Kinder – Semplice come uno Stereotipo

Come dite? “Che fine ha fatto Kinder?”
Non torna a trovarci da un bel pezzo, eh? C’è una ragione, un’ottima ragione, mie care e miei cari. E no, la ragione non è che ha iniziato a fare spot non stereotipati. Vi pare mai? La così tradizionalmente italiana Ferrero? Stavo solo aspettando di accumulare una manciata di spot per proporli tutti e vedere insieme a voi gli zero virgola niente passi avanti fatti dall’azienda (che va ancora in onda anche con questo, questo, uno di questi e, sì, persino quest’altro!!). 💋 Partiamo con Kinder Colazione Più!

Ecco a voi l’arzillo Lorenzo, che impiega un’ora a farsi la barba, Camilla che impiega 3 ore per trovare qualcosa da mettersi, Mattia che ne impiega 2 per arrivare in cucina. Cucina in cui lo attendono Mammà, colazione e il fratellino più piccolo. Lo scoppiettio della confezione di Kinder Colazione Più ed ecco che si fiondano anche SbarbaMan, NonHoNientedaMettere e ‘MazzaCheSonno. La famigliola mangia insieme e insieme esce di casa.


Partiamo con gli elementi positivi: la mamma lavora (o almeno si può ipotizzare che lo faccia, poiché la vediamo uscire). Fine elementi positivi.
Osservando lo spot scopriamo che al mattino ognuno ha i suoi tempi, ma indovinate chi è che per magia ha avuto tutto il tempo di imbastire la tavola per la colazione di tutti e tutte, che ha dovuto darsi una svegliata senza cedere al sonno, che se aveva altro da fare l’ha già fatto svegliandosi prestissimo o lo farà poi? Proprio lei, l’unica donna adulta. La Signora Mamma. E il quadretto – reminiscente di quello Nutella, fatto salvo che lì la dona restava piantata in cucina mentre le altre persone uscivano – è presentato come meravigliosamente allegro e positivo. Tutto nella norma. È normale che lei sia lì prima dei restanti familiari, è normale che abbia preparato tutto lei, è normale che versi lei il latte, è normale che marito e figlianza arrivino solo poi, quand’è tutto pronto. E facciamo pure che vogliamo perdonare anche figlio e figlia più grandi. SbarbaMan poteva svegliarsi prima, come la sua compagna, darsi una mossa e aiutarla a preparare tutto, per poi sedersi insieme a consumare la colazione. Ma no, figuratevi mai. Il compito è di lei.
Bonus negativo per l’integrazione dell’idiota immaginario della ragazza che, povera stellina, non sa cosa mettere. Ah, Ferrero e l’amore per gli stereotipi.

Proseguiamo con lo spot di Kinder Fetta al Latte.

Un bimbo, che fa l’offesino con indosso un casco di cartone da dinosauro, raggiunge la cucina dove il padre sorseggia qualcosa e la madre è invece alzata e gira qualcos’altro in una tazza probabilmente vuota. Con un magico sguardo potentissimo, e senza muovere mezzo muscolo del resto del corpo, l’uomo risolve la situazione trasferendo la sua saggezza alla compagna, che afferra l’ideona, apre il frigo, prende Kinder Fetta al Latte, la porge al bimbo…et voilà. Sparisce l’offesa e torna il sorriso. In tutto ciò, Papà non ha mosso il deretano dalla sedia, mentre Mamma non si è seduta neppure un secondo, sebbene si sia chinata ventordici volte, ed è lei che si è a conti fatti occupata di risolvere la questione servendo il Kinder Fetta al Latte al bimbo. Era troppo rivoluzionario tener lei seduta a mangiare, mentre lui non si limita a fare il sapientone e lanciare occhiate ma si alza a prendere la merendina? Eh, no. Si vede che quello va oltre le sue competenze.
Elementi positivi: c’è un padre che interagisce con un figlio. Fine elementi positivi.
Bonus negativo per l’associazione, anche qui, di interessi stereotipati (dinosauro al bimbo).
Andiamo avanti con lo spot Pane Cioc.

Musica da Far west con padre e figlio che duellano per vincere Kinder Pane Cioc. Fa poi il suo compiaciuto e sorridente ingresso Mamma, che serve due Pane Cioc al bimbo. Anche qui vediamo i due maschi, uno grande e uno piccolo, seduti a tavola con la colazione davanti, mentre la donna, moglie e mamma, si siede rigorosamente per ultima, dopo essersi assicurata che ci sia tutto il necessario. I due maschi sono centrali nel consumo, e l’unica donna è centrale nel…servire.
Elementi positivi: c’è un padre che interagisce con un figlio. Fine elementi positivi.
Bonus negativo ancora una volta per associazioni stereotipate, coi due maschi che si sfidano a mo’ di Far West, con tanto di mani pronte a tirar fuori le pistole.
Siamo a metà! Andiamo avanti con Kinder Sorpresa.

