Plasmon – Il Gusto di Crescere Insieme (alla Mamma)

So che forse siete stanchi e stanche di veder discusse sempre le solite pubblicità, ma…ehi! Non è mica colpa mia se, con gran casualità, gli ambiti maggiormente pregni di stereotipi sono sempre gli stessi! Perciò ecco che con l’articolo di oggi torniamo a parlare di prodotti per il nutrimento dei pupi (dopo Aptamil, Hipp e Mellin). Il marchio sotto i riflettori è il popolarissimo Plasmon! Vediamo insieme la pubblicità.

Sulle note di un sottofondo ritmato dai suoni un po’ d’altri tempi, il video ci sottopone alla visione dei paffuti volti di una sfilza di cuccioli d’essere umano, per poi informarci dell’arrivo dei nuovissimi omogeneizzati Plasmon, 100% naturali. Ecco che spunta una mano adulta, che vediamo portare alla bocca di un bimbo il prodotto pubblicizzato. L’immagine si estende per mostrarci l’interezza della figura, quella materna. Lo spot si chiude con un dolce sorriso infantile.

Or bene, miei cari e mie cari. Come già preannunciato, siamo alle solite. Niente di più e niente di meno: semplicemente le solite.

Nella pubblicità è possibile osservare una sola persona adulta che si occupa di sottoporre gli omogeneizzati al delicato palato di uno dei piccoli protagonisti e questa persona è una donna, inquadrabile come madre del bambino.

Esattamente come avviene in ogni altro dei casi similari, non sussisterebbe alcuna questione se non fosse che la rappresentazione della figura materna in associazione con il nutrimento dei bambini piccoli è l’UNICA rappresentazione che le pubblicità consentono di vedere relativamente a questo ambito. E questo costituisce un enorme problema.

Plasmon

Si tratta di una vera e propria arma comunicativa a doppio taglio. Accanto al rinforzo dell’immaginario stereotipato che vede la cura dei bambini come appannaggio esclusivo della donna, c’è quello del ritratto altrettanto stereotipato dell’uomo completamente assente e irrilevante rispettivamente a quest’area dell’esperienza umana. Entrambi i messaggi sono profondamente dannosi.

A introdurci alla targetizzazione di genere degli omogeneizzati, prima ancora che arrivi l’immagine a chiarircela, abbiamo il ritorno della tecnica utilizzata da moltissime aziende al fine di sviluppare un senso di vicinanza, naturalità, positività e familiarità con i prodotti: la scritta “Ingredienti buoni che sceglieresti anche tu”1. L’effetto degli stereotipi di genere perpetrati negli anni e da ogni mezzo fa sì che la persona media non sia portata ad associare l’atto della selezione degli ingredienti per i bambini a un uomo, esattamente come non è portata ad associarvi il nutrimento dei bambini. Il “tu” è chiaramente la madre, tipologia di soggetto a cui questa comunicazione Plasmon si rivolge.

Qualche persona bonariamente ingenua potrebbe pensare che si tratti di un caso e che non sia presente un reale intento di rivolgersi solo alle donne (potremmo dire “alle madri”, ma negli spot le due cose si equivalgono più spesso di quanto non lo facciano) nella pubblicizzazione del prodotto. Ed è qui che invito a guardare oltre il mezzo televisivo per la prova del nove. Osservate un po’ com’è strutturato il menu del sito web Plasmon.

