Hoover – Born Stereotyped

Oggi andiamo, con forza e leggiadria insieme, a camminare sul terreno dello pseudo-progressismo. L’ambito è quello delle pulizie. Il marchio è Hoover. Vediamo insieme lo spot. Ma vi avverto: mi sono dilungata.

Claretta sorride, saltella, volteggia, fa piroette, mentre pulisce casa con Hoover H-Free, facile da usare anche con un braccio solo. E tra un plie e un nonsoché, l’aspirapolvere le permette di disfarsi di tutto lo sporco. Proprio come Claretta, che è ballerina e atleta downhill, il prodotto è agile e potente insieme. Dopo che il narratore ci presenta i benefici dell’aspirapolvere, lo spot si chiude con Claretta che, altezza ventre scoperto, la parcheggia accanto al divano. La pubblicità è prodotta dall’agenzia Cayenne, per MIA Productions, con la regia di Francesco Nencini e la direzione di Patrizio Saccò. Parliamone.

Di buono possiamo immediatamente notare che lo spot non presenta elementi che indichino una connotazione della donna protagonista come madre o moglie. Certo, l’abitazione in cui vive è enorme, ma non ci sono indizi di sorta che possano escludere la lettura della stessa come sua soltanto – anche perché sarebbe un bel problema se vivesse con altre persone e fosse comunque lei a dover pulire seppur con un braccio rotto. Bene. Un altro elemento positivo è quello del contrasto; la comunicazione del fatto che sia possibile e umano essere caratterizzati da interessi anche molto distanti – in questo caso si è scelto il contrasto tra un interesse stereotipicamente associato al femminile (la danza classica) e uno stereotipicamente associato al maschile (gli sport estremi in generale –nello specifico il downhill). Quest’ultimo fattore è finalizzato a trasmettere le proprietà del prodotto pubblicizzato, presentato come agile e flessibile (ballerina) ma molto potente (sport estremi) – sorprendente come te.

Hoover H-Free
“Ciao, sono Claretta. L’amica che zompetta”.

Dovete sapere che lo spot esiste in due versioni (tre in verità, ma ma la terza è brevissima, non espone la “storia” e fa solo vedere che a pulire è una donna), ognuna delle quali contiene uno slogan diverso. Come avrete sentito, la versione lunga riporta la frase “perché non tutte sognano di fare la ballerina”. Bel messaggio, no? Lo è davvero. Non c’è infatti nulla di intrinsecamente presente nell’essere donna che porti ad avere interessi culturalmente attribuiti al femminile. C’è un problema, però. Non è questo il caso. La donna dello spot è chiaramente una ballerina. Non fa che esibirsi in passi di danza classica per metà dello spot! Ma niente paura, perché i pezzi del puzzle tornano al loro posto con la versione breve, il cui slogan – molto più pertinente rispetto ai contenuti – è “perché anche una ballerina può amare gli sport estremi”.

Accanto a questo tema del poter essere cose contrastanti, proprio come l’aspirapolvere, lo spot porta in scena elementi che con più chiarezza tradiscono l’approccio conservatore della comunicazione. Per prima cosa c’è il punto basilare, quello che più di ogni altra cosa sancisce il contributo al rinforzo degli stereotipi di genere; quello su cui più di ogni altra cosa siamo portati a sorvolare per assuefazione: la figura protagonista è di sesso femminile. Possiamo blaterare quanto ci pare sul fatto che sia una donna meno stereotipata di altre (è poi così vero?) ma resta l’ennesima donna che pulisce pavimenti, tappeti e mobili. A manovrare aspirapolveri e scope negli spot ci sono sempre donne. Quella di Hoover H-Free è meglio della mamma-casalinga di Hoover Rhapsody che pulisce attorno al seggiolino? Sì, lo è, perché non va a rinforzare il modello dominante di casalinga-moglie-mamma. Ma resta l’ennesima donna che pulisce. E di rinforzi ne porta altri.