Seduto in giardino, un bimbo riceve un ovetto Kinder Sorpresa, consegnatogli da sua madre, che chiede a Kinderino cosa c’è dentro. Dopo l’intermezzo relativo ai regali vediamo un momento di tenerezza tra la madre e il bimbo. C’è meno da dire, relativamente a questo spot, ma il punto è sempre il solito, con una piccola aggiunta, mancante negli spot precedenti che avevano tutti lo stesso contesto della colazione (è per questo che c’era anche il padre). Oltre all’atto specificatamente relativo al prodotto pubblicizzato (che è quello che ci interessa di più perché rivela il fulcro comunicativo), e dunque alla madre che dona Kinder Sorpresa al bimbo, abbiamo la rappresentazione di un momento di piacevole unione e condivisione (altro dai pasti insieme) tra una figura genitoriale e suo figlio. La madre qui è l’unica adulta, mentre la figura paterna (la cui esistenza è data per sottintesa) è assente.
Elementi positivi non riscontrati.

Ferrero
“Tranquillo, tesoro. La mamma è sempre sveglia, sempre felice, sempre truccata e accessoriata, sempre pronta a preparare e servire la colazione a tutta la famiglia. No. No, tesoro. Tu non puoi fare la mamma da grande. Ti tocca il tragico destino di far quel che ti pare.”

Questo spot ha una sorta di seconda versione, che purtroppo non ho trovato online (ma giurin giurello che va in onda) e che costituisce la pubblicità Kinder più rivoluzionaria e al contempo più regressista di tutte.
Dopo madre e figlio troviamo nientepopodimeno che padre e figlia. Avete capito bene. C’è un uomo! Un uomo. Un maschio della specie umana. Un padre. E non è mera presenza passiva, bensì svolge un ruolo attivo relativamente al prodotto proposto. Quello che non succede mai con gli spot Kinder, insomma. Peccato che l’azienda abbia ben pensato di ridimensionare l’aspetto del progresso vomitandoci addosso la stereotipizzazione sessuale forzata su questa merendina. Mentre il bimbo godeva delle sorprese regolari, proposte dagli ovetti regolari, classici, neutri e standard, alla bimba si propone il prodotto nella sua orrida versione con sfumatura rosa – un tempo assente e del tutto impensabile (poi le aziende hanno scoperto di poter fare soldoni suggerendo e imponendo differenze tra i sessi create a tavolino in base a stereotipi): la versione “da femmina”. L’ovvio valore stereotipato prosegue anche con le sorprese all’interno, che han visto fatine, principesse Disney e Barbie, e che ora vedono le magiche Enchantimals, delle bambolette Mattel mezze ragazze (al solito magrerrime e truccaterrime) mezze animali. Al contrario dei Kinder Merendero (Kinder Joy) che vedono, oltre al colore, anche le scritte “per bambine” e “per bambini”, le uova sono in molti paesi stranieri (anche in Inghilterra, per dire) divise in azzurre e rosa, con sorprese coerentemente stereotipate per sesso. Come dovremmo a questo punto ben sapere, la scritta “per bambine/bambini” sarebbe un’informazione assolutamente ridondante (Ferrero ha l’indecenza di far finta di non saperlo e ha usato “ma non c’è scritto maschio/femmina gnè gnè gnè” per giustificarsi. Non scherzo. Certo che deve proprio crederci deficienti, questa multinazionale miliardaria), perché il messaggio arriva chiaro e tondo già solo con il colore, per via dell’intensità del radicamento culturale dell’associazione rosa-femmina (e azzurro-maschio, ma solo per contrapposizione, perché da solo l’azzurro risulta neutro, mentre il rosa non è tale mai), e subisce poi la conferma con le sorprese, anch’esse con associazione stereotipata al femminile.

Ferrero
Che belle queste uova colorate di rosa, colore notoriamente del tutto privo di attribuzione sessuale nella nostra cultura. Che belle le sorprese di bamboline di sesso femminile, truccate e in minigonna, tipologia di gioco notoriamente associato ad ambo i sessi nella nostra cultura! Che bella l’onestà intellettuale di Ferrero.
(a margine vi comunico il timore, che m’è preso, che questi giochini possano attirare la comunità Furry. Se non sapete…non prendete questo come un invito a googlare; non lo è!😂)

