Acchiappacolore Grey – La Migliore Protezione per i Tuoi Stereotipi

I miei sensori mi allertano del fatto che è da un po’ che non si parla di faccende domestiche. Lettrici, lettori. Non possiamo lasciare queste preziose pubblicità sole a prendere polvere.
E allora torniamo a parlare di un marchio che ha fatto il suo glorioso debutto sul blog pochi mesi fa. Bentornato, Grey! Non ci sei mancato neppure un po’.

Porca miseriaccia truffaldina! La maglietta bianca si è tinta di rosa, nell’amarezza della casalinga protagonista e nello shock rabbioso della sua giovane figlia. Fortuna che c’è il prode narratore a introdurre loro e noi all’esistenza de L’Acchiappacolore Grey. E ora che la maglietta è tornata bianca, mamma e figlia possono…indossare cuffie e ballare insieme in modo random nella cameretta della più giovane. Che altro, sennò? Parliamone.


Che noia, eh?
Oramai le conosciamo a memoria queste pubblicità. Cambia il nome del prodotto, cambia l’utilità dello stesso, eppure gli spot sono sempre uguali, sempre ugualmente noiosi, sempre ugualmente stereotipati. Tanto di cappello (sarcastico) a Grey per aver scelto di perseverare lungo il percorso su cui si era da tempo incamminato. La vecchia pubblicità era praticamente identica, con tanto di “Oh, no” iniziale. Cambia giusto la seconda figura che compare.

Tutto fila liscissimo secondo il solito schema. Il prodotto pubblicizzato è legato alla cura del bucato e si è scelto di affidare il compito a una donna, perché ogni nuova pubblicità è una nuova occasione per rinforzare l’idea che l’espletamento di queste faccende sia appannaggio femminile. A spalleggiare questa proposta arriva il contesto che è accuratamente privato della presenza maschile – fatta cruciale eccezione per l’autorevole e onnisciente esistenza del narratore-guida –, come sempre comunicata come distante dall’ambiente domestico, aliena alla casa e alla famiglia.

Grey
NGUEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEE! Avrò 15-16 anni, sono normodotata e potrei occuparmi del mio bucato o quantomeno non fare scenate idiote, ma invece farò NGUEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEE!

La donna rappresentata spunta tutte le caselline del lato A del modello ideale propagandato dai media e dalle pubblicità in prima istanza (il lato B del modello è quello masochismo-induttore degli spot che inneggiano a ‘bellezza’ e giovinezza): il fatto che stia lavando il bucato ce la presenta come casalinga, come la persona addetta a quei compiti; il fatto che abbia una figlia ce la presenta come madre. L’essere moglie è da intendersi come implicito. Com’è ampiamente dimostrato da centinaia di contenuti, infatti, portare in scena nuclei non tradizionali non è parte delle azioni e degli intenti dei pubblicitari. Anche in un ipotetico caso in cui fosse presente l’intento, socializzazione, educazione e coscienza di contesto farebbero sì che la persona media non possa essere portata a interpretare quanto vede come lo spaccato di vita di una madre single. È necessaria una forte dose di ingenuità per pensare che vada interpreta come tale. Ed è necessaria la volontà, inconscia o meno, di ignorare il problema rappresentativo per scegliere di leggere liberamente nel modo che si ritiene più piacevole non considerando realisticamente le carte in gioco. Insomma, una madre con figli o figlie nelle pubblicità è anche moglie, salvo venga chiaramente specificato il contrario.

Acchiappacolore Grey
Guarda, figliuola. Guarda, casalinga a casa. Questo bianco abbaglia così come la mia profondissima gioia nell’averlo riottenuto grazie a Grey. Ah, i piaceri della vita”.

Seppur non legato specificatamente ai ruoli patriarcali associati alla donna, ma anzi esempio di uno dei pochi tipi di rappresentazione dal valore non particolarmente differenziato per sesso, vale la pena fermarsi qualche secondo sulla figlia. Se avete familiarità col blog o con le pubblicità, sapete che nel caso di figlie (e solo figlie, non certo a caso) piccole è molto comune che i pubblicitari optino per il modello di emulazione, per cui si vedono bimbe che aiutano oppure osservano la madre (e sempre la madre) fare il bucato o altro. L’essere umano adolescente, però, è spesso rappresentato diversamente anche quando di sesso femminile. Ci troviamo quindi con la giovane ribelle e distante, oppure capricciosa ed egoista, in un modo che ricorda tranquillamente quello del figlio della signora della Settimana Enigmistica. In tutti e tre i casi, come in quello dello spot discusso in quest’articolo, tra chi lo lascia intendere e chi lo esplicita a gran voce, c’è l’aspettarsi, c’è l’esigere, che la mamma si occupi della spesa o dei panni (e che lo faccia bene, come loro desiderano). Sebbene quindi questo particolare ruolo non rientri di per sé in una stereotipizzazione legata al sesso, sfocia con prepotenza nella stereotipizzazione della figura della donna – casalinga, mamma e moglie –, donandole il rinomato carattere di servilismo dato per scontato, come naturale (e, cosa importante, non contestato dalla serva).

A fine spot, dopo aver rilavato immediatamente la maglia che si è anche già asciugata, mamma e figlia si esibiscono in strani passi di danza, peraltro su musica diversa visto che le cuffie di una sono attaccate a un dispositivo e quelle dell’altra al niente (certamente avran pensato al bluetooth, sì sì!). Ma son dettagli, perché in ogni caso questa è un’altra scena importante che, oltre a rendere ancor più chiaro, semmai avessimo dubbi, che la donna sia da intendere come non lavoratrice (lavatrici dopo lavatrici e poi si mette a ballare, tutto in pieno giorno) appassionatamente dedita alle faccende domestiche, ce la mostra anche come la figura genitoriale dedita alla cura della figlia, di cui si interessa e con cui ha piacere a passare del tempo. Il negativo è ovviamente nel fatto che, siano figli e figlie di tenera o meno tenera età, anche questa è una posizione che viene fatta rivestire quasi senza eccezioni alle donne, alle madri (e casalinghe, e mogli). D’altronde il posto dell’uomo è altrove. Ha da lavorare retributivamente. Non può mica pensare al lavoro non retr—a casa, moglie e figli/e.

Acchiappacolore Grey
Finite le faccende, ho tempo fino al momento di preparare la cena per divertirmi con te, cara figliola capricciosa. Ringraziamo papà che porta a casa la pagnotta!

Ma nel negativo dell’incapacità di avanzare delle pubblicità Grey, guardiamo il positivo. Come? Ricordando che non troppi anni fa la presenza maschile non era solo nella voce. C’era tanto di uomo, sotto forma di esperto in carne e ossa e in compagnia del pappagallo Grey, che spiegava alla casalinga (dopo averla osservata togliersi una maglia – ma ehi, ce n’era un’altra sotto) cosa fare per evitare incidenti di lavaggio! Detto ciò, il fatto che si sia fatto di peggio, non è ragione per accoccolarsi sugli allori di una situazione che è per nulla positiva (e da nessun punto di vista – davvero tutte queste aziende non si rendono conto dell’assenza di impatto dei loro spot tutti uguali?), quindi spero di vedere presto una pubblicità Grey che non mi faccia portare gli occhi verso l’alto.

Se volete incoraggiare l’azienda a fare meglio, scrivetele cliccando sui link in basso. Alla prossima e, mi raccomando, occhio agli spot!


SEGNALAZIONE E COMMENTO

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