SNAI – Oggettivale Tutte

L’articolo di oggi è all’insegna del “per non dimenticare”. Lo spot in questione, infatti, ha smesso di scorrere sugli schermi intorno alla metà del mese scorso, essendo rigidamente legato all’evento dei Mondiali di Russia. Nonostante ciò, ho pensato che valesse la pena di cementare la testimonianza della sua messa in onda. Vediamo un po’ cos’hanno partorito le menti creative dietro alla pubblicizzazione SNAI.

Un uomo di mezz’età sospira mogio osservando la foto che stringe tra le mani, mentre il narratore commenta sul suo essere stato tradito, nonostante l’avesse sempre amata. Ma tu guarda ‘sta stronza, eh. Ah, parlava della Nazionale di calcio! Ecco che per invitare l’uomo a smettere di piangersi addosso, lo spot ci introduce a una pletora di donne provenienti da più parti del mondo e che appaiono curiosamente interessate al protagonista (spettatore). Grazie all’incoraggiamento del narratore, l’uomo si decide a non soffrire più per una don-squadra sola, e a divertirsi con tutte. La pubblicità termina con tutta la ciurma allegra a fare il tifo in un negozio SNAI. Parliamone.

Probabilmente avete capito perché ho scelto di parlare di questo spot anche se ha smesso di andare in onda. È talmente problematico sotto così tanti punti di vista che merita tutta la mia – nostra – attenzione.

Il primo elemento di cui discutere, che è anche quello più evidente in quanto alla base dello spunto narrativo (quasi sicuramente inteso anche come sfumatura comica) è uno dei più dannosi perni della retorica sessista: l’oggettivazione – qui sia concettuale che letterale, per paragone. Dopo essere state carne, arance, gioielli, alimenti e birre, ecco che le donne sono diventate anche squadre di calcio. Perché a quanto pare c’è sempre qualcuno che pensa sia una buona idea costruire una narrazione basata sul paragone della donna con un qualcosa d’altro dall’essere umano. La donna si presta a essere usata per tutto ciò di cui il maschio desideri usufruire – meglio ancora quando si tratta di elementi stereotipicamente associati alla mascolinità, così da dare un’illusione di guadagnata virilità ai fragili ego maschili di produzione culturale.

SNAI sceglie inoltre di costruire quest’associazione tra donne e squadre in modo fortemente allusivo, utilizzando il parallelo tra una traditrice (la nazionale italiana) e le altre donne a disposizione (le squadre in gara). Il consulente-narratore che parla al protagonista – da intendersi come involucro di quello percepito come utente-target medio – gli presenta le altre squadre come “occasioni che lo aspettano”, migliori della fantomatica traditrice. Poiché il paragone permea volutamente la comunicazione come parallelo costante, a essere presentate come occasioni che attendono il protagonista…sono le donne rappresentative delle varie squadre, che sarebbero idealizzate tifose delle stesse. Che goduria, che meraviglia, come ci mostrano anche i tre marpioni inquietanti con i loro gesti riferiti all’avvenenza delle occasioni-donne-squadre.

SNAI
“‘mazza che squadra!”

Il mondo è un pozzo di donne disponibili che non aspettano altro che te, uomo qualsiasi.
La comodità del paragone con delle squadre di calcio, essenze inanimate se non scomposte nei minimi termini, consente di presentare le donne come prive di volontà e di potere decisionale. L’azione è tutta nelle mani dell’uomo, l’unico agente preso in considerazione. “Divertiti con tutte!”, suggerisce il narratore, con il confine del paragone che si assottiglia, trattandosi di una frase che suona innaturale pensata e pronunciata per riferirsi a delle squadre, mentre suona perfettamente se riferita a delle donne (essendo il trattarle come oggetti sessuali e non esseri umani ancora comunissimo nella nostra società, al di là delle pubblicità).

Ovviamente, sempre per via del nostro retaggio culturale, non c’è nulla di male (anzi, c’è tutto di buono e di cui vantarsi1) nell’idea di un uomo che si diverte con tutte, ma non serve che vi dica come sarebbe stata percepita la stessa comunicazione se l’invito a divertirsi con tutti fosse stato rivolto a una donna. Sarebbe così improponibile, per l’italico senso comune, che molto più realistico sarebbe un “lascia che tutti si divertano con te”. È ancora impensabile focalizzarsi sul piacere delle donne o anche solo considerarlo, ed è ancora impensabile ritenere la sessualità femminile al pari di quella maschile, vedendo le donne come attrici, e non oggetti, sessuali. Possiamo impegnarci quanto ci pare a far finta che non sia così, ma viviamo in una società patriarcale, misogina e sessista molto distante da una condizione di uguaglianza dei sessi.

SNAI
“Hmm, irresistibile quest’italiano medio che non conosciamo e che non presenta alcuna caratteristica peculiare o qualità evidente. Di certo non si tratta di una mera fantasia erotica maschile fatta pubblicità”.