Quando le persone vedono un fiocco rosa appeso a un portone, certo non si aspettano che ci sia anche scritto “bambina”. Il colore è più che sufficiente a indicare il sesso perché tale legame è parte di una dannosa concettualizzazione culturale che continuiamo a rinvigorire, con il risultato che il rosa è lontano dal tornare alla sua naturale essenza di colore neutro con lo stesso valore di tutti gli altri. La pubblicità aggiunge un ulteriore livello, presentandoci una bambina come protagonista. Colore, sorprese, rappresentazione. Tutto in un’unica CHIARISSIMA direzione. La faccia tosta di Ferrero che si arrampica sugli specchi non può che peggiorare il tutto. Quello che rinforza questo particolare spot con la questione dell’ovetto rosa è talmente grave che i punti guadagnati con la presenza del padre passano in secondo, ma pure terzo, quarto e quinto, piano. Ai maschi gli ovetti normali e alle femmine quelli rosa con le bambolozze!? Ma lo fa apposta, Kinder, o cosa? Non se ne può più della retorica della femmina come altro dallo standard (= maschio), l’eterna costola. Nessun gioco è per maschi o per femmine. Nessuno. Arriverà il tempo che questa consapevolezza raggiungerà la gran parte della popolazione nonostante i vostri sforzi (che non saranno dimenticati) per impedirlo e cercare di profittare sul sessismo.

Lasciamo da parte le uova e continuiamo con Kinder Cards.

Accompagnata da un sottofondo quasi Harry Potteriano, una donna apre il bagagliaio dell’auto sotto lo sguardo incredulo di due pupattoli. “Mia mamma è una maga”, dice uno dei due. Lei, la mamma maga, è estremamente compiaciuta dell’effetto delle sue gesta sui bimbi, e decide di mostrar loro la sua più grande magia: il dono dei Kinder Cards per la merenda! Anche qui, il compito di servire il dolcetto pomeridiano ai bambini è affidato alla figura materna. E anche qui, al termine dello spot, troviamo la condivisione dell’intimo momento, con la donna che si siede insieme ai due bambini. Padri non pervenuti (c’è giusto un nanosecondo di un tizio sullo sfondo che sistema una sedia all’inizio). Saranno fuori a lavoro. Dei pargoli non tocca a loro occuparsi. Attribuirle capacità speciali e magiche non cambia il fatto che la mamma svolga esattamente il ruolo che ha negli altri spot.
Elementi positivi non riscontrati.

Siete stanche e stanchi? Non è colpa mia se Ferrero è così brutalmente prolifica! Ha soldi da spendere.

Dai, che è l’ora dell’ultima pubblicità: quella di Kinder Merendero!

NOOOOO! È tornata! È tornata! La mamma frizzantina che cerca di emulare comportamenti in voga tra i giovanissimi e le giovanissime, danzando e rappando! Ehi, yo, guys! L’abilità di Kinder abbracciare e coccolare stereotipi è quasi commovente. Che c’è, non ve la ricordate? Dai, l’abbiamo trovata nello spot Fanta proprio di recente, e prima ancora con Acchiappacolore Grey. L’espressione iniziale sul volto della bimba e molto ben rappresentativa di quello che in inglese è chiamato “cringe” (non perfettamente traducibile ma una sorta di rabbrividire per la vergogna provata relativamente a qualcosa fatto o detto da altri), stessa emozione provata da me alla vista dello spot – più che per la mamma di per sé, per Kinder e il suo oblio creativo. Il cringe del gruppo d’infanzia sembra sparire presto, e i bimbi e le bimbe (moltiplicatisi forse per la magia della mamma di Cards…) si lasciano coinvolgere dall’entusiasmo della mistica creatura de La Mamma, e alla fine ballano tutti e tutte insieme a lei.
Anche qui, completa assenza di figure adulte di sesso maschile. La valanga di bimbe e bimbi è tenuta a bada da una donna felicissima di farlo, che ovviamente si occupa anche di fornire i Merendero per la merenda.
Elementi positivi: c’è una bimba nera. Fine elementi positivi.
Bonus negativo: zainetto rosa per la bimba, blu per il bimbo. Madò, Ferrè! Quanto sei trasparente, noiosa, meh…

Kinder
Ma come sono adorabili i miei ometti cul-seduto. Ogni mattina faccio attenzione a regolare il tempismo e non sedermi subito insieme a loro, sennò non si capisce che il mio ruolo di femmina è diverso. E poi ho da servire le merendine, perché i miei cucciolotti mancano dell’uso degli arti.

