Breil: Toglietemi Tutto, ma Non il Mio Maschilismo

La prima volte che ho visto lo spot che sto per postare ero a tavola, intenta a mangiare, e giuro che il mio stomaco ha manifestato immediati segni di rivolta. La Breil, stavolta, mi ha proprio colpita nel profondo delle viscere.

Il protagonista dello spot è un uomo di mezza età (l’enfasi sul suo sguardo – intenso e dall’aspetto quasi minaccioso – e sulla sua presenza non toglie dubbi circa la sua essenza di protagonista indiscusso) in compagnia di una giovane donna – se volessimo attenerci all’età della modella (Mari Gulin), potremmo specificare che ha quasi precisamente la metà degli anni di lui. I due si abbracciano, si muovono e si toccano sinuosamente, mentre l’inquadratura si cura di mostrare alcuni dei gioielli del marchio Breil.
Al termine della pubblicità, con la giovane fanciulla sostanzialmente spalmata contro di lui, Degan guarda in camera con fare e sguardo severi e proferisce le seguenti parole:
“Non toccate i miei gioielli”.

Per prima cosa, sebbene potrei decidere di farlo, non passerò sopra la scelta di rappresentare la coppia dello spot come formata da un cinquantenne e una venticinquenne – per giunta con evidente connotazione erotica. Non lo farò perché è parte integrante dell’immaginario culturale maschilista tossico che ci viene regolarmente propinato già da una quantità ingente di prodotti cinematografici e ha già pesantemente influenzato il nostro modo di vedere e interpretare le cose.

L’immagine dell’uomo di mezz’età (o anziano) che si accompagna a una giovane donna è stata, nel corso del tempo, oltremodo normalizzata e, quando qualcuno muove critiche alla dinamica lo fa quasi sempre toccando la parte femminile – spesso additata come approfittatrice, se l’uomo coinvolto è benestante. Lui invece, certo, è in ogni caso un ammirevole gran figo per essersi accaparrato una giovane nel fiore dei suoi anni (salvo essere esteticamente spiacevole secondo gli standard convenzionali. In quel caso qualcuno potrebbe trovare la relazione inquietante e discutibile, ma ancor più ci si convincerebbe del fatto che la donna stia cercando di approfittare). Nelle, più rare (certamente anche perché meno socialmente normalizzate), situazioni in cui è la donna, in una coppia eterosessuale, a essere di mezz’età e ad accompagnarsi a un giovane, quando la cosa non è codificata come ridicola, come spesso accade, è comunque lei a ricevere critiche e accuse.
In tantissimi bypasseranno questo dettaglio dell’età e non ci faranno neppure caso sebbene sia evidente alla vista. Avverrebbe lo stesso se la coppia fosse formata da una cinquantenne e un venticinquenne? (hint: no)

I rapporti tra uomini molto grandi e ragazze giovanissime, inoltre, e questo è importante anche volgendo un pensiero a taluni fatti di cronaca, sono non di rado conditi dall’elemento del potere, che a volte diviene la ragione prevalente o addirittura unica alla base della formazione del legame (ovviamente, a detenere ed esercitare il potere, è l’uomo…)

Ad aggiungersi a tutto ciò, c’è anche il fattore legato all’abitudine a sentirsi maggiormente disposti a tollerare qualsiasi cosa quando le persone coinvolte ci risultano particolarmente avvenenti, come potrebbe essere il caso di Degan in questo spot, agli occhi di più di qualche spettatrice (e spettatore). Nulla di tutto ciò, però, cambia il fatto – che andrebbe tenuto a mente nell’osservazione – che il personaggio maschile dello spot potrebbe essere il padre del personaggio femminile, di cui ha il doppio degli anni.1

Breil
“Non Toccate i Miei Gioielli”

Ma andiamo avanti, perché il punto saliente, quello che mi ha profondamente turbata, non ha niente a che fare con l’età di Degan e della Gulin ed è riconducibile a quella frase finale, a quel “Non toccate i miei gioielli”, pronunciato con decisione e fermezza, mentre il protagonista stringe la sua amante.

Riguardate lo spot, osservate i movimenti dei due, gli sguardi di lui e quel momento finale in cui pronuncia la frase. Di che gioielli sta parlando?
Cos’è che vuole che non venga toccato? Sono quei bracciali? Magari è quella collana?
O forse si riferisce a qualcos’altro?

