Mozzarella Light Santa Lucia? Per Donne

Mi è già capitato più di una volta di parlare della scelta di esprimere (in modo velato o esplicito) il sesso di appartenenza del target cui un dato prodotto mira a far riferimento. La genderizzazione è una strategia riscontrabile nella pubblicizzazione di un’ampia varietà di prodotti (dai giocattoli, alle auto, passando per creme, shampoo e quant’altro) e va a creare o rinforzare specifiche associazioni di genere.
Curiosamente, ma neppure tanto, lo spot che intendo menzionare oggi non riguarda un prodotto delle tipologie citate. Guardiamolo insieme.

Mozzarella Santa Lucia Light.
Quello che fa questo spot, senza girarci intorno neppure per sbaglio, è esprimere con chiarezza il tipo di pubblico a cui è rivolto il prodotto.
“Fanatiche della leggerezza, atlete della prova costume, cultrici del benessere”.
Donne, donne e solo donne.
Il prodotto in questione costituisce la versione più leggera dell’amatissima mozzarella, alimento che, come latte e tutti i suoi derivati, può essere di difficile digeribilità per un gran numero di individui1.
Ne consegue che una mozzarella leggera possa risultare appetibile per tantissimi, in modo del tutto prescindente dal sesso di appartenenza.
Pur volendo andare oltre tutti coloro che potrebbero beneficiare della Mozzarella Santa Lucia Light per ragioni di salute, gli uomini interessati a mantenere un’alimentazione leggera e sana sono numerosi, sia tra gli individui medi che, ancor più, tra coloro che sono soliti avere routine di allenamento anche molto semplici e non regolari.

Tuttavia, quello dell’individuo di sesso maschile nei confronti della linea e dell’aspetto è un interesse che, salvo eccezioni, nasce sulla base di una scelta prevalentemente autonoma.
Non è così per l’individuo di sesso femminile, che viene concretamente formato e istruito sin dall’infanzia a dar peso alla linea come elemento prioritario e non accessorio o complementare a fattori di maggior rilievo (qualcosa al riguardo anche qui). L’aberrante concetto di “Prova Costume” rigorosamente al femminile (che Galbani è contenta di menzionare. L’espressione è usata con orgoglio nel titolo del video su Youtube. Beh che ci sono anche le versioni separate per le Novizie del Benessere e le Precarie delle Diete – affascinanti specie non presenti nello spot completo), è uno dei malsani prodotti di questa cultura, che ogni anno miete vittime di disagio emotivo e/o fisico convinte di non avere un aspetto sufficientemente adatto a metter piede su una spiaggia e occupa i pensieri di centinaia di migliaia per tutti i mesi precedenti all’arrivo dell’estate.
Tutto tempo e tutti sforzi che si potrebbero profondere in un’infinità di altre cose e vengono invece utilizzati in modo anzi controproducente, con il rischio di provocare nient’altro che sentimenti negativi, compreso del debilitante odio per se stesse, che può essere arduo superare.

Galbani

Ciò che Galbani finisce per fare con questo spot è dare una pacca sulla spalla di questa cultura e contribuire attivamente alla sua costante perpetrazione.
Non ci sarebbe voluto nulla a rendere neutro il target dello spot (sarebbe bastato modificare qualche parolina qua e là), rivolgendosi a tutti coloro che, per ragioni di salute, benessere, attività svolta o quant’altro, potrebbero trarre beneficio del prodotto. Galbani ha scelto di non farlo.

Pensate che sul sito web del marchio il prodotto è descritto con termini quali:
“Santa Lucia light fornisce un apporto nutrizionale bilanciato nell’ambito di una dieta equilibrata associata alla regolare attività fisica.
Prodotto adatto anche ad una alimentazione vegetariana.
Ciononostante, invece di puntare alla pubblicizzazione di questi elementi così validi e interessanti, Galbani ha deciso di approvare uno spot che ha trasformato il suo prodotto in un alimento PER DONNE ATTENTE ALLA LINEA.
E la stessa – identica – cosa avviene per Certosa Light, pubblicizzata con gli stessi termini della Mozzarella Santa Lucia Light. Gioite, esperte del peso forma!!! 

Per eventuali campagne pubblicitarie future, invito sentitamente Galbani a considerare l’utilizzo di messaggi che non attingano a immagini e stereotipi di genere dannosi e di cui sarebbe ora di liberarsi. Sarà una scelta socialmente responsabile, che potrà avere effetti positivi non solo per il prodotto, ma anche e soprattutto per acquirenti e utenti.

Alla prossima e, mi raccomando, occhio agli spot.


SEGNALAZIONE E COMMENTO

L’espressione dell’opinione relativa agli spot – spesso più della segnalazione degli stessi – può essere cruciale e determinante nello stimolare i marchi a muoversi verso una direzione pubblicitaria diversa, più progressista e socialmente responsabile. Poiché l’unione fa la forza, come diversi casi hanno in passato dimostrato, invito tutti a prendersi il tempo per lasciare commenti sulle pagine ufficiali e/o inviare email ai marchi interessati. A seguire, i dati per lo spot menzionato nell’articolo:


1. Si stima che, nel mondo, gli intolleranti al lattosio costituiscano circa il 65% della popolazione.

Nota: Consapevole del fatto che c’è chi potrebbe finire su questo blog appena il tempo della lettura di un singolo articolo, mi sento di fare il solito appunto. È ovvio che – per quanto esplicita – la genderizzazione di un prodotto non impedisca (non potrebbe neppure volendo) a persone non facenti parte del target di riferimento di usufruire dello stesso. Altrettanto ovvio è, però, che genderizzare un prodotto comunichi qualcosa di chiaro e diretto: il fatto che sia ritenuto auspicabile (socialmente accettato e/o promosso, consigliato, normale) che i facenti parte del target ne usufruiscano e, al contempo, che non sia ritenuto auspicabile (socialmente accettato e/o promosso, consigliato, normale) che i non facenti parte del target lo facciano. Questa dinamica ha, checché si voglia convincersi che non sia così e checché si scelga di non darvi peso per personale comodità e convenienza, conseguenze sul modo di vedere e interpretare sé stessi e gli altri (come singoli e in relazione al proprio genere).

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