L’azienda non si è risparmiata neppure per Halloween. Come consuetudine per gli spot limitati alle festività, la famiglia (sempre il solito modello) viene mostrata al completo e il maschio adulto interagisce con pupo e pupa. Fin qui nulla da dire. Tuttavia, cosa abbiamo? Uomo, bimbo e bimba seduti comodamente, e donna, mamma e moglie, da parte, alzata, che veglia sui suoi tre cuccioli. Ricorda un po’ lo spot Fetta al Latte che abbiamo già visto. L’essere figura centrale della madre, che incarna il solito ruolo, è reso ulteriormente evidente nelle ultime scene. Inoltre, fatemi capire, le femmine possono essere solo streghe? Ma che domande faccio, pure io? Come se fosse ragionevole aspettarsi fantasia e originalità dalle creazioni pubblicitarie Kinder…

Menzione speciale per lo spot Kinder Ice Cream andato in onda qualche tempo fa e di cui non riesco a trovare online la versione Italiana – che è però identica a questa (non ricordo la narrazione nostrana). Bimbi e bimbe, bimbi e bimbe…e mamma, assolutamente entusiasta di star loro dietro, nella totale assenza di figure maschili. Zzzzzzz.

Io e voi che leggiamo di Kinder che, parlando delle uova rosazzurre: “Ma non c’è scritto per maschi e per femmine!!111!2234##12!”

Per concludere con gli spot, giusto per far capire il peso della mentalità retrograda che pervade il nostro contesto sociale e la realtà del fatto che, invece di contrastarla come tranquillamente potrebbe, Ferrero decida arbitrariamente e consapevolmente di coccolarla e darle una bella spinta (“hanno ancora convinzioni sessiste sui ruoli sessuali e familiari? Diamogli ruoli sessuali e familiari sessisti – chissene che facendolo li rinforzeremo. Basta che comprino eheheh lalala tutturuttù”), vi lascio con questa pubblicità americana dei Kinder Merendero.


Ferrero è una delle aziende Italiane maggiori per fatturato, e i soldi investiti in pubblicità (considerando la quantità e la frequenza di messa in onda) rispecchiano questa verità. Sarebbe bello che questa importante posizione si accompagnasse a un’acuita responsabilità comunicativa. Invece, e soprattutto con i prodotti Kinder, l’azienda risulta profondamente ancorata agli stereotipi sui ruoli sessuali. Se non fosse una cosa negativa, sarebbe quasi lodevole la coerenza e la costanza con cui le pubblicità Kinder insistono con l’immaginario della mamma, e solo la mamma, che si occupa di servire la merenda a figli e figlie, con il padre – quando presente (e abbiamo visto la particolare occasione in cui ci si fa l’onore di inserirlo), rigorosamente passivo relativamente al prodotto pubblicizzato – e per l’unico caso in cui non lo è ci si assicura di compensare con altre espressioni di regressismo. Il tutto risulta nel rinforzo dello stereotipo – molto diffuso qui in Italia – per cui gli oneri domestici (gli uomini spariscono dopo la colazione, ma le mamme ci sono sempre) e di accudimento della prole (compreso il prendersi tempo da trascorrere con figli e figlie) siano appannaggio femminile.

Ferrero
Non preoccupatevi se sembra mi stia spezzando la schiena pur di consegnarvi ‘sti cosetti. Pensate a mangiare. Tanto io son sempre felice. Mo vengo pure a sedermi con voi ai piedi del divano, tanto ho già spazzato, fatto spesa e bucato.

Qui lo (ri)dico, e mai lo negherò perché non ne avrei ragione, e testimone mi sia la saggia essenza di De Beauvoir: per raggiungere l’effettiva liberazione delle donne in società è necessario passare per una distribuzione equa delle attività interne a ciascun nucleo familiare; e queste comprendono le faccende domestiche e la sfera di accudimento di bambini e bambine. L’influenza condizionante delle rappresentazioni mediatiche è nota (e rinnegata da chi vi trae profitto e da chi punta i piedi a terra rifiutandosi di riconoscersi umanamente vulnerabile) da decenni. Quello che vediamo e sentiamo, soprattutto se lo vediamo e sentiamo di continuo (come abbiamo imparato essere punto fermo nelle pubblicità) ha un enorme potere nel formare, e rinvigorire, idee, pensieri e pregiudizi. Insomma, come quello delle altre aziende, il lavoro pubblicitario offerto da Kinder non è innocuo e, che sia arbitraria intenzione o frutto di menti effettivamente non capaci di andare oltre, opera, in folta compagnia, nell’ostacolare il superamento di limitanti e dannosi stereotipi.

Considerando la recente sorpresa di Pampers, io vorrei tanto riuscire a serbare speranze anche per Kinder, ma per il momento non mi è proprio possibile. È tutto un costante palesare grande amore per gli stereotipi. Sempre pronta a cambiare idea, mi auguro di non trovarmi, fra qualche mese, con una nuova manciata di spot tutti con la stessa invariata essenza. Se volete dire la vostra a Kinder, i link li trovate qui in basso.

Alla prossima e, mi raccomando, occhio agli spot!


SEGNALAZIONE E COMMENTO

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