Nivea e la Corsa all’Eterna Giovinezza

C’è uno spot, che va in onda da tempo e con frequenza, che mi fa accapponare la pelle ogni volta che lo vedo. Mi riferisco alla pubblicità del prodotto Nivea Cellular Filler. Forse l’avete già in mente, forse no. In ogni caso, vediamola insieme:

È orgoglio, quello negli occhi del bambino che indica sua madre, conscio della sua bellezza; è vanità quella negli occhi di lei. È, poi, stupore quello del bimbo e shock quello di sua madre quando la bambina indica sua nonna, raggiante e sicura in questa gara a chi è più bella e giovane. Vediamo queste donne chiaramente poste in esposizione per essere valutate sulla base della loro giovanile avvenenza. E le vediamo tutt’altro che turbate dalla cosa. Tutt’altro. Sembrano ben contente di essere apprezzate (in quanto belle) e che i propri figli e nipoti siano fieri di loro…per l’aspetto piacevole e, soprattutto, giovane che dimostrano.

Quello che Nivea fa, tramite questo spot, è sfruttare la gabbia nella quale il sesso femminile è invitato a entrare e in cui finisce rinchiuso, inspessendo le sbarre affinché sia sempre più difficile trovare una via di fuga. Perché? Perché è quello che serve per vendere il prodotto, decine e decine di prodotti. Non è una novità che l’intento di vendere prodotti e la manipolazione dei target a tal fine siano fattori di rilievo primario nella costruzione e nel rinforzo di specifiche immagini, comprese quelle di genere.

Nivea prende un paio di piccioni con questa fava marcia. Accoglie e rilancia il senso di competizione femminile (culturalmente implementato e rinforzato) basato sulla piacevolezza estetica e dona vigore aggiunto al concetto di necessarietà – sempre femminile – di rigettare l’ipotesi di accettazione della maturazione fisica in favore di tentativi per combatterla e contrastarla con ogni mezzo – e i mezzi, beh, ce li propone Nivea. 😉

Ci pensate a quanto sconveniente sarebbe, per marchi come Nivea, se le donne fossero educate (o imparassero, pur successivamente a un’educazione sfavorevole) ad apprezzarsi, accettarsi, valorizzarsi e sentirsi bene all’interno del proprio corpo anche nel corso della sua naturale evoluzione? Se venissero abituate a codificare la crescita, l’invecchiamento, in chiave positiva invece di essere indottrinate a temerli con ansia e orrore? Avete idea di quanti marchi perderebbero capitali? E di quanti invece profittano quotidianamente da questo tenere le donne in gabbia?

Donne e Invecchiamento nelle Pubblicità
Promozione del senso di colpa derivato dal non essere in grado di contrastare l’invecchiamento = il farlo, dunque, come obbligo morale femminile.

Non fraintendetemi, perché mi rendo conto che possa essere facile farlo.
Qui non si parla di libertà di prendersi cura di sé, in qualsivoglia modo individualmente scelto. Ogni singolo uomo e ogni singola donna dovrebbe, idealmente, sentirsi ed essere libero di scegliere serenamente cosa fare, tra le altre cose, del proprio corpo (se e come trattare capelli, pelle, se e come truccarsi o vestirsi, se e come depilarsi, ecc). Ma non viviamo in società che consentono questa possibilità in modo realistico e non serve che sia io a dirlo.

Per quanto ci si impegni, non c’è modo di verificare in quale misura quelle che pensiamo essere le nostre scelte siano davvero nostre. E, lasciatemelo dire, è del tutto inverosimile e irragionevole che centinaia di migliaia di esseri viventi scelgano, in modo libero, spontaneo e privo di condizionamenti, di vivere la propria vita ossessionati dal non invecchiare e da mostrare questa o quell’altra parte di sé in questo o quell’altro modo. Non è libertà. È l’esatto contrario.