“Ciao, sono Claretta. Ve piace la mia silhouetta?”

Se è vero, infatti, che la protagonista manca delle stereotipizzazioni presenti nei più classici spot di strumenti pulenti, è anche vero che ne presenta altre, diverse ma sempre associate alla nozione culturale di femminilità. Osserviamo la rappresentazione estetica della giovane donna e confrontiamola con quella delle mogli e madri degli altri spot (esempi: uno, due, tre, quattro, cinque, sei). Sobrietà dell’aspetto e dell’abbigliamento per le ultime; vistosità (accentuata anche dal colore rosso, che è una presenza ricorrente), pelle scoperta e tuta aderente per la prima – bene che stia in tuta, ma per quale ragione dovrebbe avere il ventre scoperto? Su che base si è operata la scelta? È un punto privo di finalità legate al prodotto, relativo meramente all’aspetto della donna e al modo in cui questo viene presentato al pubblico. Riuscite a immaginare un uomo che esegue le azioni di Claretta, nello stesso modo e abbigliato ugualmente? Eppure nessuno degli elementi citati è per natura legato al sesso femminile.

Le donne degli spot sono sempre esteticamente piacevoli secondo gli standard (sappiamo che non vale lo stesso per gli uomini), ma non sono sempre codificate come attraenti. Anzi, in questo genere di pubblicità non lo sono quasi mai. Ma questa lo è. È un po’ come avessero preso il modello di donna presente nelle pubblicità di creme, shampoo e trucchi, e l’avessero inserito nel mondo degli spot per la pulizia. Un piccolo travaso che va ad aggiungere una varietà che è a conti fatti del tutto fittizia, perché la donna resta divisa in questo mondo rappresentativo rigidamente binario e ristretto – oltre che ben noto.

Hoover H-Free
“Ciao, sono Claretta. Vi piace la scarpetta? È per danza, ve lo giuro sulla panza.”

Ma ancora. Sebbene venga chiarito che la donna sia una ballerina e un’atleta di sport estremi, accanto alle scarpe sportive sporche (tranquillamente associabili al downhill) non ci sono delle scarpette da danza: ci sono delle scarpe rosse con tacco alto. Questo è un elemento che non contribuisce in alcun modo alla narrativa di contrasto tra i due interessi presentati (come sarebbe stato facilissimo fare con delle scarpette da punta), ma aggiunge un ulteriore comunicazione della protagonista come canonicamente donna. Può sembrare quasi una sorta di rassicurazione. Sì, è una tosta. Ma state tranquilli: è anche figa.

Si è costruita una grande passione – maschile – attorno all’immagine della donna stereotipicamente tale dal punto di vista estetico ma che al contempo ha anche interessi stereotipicamente maschili (presente la “cool girl” di Gone Girl?). Attendo che vi vengano in mente gli zero esempi pubblicitari di donne che non vestono l’immagine ritenuta socialmente desiderabile in quanto donne (vale lo stesso per gli uomini, salvo rare eccezioni nelle quali sono ridicolizzati – a conferma che non vada bene, no no no). Ne siamo così pieni/e che evidentemente è davvero urgente e vitale sottolineare che una donna che ama cose non culturalmente considerate da donne…ami anche cose culturalmente considerate da donne. Sia mai che venga il dubbio che le aborra. Non sentitevi in obbligo di rinunciare alla massima espressione di femminilità dopo la maternità: le scarpe col tacco1.

Hoover H-Free
“Ciao, so Claretta. Ve garba la panzetta?”