È lo spot stesso a darci un’ulteriore riprova di questo punto, mediante l’ennesimo elemento problematico: la rappresentazione. Come anche nella pubblicità Sky Sport e in tutte le altre pubblicità (fatta eccezione quasi unicamente per quelle di profumi), il protagonista è un uomo qualsiasi non allineato a canoni estetici. Non stereotipicamente bello, avanti con l’età, non in forma. Lo stesso dicasi per i tre uomini inquietanti che gesticolano. Di per sé va benissimo che si rappresentino individui che corrispondono all’essere comune e non a una minoranza esigua proposta come ideale (a scopo di profitto). Quel che non va bene è il fatto che lo stesso umano realismo non sia mai concesso alle rappresentazioni femminili, che le pubblicità siano di shampoo, prodotti per la pulizia o alimenti. Lo spot SNAI non fa eccezione. Con variazioni di etnia, volte a solleticare une eros esotico nel parallelo con le squadre-nazioni, le tifose dello spot sono giovanissime, in forma, rispondenti a canoni estetici. Potrebbero essere tutte modelle, e forse lo sono.

E indovinate un po’? Nonostante l’uomo non sia reputabile attraente secondo canoni diffusi e nonostante non abbia avuto modo di dimostrare alcun tipo di qualità meritevole di interesse, le bellissime modelle se lo mangiano con gli occhi, a partire dalla bionda in shorts che si volta a guardarlo, come se fosse irresistibile. Questo spot SNAI sembra sostanzialmente il sogno bagnato di un maschio etero medio la cui essenza è spudoratamente frutto della realtà socioculturale in cui è stato tirato su.

Se pensate che siano finite le caselle di trovate sessiste da barrare per questo terribile spot, vi sbagliate. Gnè gnè!

SNAI
Uno splendido spaccato multi-generazionale di maschio medio allupato e per nulla inquietante (tanto cosa pensino o provino le donne non importa – non sono persone).

A completare il quadro, in questo tripudio di problemi racchiusi in soli 30 secondi, c’è una triste occorrenza di mascolinità tossica, che ricorda moltissimo la rappresentazione presente nello spot Subito.it. All’interno del negozio SNAI, il nostro irresistibile protagonista sta chiacchierando con la tifosa Svedese (credo – correggetemi se sbaglio, per pietà e carità), che è rappresentata in atteggiamento esplicitamente flirtante, con occhi dolci e dita che attorcigliano i capelli – dopotutto il protagonista è irresistibile. Nonostante lei sia ben disposta (disponibile) a parlare con l’uomo, essendo un oggetto la cui volontà conta meno di zero – è una donna, ricordiamolo – è sufficiente che un possente uomo contestualmente identificabile come suo compagno intimidisca minacciosamente il protagonista per porre fine all’idillio, con lei che cerca di fare la gnorri, imbarazzata.

Donna oggetto, alla mercé del desiderio dell’uomo e proprietà dall’uomo. Più sessismo e misoginia di così in 30 secondi non si poteva inserirli, praticamente (no, non è un invito a fare di peggio per senso di sfida).

Nonostante l’elemento sia soverchiato dalla moltitudine degli altri, merita menzione anche la genderizzazione del target. Come già accennato, la costruzione dello spot inquadra il protagonista come rappresentativo dell’utente medio e il fatto che la comunicazione sia tutta incentrata sul paragone-doppio senso tra squadre e donne attraenti e disponibili cementa l’intento di rivolgersi a un pubblico maschile – di un certo tipo. La presenza delle tifose nel negozio SNAI non è volta a rappresentare un’eventuale utenza femminile, ma il paradiso di desiderio e appagamento che attende l’uomo. Il messaggio che passa è il solito: il gioco d’azzardo è roba da uomini, il calcio è roba da uomini, le scommesse sul calcio sono roba da uomini.

SNAI
“Come osi flirtare con la mia proprietà? Come dici? No che non è libera di dire e fare quello che vuole. Sennò che proprietà sarebbe? E certo che non mi rivolgo a lei e scelgo di intimidire te, perché è così che si rivendica la proprietà tra uomini. Però sei simpatico. Anzi, a guardarti bene, sei proprio irresistibile! Vado bene anche io come incarnazione di squadra?”

La sintesi dei consigli da rivolgere a chiunque si occupi della realizzazione degli spot SNAI è racchiudibile in poche parole chiave: diversità rappresentativa (ho visto altri spot SNAI e ci sono sempre e solo protagonisti uomini; sarebbe saggio trasmettere quanto l’uso del servizio possa essere appetibile a prescindere dal sesso, così come l’interesse per il calcio esula da questo elemento) e, soprattutto, niente sessismo né oggettivazione della donna. Se a qualcuno saltasse in mente l’idea di paragonare donne a schedine, squadre, partite o altro, invito di suggerire a questa persona di dedicarsi a un ambito lavorativo differente. Parliamoci chiaro. La scelta di ridurre la donna a oggetto è una strategia talmente abusata – ahinoi – che connota automaticamente ogni ideatore come tristemente privo di qualsivoglia creatività od originalità – caratteristiche desiderabili nell’ambito pubblicitario, ancor più in quello italiano, così brutalmente carente.

Direi che questo è tutto. Se avete voglia di dire la vostra a SNAI, potete farli cliccando sui link qui in basso.

Prima di salutarvi, voglio consigliarvi di tutto cuore di stare alla larga dal gioco d’azzardo, di ogni forma e tipo, SNAI e non.

Alla prossima e, mi raccomando, occhio agli spot!


SEGNALAZIONE E COMMENTO

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1 In una condizione ideale e paritaria, non sarebbe motivo né di vanto né di vergogna divertirsi con una molteplicità di persone (adulte e consenzienti) a prescindere dal proprio sesso di appartenenza – nonché quello delle altre persone.

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