È essere vittime di un sistema culturale ed economico per cui il benessere dei fruitori è tutt’altro che in cima alla scala delle priorità. Conta che si acquisti, e per far sì che si acquisti bisogna convincere un target del fatto che NECESSITI di determinati prodotti.
Non facciamo l’errore di pensare che l’uomo sia al di fuori di questa dinamica! Non lo è! Tuttavia, il retaggio storico e culturale (quando l’accesso a formazione e occupazione era precluso e limitato, invogliare all’auspicabilità di pensare ad abbigliamento, trucco, arredamento e via discorrendo era l’unico modo concreto per riempire il vuoto che dominava le vite di una quantità incredibile di esseri di sesso femminile) rende la donna ancora il target ideale e più facile da puntare quando l’argomento in questione è la cura dell’aspetto.
Nello specifico di questo tema, l’invecchiamento dell’uomo è visto sotto un’ottica relativamente positiva ed è stato anche investito della medaglia del famigerato fascino aggiunto. La rappresentazione mediatica, soprattutto quella cinematografica, aiuta a tenere alta la bandiera di quest’idea.

Invecchiamento come nemico da combattereConvinciamo le donne del rilievo assoluto di ogni elemento concernente l’estetica. Le convinciamo dell’urgenza di restare giovani a ogni costo. Lo facciamo da quando sono in fasce.
Il risultato è sotto i nostri occhi e ovunque, intorno a noi, nella vita di tutti i giorni, in televisione, sui giornali. Inutile far finta di non vederlo o sciacquar tutto via inneggiando alla libera scelta.

È tutto talmente normalizzato, a livello culturale, che tante, troppe, continuano a camminare nella gabbia senza neppure vedere le sbarre, convinte di essere libere, convinte che il desiderio di sembrare giovani per sempre sorga dall’interiorità del proprio essere (chissà, forse sono molte a sapere che non è così, ma autoconvincersi è infinitamente più facile che uscire dalla gabbia).

Altro che amica delle donne.
Nivea si connota
, tramite spot come questi, come un vero e proprio carnefice.
Non si limita a proporre un prodotto la cui esistenza è già di per sé frutto di un bisogno culturalmente impiantato (sempre per ragioni commerciali), ma lo fa cercando in modo plateale di rendere quel bisogno più forte, più concreto, più vero.

Fare le proprie scelte in modo consapevole, pur in una realtà che fa di tutto per ingabbiarci, non è impossibile. Sarebbe ingiusto considerare come del tutto impossibile, per una donna, arrivare a un punto in cui si scelga in modo almeno relativamente autonomo di curare i capelli in un certo modo, applicare determinati prodotti sulla propria pelle, depilarsi, rallentare il processo di invecchiamento e chi più ne ha più ne metta (mi auguro arrivi il giorno in cui anche gli uomini potranno sentirsi liberi e sereni nel fare scelte di questo tipo. Purtroppo l’accentuazione della targetizzazione femminile fomenta ulteriormente la stigmatizzazione dell’uso maschile di prodotti culturalmente codificati come da donna).
Ma inizia a diventare impossibile farlo se prima non ci si impegna in un lavoro introspettivo volto a riconoscere e poi ad arginare, per quanto si riesca, il potere del condizionamento sociale e commerciale che cerca di indirizzarci verso un’immagine, verso una donna che, in realtà, è nessuna di noi. Verso un essere de-umanizzato il cui valore è solo quello del consumatore.

Scusatemi se mi sono dilungata. Concludo questa bocciatura con un invito.
Chiediamoci sempre perché.
Chiediamoci perché pensiamo che ci serva una cosa. Chiediamoci se ci serve davvero. Chiediamoci da dove nasce la sensazione che interpretiamo come bisogno. Chiediamoci quanto di quello che facciamo per noi lo facciamo davvero per noi e davvero di nostra spontanea volontà.
Sembrano domande banali, ma in esse può celarsi la chiave per capirsi meglio e per assottigliare, mano a mano, con pazienza e costanza, le sbarre della gabbia che ci trattiene dal vivere appieno, serenamente e in libertà la nostra individualità.


SEGNALAZIONE E COMMENTO

L’espressione dell’opinione relativa agli spot – spesso più della segnalazione degli stessi – può essere cruciale e determinante nello stimolare i marchi a muoversi verso una direzione pubblicitaria diversa, più progressista e socialmente responsabile. Poiché l’unione fa la forza, come diversi casi hanno in passato dimostrato, invito tutti a prendersi il tempo per lasciare commenti sulle pagine ufficiali e/o inviare email ai marchi interessati. A seguire, i dati per lo spot menzionato nell’articolo:

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