Insomma, abbiamo una giovane donna canonicamente attraente, amante di sport estremi, danza e scarpe col tacco che, a ventre scoperto e con tuta attillata, si muove sinuosa, danzerina e gioiosa mentre pulisce la sua abitazione reggendo Hoover H-Free con un braccio solo. La protagonista di questo spot non sovverte alcuno stereotipo. Ma neppure mezzo. Rientra nelle ridottissime rappresentazioni femminili presenti nel mondo pubblicitario. Ne riparleremo quando inizieremo a vedere donne non truccate, abbigliate in modo non volto al compiacimento del pubblico ed effettivamente prive di classiche stereotipizzazioni (senza compromessi per tranquillizzare coloro la cui mente è plasmata dai limitanti immaginari proposti dai media e perpetrati dalle masse). Ma prego, proseguite pure a cercare di convincerci che queste due in croce siano rappresentazioni che riflettono l’essere donna. D’altronde è quello che fanno gli spot, no? Riflettere la realtà. Lo si è ripetuto così spesso che tante persone hanno finito col crederlo. Funzioniamo così. Lo sanno.

Quasi dimenticavo! Per non fare un disservizio a Hoover dando per scontato che pubblicizzasse le sue aspirapolveri solo con donne, ho fatto le mie ricerche. E devo proprio dirvelo. Hanno uno spot di un’aspirapolvere con un protagonista maschile. Davvero! Ve lo giuro. Guardate. Come dite? Eh, già. Non pulisce mica. Non la usa mica, l’aspirapolvere. Lui la crea. Le dà vita. Poi a usarla ci penserà qualcun’altra.

Hoover H-Free
“Ciao, so Claretta. Vado pure in bicicletta”.

Oggi non smetto proprio di scrivere. Abbiate pazienza, se siete giunte/i fin qui. Ci siamo quasi. Ci tenevo solo a proporre qualche dritta per il futuro. Il più grande auspicio è, senza dubbio, quello di vedere figure maschili alle prese con la pulizia. Allo stesso tempo sarebbe bello sfruttare l’interessante parallelo con il binomio agilità/potenza senza però attingere a stereotipi di genere, visto che non è affatto necessario. Restando nel contesto casalingo, si potrebbe mostrare la figura protagonista in una posa pulente che esibisce spiccata flessibilità (che so, chinata all’indietro con le ginocchia piegate, stile Matrix) e poi che solleva un divano con una mano per pulirvi al di sotto con l’altra. Agile e potente come l’aspirapolvere e, sia che fosse una donna sia che fosse un uomo, zero contatto con stereotipi. Staremo a vedere cosa ci riserverà il domani di Hoover.

Se volete dire la vostra all’azienda, fate riferimento sui link qui in basso.
Alla prossima e, mi raccomando, occhio agli spot!


SEGNALAZIONE E COMMENTO

L’espressione dell’opinione relativa agli spot – spesso più della segnalazione degli stessi – può essere cruciale e determinante nello stimolare i marchi a muoversi verso una direzione pubblicitaria diversa, più progressista e socialmente responsabile. Poiché l’unione fa la forza, come diversi casi hanno in passato dimostrato, invito tutti a prendersi il tempo per lasciare commenti sulle pagine ufficiali e/o inviare email ai marchi interessati. A seguire, i dati per lo spot menzionato nell’articolo:


1 Solita nota per scrupolo. Sta benissimo essere donne e apprezzare le scarpe col tacco (dovrebbe star benissimo anche apprezzarle da uomini, ma è altra questione), cercando di assicurarsi della genuinità dell’apprezzamento e prestando attenzione ai concreti rischi per la salute. Il punto qui è l’innecessarietà dell’inserimento, soprattutto considerando gli altri elementi della comunicazione. Le scarpe col tacco sono connotate come elemento fortemente associato all’immagine di femminilità socialmente costruita; ne sono parte integrante. Quel che vien fuori è: “non è meno donna perché fa sport estremi. Vedete? Indossa scarpe col tacco”. Dal tingere di positivo questo accostamento consegue una – che sono convinta (forse erroneamente o forse no) non essere intenzionale – problematizzazione dell’avere quel tipo di interesse senza abbracciare in alcun modo gli stereotipi femminili.

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