dello shopping. Ecco perché questi ometti hanno bisogno di un servizio fatto apposta per il loro essere così mascolinamente interessati alla moda nella sola misura in cui possano sentirsi ancora uomini…

Questo è quanto comunica questa versione dello spot del Man Box.
L’orrore sessista più shoccante della pubblicità, però, è condensato nella frase che la conclude:

“Perché non facciamo shopping, decidiamo”.

Oltre a riaffermare la concezione dello shopping come roba da donne e non da uomini, questa frase chiarisce in modo implicito (non così tanto) il fatto che, al contrario degli esponenti del sesso femminile (che amano lo shopping), quelli del sesso maschile prendono decisioni (ergo le donne mancano di capacità decisionale < concetto, peraltro, che nutre un certo tipo di stereotipo piuttosto datato ma ancora sostenuto da taluni; quello sull’eterna indecisione femminile).

Contemporaneamente a ciò (che parrebbe una denigrazione stereotipica squisitamente sul femminile), la creazione stessa del servizio Man Box e il suo riferirsi specificatamente a un pubblico maschile, implicano il credere nell’incapacità dell’uomo medio di essere in grado acquistare accessori e capi d’abbigliamento in un formato volto a semplificargli questo gravoso lavoro femminile, rendendolo così maschile.
L’uomo sarebbe talmente privo degli strumenti necessari per eseguire scelte nel dettaglio da avere bisogno di un servizio apposito che lo prenda per mano guidandolo e finga, al contempo, di dargli qualche potere decisionale, lanciandogli una pacca sulla spalla che recita “Visto? Hai fatto acquisti ma sei comunque un uomo. No, tranquillo. Non è shopping. è Man Box!!”.

In sintesi, quello che fa Zalando col Man Box è cercare di accaparrarsi la simpatia degli uomini, carezzando subdolamente la mascolinità fragile dell’average man.
Si tratta di una scelta di marketing sessista e beffarda…nei confronti di tutti, nessuno escluso; per quanto il messaggio offensivo nei confronti delle donne sia quello che più colpisce a livello immediato, lo spot e il servizio si basano su un messaggio tremendamente offensivo per gli uomini in primis.

Una delle cose più interessanti, a mio avviso, è il fatto che la base del servizio di per sé – che si focalizza sul proporre all’utente una scelta di capi divisi in base a stili molto specifici, per agevolare e guidare la creazione del look desiderato – è ricca di potenziale e potrebbe risultare attraente per una bella fetta d’utenza.

Il terribile errore commesso da Zalando è stato quello di gettarsi a braccia aperte nel fiume del sessismo e degli stereotipi di genere, ponendosi in modo offensivo nei confronti di donne (incapaci di decidere) e uomini (incapaci di svolgere una semplice attività quale lo shopping e bisognosi di una modalità che semplifichi il compito – mascherando il tutto come qualcosa di positivo e mascolino, al fine di confortare i virili animi), quando sarebbe stato sufficiente creare il servizio e proporlo…a chiunque possa preferire questa tipologia di modalità di acquisto a quella di shopping più classica.
Noi ci saremmo risparmiati la vista di quest’obbrobrio di spot e il servizio Box di Zalando sarebbe stato più inclusivo, più utile e con un potenziale di clientela molto più vasto.

C’è ben poco da aggiungere, salvo un bel: Zalando, FAI DI MEGLIO!


1) L’immaginario collettivo, che dipinge le donne – e ce le comunica come tali con severa costanza – come incurabili appassionate di shopping (il condizionamento è talmente intenso da sormontare la realtà del fatto che chiunque abbia vissuto per più di qualche anno ben sa che è pieno di donne che preferirebbero fare qualsiasi altra cosa purché fare shopping. Sia cristallinamente chiaro che ciò non implica vi sia del negativo nell’essere una donna e nell’amare lo shopping, esattamente come non ce n’è nell’essere un uomo e non amarlo) e gli uomini come insofferenti nei confronti di quest’attività è profondamente dannoso e influente, nonché carico del potenziale di generare inadeguatezza tanto nelle donne che non apprezzano lo shopping, tanto – e soprattutto – negli uomini che lo apprezzano.
Il ‘soprattutto‘ deriva dal fatto che il fare qualcosa, per una donna, di non stereotipicamente percepito come femminile non è considerato negativo (il maschile tende a essere socialmente considerato più positivo e accettabile del femminile in ogni ambito), mentre lo è il fare qualcosa, per un uomo, di non stereotipicamente percepito come maschile (il femminile tende invece a essere considerato meno positivo e meno accettabile in quanto associato con concetti quali debolezza). La cultura maschilista fa sì che l’essere considerati “vicini al mondo femminile”, l’essere considerati “non abbastanza veri uomini” (secondo gli standard sociali imposti), l’accomunamento con qualcosa di reputato stereotipicamente femminile sia quanto di più spaventoso possa esistere per un esponente del sesso  maschile. Tutto ciò parla chiarissimo circa la considerazione delle donne, del femminile e della ‘femminilità’ (intesa come quel che si è deciso di integrare in questo concetto).

Ebbene, il servizio proposto da Zalando, assieme allo spot che lo pubblicizza, non fa altro che gettare benzina sul fuoco dei potenziali e concreti danni provocati – tanto sugli uomini quanto sulle donne – dagli stereotipi di genere e dal maschilismo imperante.


SEGNALAZIONE E COMMENTO

L’espressione dell’opinione relativa agli spot – spesso più della segnalazione degli stessi – può essere cruciale e determinante nello stimolare i marchi a muoversi verso una direzione pubblicitaria diversa, più progressista e socialmente responsabile. Poiché l’unione fa la forza, come diversi casi hanno in passato dimostrato, invito tutti a prendersi il tempo per lasciare commenti sulle pagine ufficiali e/o inviare email ai marchi interessati. A seguire, i dati per lo spot menzionato nell’articolo:

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