Siamo sicuri che stia indossando solo i gioielli Breil, il caro Degan?
Io dico di no. La giovane va a connotarsi letteralmente come presenza accessoria già dai primissimi secondi dello spot – con l’enfasi che sottolinea l’essere protagonista del personaggio di Degan – e questo concetto sembra estendersi anche alle fasi successive.

Quello che comunica il protagonista della pubblicità (che sia voluto o meno, ma onestamente qui non me la sento di concedere benefici del dubbio, perché mi pare ovvio che si tratti di una scelta arbitraria, palese com’è) non è il desiderio che non si tocchino i suoi gioielli. Non se con gioielli intendiamo quelli Breil. Il desiderio è quello che non si tocchi la sua donna!
E ce lo dice con forza, intensità, determinazione e un pizzico di minaccia nello sguardo – che non so a voi, ma a me turba, specialmente quando si considera quanto trapela dallo spot.

La propagazione del concetto di possesso della donna come di un bene (con paragone con i gioielli in questo caso2), di proprietà dell’uomo, cova in sé un grado di pericolosità estremamente elevato, e va a nutrire tutte quelle dinamiche socioculturali che fanno sì che si viva ancora in società composte da individui che ritengono ragionevole e sensato inseguire, tormentare, abusare, picchiare e uccidere le figure femminili della propria vita che sfuggono alla loro morsa di controllo (tramite una rottura, un tradimento, o anche gesti molto più piccoli e semplici, come l’uscire con amiche senza avvisare o l’indossare una maglia scollata).

Possono piacervi i gioielli Breil quanto vi pare, può piacervi Degan quanto vi pare, ma questa pubblicità NON è innocua, non lo sarebbe in nessun caso e in nessun momento, ma lo è ancor meno contestualizzata in questo specifico periodo storico in cui i temi del femminicidio, delle violenze sulle donne e degli abusi di potere sono più vivi che mai.

La scelta della Breil mi ha profondamente indignata e, personalmente, ho scelto di segnalare lo spot allo IAP (fatto giorni fa e ancora non ho ricevuto risposta). Se in questo spot vedete, sentite e temete ciò che vedo, sento e temo io, vi invito a fare lo stesso e vi ringrazio di cuore.

Aggiorno (oggi 7 Novembre) per comunicare che lo IAP sostiene che lo spot presenti una “narrazione pacata basata su un gioco di seduzione dei protagonisti: gli sguardi, la gestualità e il parlato sicuramente sensuali, ma non necessariamente suscettibili di creare un effetto di subordinazione della donna all’uomo”. Secondo lo IAP, dunque, “Non toccate i miei gioielli”, con chiaro riferimento alla ragazza, non rimanda con ovvietà a una malsana concezione di possesso esercitato dall’uomo (in questo caso, poi, ricordiamo, con il doppio degli anni di lei) sulla giovane.

Rinnovo il mio invito a segnalare, qualora vi troviate allineati col mio pensiero.


SEGNALAZIONE E COMMENTO

L’espressione dell’opinione relativa agli spot – spesso più della segnalazione degli stessi – può essere cruciale e determinante nello stimolare i marchi a muoversi verso una direzione pubblicitaria diversa, più progressista e socialmente responsabile. Poiché l’unione fa la forza, come diversi casi hanno in passato dimostrato, invito tutti a prendersi il tempo per lasciare commenti sulle pagine ufficiali e/o inviare email ai marchi interessati. A seguire, i dati per lo spot menzionato nell’articolo:


1 Attenzione. A scanso di equivoci, specifico che non intendo volgere un attacco generalizzato alle relazioni che presentano differenze di età anche sostanziali. Non vorrei mai, non rispecchierebbe il mio pensiero. Comprendo e rispetto profondamente l’immensa varietà di possibilità, circostanze, persone e relazioni, nei limiti in cui si tratti di rapporti sani e positivi per entrambe le parti. La ragione per cui mi sto soffermando su questo punto è il legame di una tipologia di queste dinamiche con stereotipi di genere e retaggio maschilista.

2 L’oggettivare la donna, letteralmente, mediante paragoni e paralleli con oggetti, è pratica estremamente comune. Già nella breve vita di questo blog abbiamo potuto scoprire la donna prima come carne e poi come birra

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