Plasmon

Nell’area per le mamme si trova un insieme di consigli su come proporre sapori diversi ai bambini per educarli al gusto, una sezione con ricette per bimbi, una zona per i concorsi Plasmon e una pagina per il concorso ninnamamma (la pagina è ora irraggiungibile, essendosi il concorso concluso lo scorso a marzo), per vincere una ninna nanna fatta con il battito del proprio bambino – con anche delle dritte sull’importanza di voce, odore e abbraccio materno. Sebbene le righe sul latte materno nell’articolo per i gusti siano ragionevolmente di prevalente interesse per la donna, le altre sono informazioni che possono essere utili a chiunque (che so, un padre, magari!) sia interessato al nutrimento e alla crescita dei bambini e voglia esservi attivamente coinvolto. Piccoli e piccole hanno il potenziale di formare legami significativi con più figure adulte di riferimento. Perché rivolgere consigli di tal tipo solo alle madri, quando abituarsi a odore, calore e voce del padre non ha ragione di essere reputato meno importante? Perché chiamare la ninna nanna “ninnamamma”, tagliando fuori in modo così esplicito uno dei genitori?

Plasmon

Tutto questo contribuisce alla glorificazione del materno2 (insieme degli elementi di narrazione classicamente usati per presentare questo status come desiderabile e fonte di realizzazione primaria – e imprescindibile – per gli esponenti del genere femminile) e alla riduzione del rilievo e della responsabilità paterna – e maschile in generale – nello sviluppo dei bambini. Che tutte le maggiori aziende che producono pappe per bambini poggino su questa narrazione è, a mio avviso, gravissimo e pesantissimo. Toh, beccatevi questa meraviglia che non volete mostrare.

Plasmon

Per concludere, provo ad avanzare qualche suggerimento spicciolo.

La strutturazione della pubblicità, sebbene non particolarmente originale, è a mio avviso piuttosto piacevole. I volti dei bambini sono belli da vedere e la musica rende la visione più d’impatto. Sarebbe sufficiente agire su un piccolissimo dettaglio per rimuovere immediatamente il problematico fattore portato in campo dallo stereotipo che lega la sola madre alla cura. Aggiungere una seconda figura, che sia di sesso maschile, risolverebbe tutto in modo semplice e istantaneo e posizionerebbe la comunicazione di Plasmon su un livello più moderno, aperto e progressista di quello dei marchi di prodotti simili. Consiglio anche di rivedere l’area “per le mamme” in gravidanza e trasformarla (senza per questo eliminare le dritte più specifiche per le madri) in una splendida e inclusiva area “per i genitori” in attesa.

Questo è quanto. Alla prossima e, mi raccomando, occhio agli spot.


SEGNALAZIONE E COMMENTO


1 Quante volte capita di leggere/sentire frasi come “buono come fatto in casa” o “proprio come lo faresti tu”? La comunicazione si auspica che queste parole possano suggerire il pensiero che se una cosa è preparata come lo faremmo noi e con gli ingredienti che sceglieremmo noi, allora dev’essere buona e di qualità. Personalmente avanzo l’ipotesi che si tratti di una tecnica e di una visione piuttosto superate, che potevano aver maggior ragione di essere efficaci al tempo (ancora recente, ricordiamolo) in cui la realizzazione esistenziale della donna si riduceva alle mura domestiche, facendo sì che molte profondessero forme di profondo orgoglio nell’espletazione delle attività casalinghe. Come convincere donne così ad acquistare un prodotto che sostituirebbe il loro meraviglioso lavoro? Invitando il pensiero che il prodotto sia quanto più possibile vicino alla fantasticheria delle proprie scelte e del proprio senso produttivo.

2 A scanso di equivoci (so che non nasceranno in lettori e lettrici abituali, ma so anche che non possono esserci solo lettori e lettrici abituali) l’autonoma e libera aspirazione a divenire madri è perfettamente legittima, così come lo è identificare la propria realizzazione nel raggiungimento della condizione materna. A essere dannoso è l’insieme di codici, immaginari e narrazioni (a cui siamo tutti esposti già dall’infanzia) finalizzati a trasformare la maternità in un goal a cui ogni donna dovrebbe ambire specificatamente in quanto donna, per natura, e a prescindere da reali inclinazioni personali. Questo è tutt’altro che legittimo, costituisce violenza ed è un affronto alla libertà individuale delle persone.

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