Sessismo Assicurato con Gran Ragù Star

Torna a farci visita un altro nome familiare. Non è colpa mia se così tante aziende persistono con i loro stereotipi e pagano per andare in onda frequentemente e ovunque. Vediamo quindi cosa ci racconterà Star, con il nuovo spot del suo Gran Ragù.

Una ragazza si sporge curiosa verso la cucina, spiando una donna che prepara Gran Ragù Star con l’aria soddisfatta all’idea di quanto l’alimento stimolerà il palato degli abitanti della casa. La ragazza si fionda sull’assaggio e viene subito raggiunta da un bambino, a cui servirà un crostino col ragù. Spunta infine un uomo che si unisce alla ragazza e al ragazzo e intinge un po’ di pane nel ragù preparato dalla donna. Dopo che un signore da informazioni sul prodotto, ci troviamo a tavola, con il bambino che si rivolge alla donna e le dice “buono, mamma!”. E cosa vuoi di più dalla vita, mamma? Un lucano? Parliamone.


Questa spumeggiante pubblicità è solo appena differente da quella della Nutella che ha scaldato così tanti animi nelle ultime settimane. La narrativa è profondamente simile e il contesto è pressoché identico. A portare i due spot su binari leggermente differenti è una specifica scelta, di cui parlerò più avanti. Ma andiamo con ordine, partendo dalle considerazioni iniziali di rito.

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Immagine esclusiva di una giovane esemplare di femmina della specie umana che sbircia nel suo futuro.

Il setting è quello familiare e il tipo di nucleo familiare è quello tradizionale – come praticamente sempre, nonostante non richiederebbe chissà quale impegno integrare varietà di diverso tipo, che farebbero il gran piacere di riflettere un numero maggiore di realtà e arrivare a una pluralità superiore di individui. Ma che importa? Tradizionalità!!!!! Oltre a ciò, la donna viene immediatamente incasellata nel modello standard CMM, casalinga, madre e moglie – che è casalinga ce lo racconta il fatto che cucinare spetti a lei (che strano, eh? Neanche fosse sempre così, negli spot), che è madre ce lo racconta la presenza di ragazza e bambino e che è moglie ce lo racconta la presenza del compagno. Insomma, la solita ricetta della divisione dei ruoli.

Al contrario della mamma dello spot Nutella, però, quella dello spot del Gran Ragù Star non ci viene mostrata servire l’alimento a marito, figlio e figlia. Gli assaggi se li procurano loro in assenza di lei, e i piatti alla fine li vediamo già tutti sulla tavola (e quest’ultima resta una cosa positiva). Il fatto che non sia la donna a offrire gli assaggi, però, non è una scelta casuale o volta a mostrare che chi vuole possa farlo da sé: è funzionale al messaggio che vuole passare la pubblicità e che riguarda il valore di irresistibilità del prodotto, messo alla prova.

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“La giovane esemplare di femmina della specie umana decide di esercitarsi per il futuro, e serve del pane bagnato di ragù al giovanissimo esemplare di maschio umano, che avrebbe rischiato di subire una devastante svirilizzazione se avesse allungato il braccio da sé.”

‘Questo Gran Ragù Star che sto preparando è talmente delizioso e ha un profumo talmente invitante che è assolutamente impossibile trattenersi. Guardate come si fiondano ad assaggiare questo pasto che sto preparando per loro. Guardate quanto sono ammaliati dal sapore di questa pietanza che Star mi permette di cucinare.’ Quella a cui trovo evidente che Star punti con questa pubblicità è una narrativa che vuole solleticare un desiderio di gratificazione della madre/moglie/casalinga che cucina per marito figli/e e che trae soddisfazione dal veder loro godere della delizia di quanto preparato. Ci viene suggerito dall’inizio – la donna/Star sta parlando a noialtre, sperando che l’idea di donare gioia ai palati della famiglia con la nostra cucina ci ispiri a comprare il prodotto – e ci viene chiarificato alla fine, con i complimenti del bambino (con funzione simile al disegno della bimba nello spot Nutella, ulteriore rinforzo del buon lavoro svolto – grazie a Star!) e con quel “scarpetta assicurata”, che torna sull’idea dell’irresistibilità.

E mentre alla donna viene assegnato il compito stereotipicamente inteso come di suo appannaggio, lo stesso avviene per l’uomo che, tra le quattro mura domestiche, si conferma solita figura passiva e pienamente alla stregua di un ulteriore figlio, per sua moglie. Gli unici contesti in cui, al contrario, è lo status della donna a essere mostrato come simile a quello di una figlia, per l’uomo, sono quelli legati a questioni finanziarie (vedasi lo spot Mondo Convenienza). Con questo modello, che è quello patriarcale, non una robina nuova e scintillante, vediamo la donna che deve prendersi cura dei bisogni dell’uomo come fosse un bambino (fargli da mangiare, servirgli da mangiare, lavargli i panni, curarlo) e l’uomo che fa lo stesso con lei per quanto riguarda la gestione economica. Fare 2 più 2 su quale sia la figura più vulnerabile e svantaggiata in quest’equazione è piuttosto immediato.

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“E pe me? E pe me? Ci tta il ragù pure pe me?”
Non avrebbe sovvertito granché, ma il sapore dello spot sarebbe stato almeno un po’ diverso se ad arrivare prima fosse stato il padre e avesse consegnato lui stesso il pane col ragù a figlia e figlio, invece di essere un terzo figlio.

Il fugace inserimento del membro del personale Star davanti al pentolone di Gran Ragù similmente a com’è la donna a inizio spot, poi, ci ricorda pure un’altra cosina. Se è vero – come è vero in coerenza con convinzioni sessiste – che cucinare è funzione che spetta alle donne, è anche vero che lo è solamente nel contesto domestico. Perché quando la cucina diventa lavoro, all’improvviso è molto più roba da uomini di quanto sia da donne (Chef è grande sostenitore di questa narrativa).

Prima di concludere, c’è un punto positivo riscontrabile nello spot che va menzionato perché, sebbene sia davvero una miseria se comparato al resto, manca in molti spot in cui la donna prepara e/o serve alimenti per altre persone. Sto parlando del fatto che, verso la fine, non sono solo marito, figlia e figlio a mangiare, ma è anche la “protagonista”. Il suo ruolo resta chiaro, ma almeno mangia.

Star
“Buono, mamma”. E quant’è felice che il bimbo lo trovi buono. Sapere che apprezzano la ripaga della fatica e le conferma che sta svolgendo bene il suo lavoro. Nel frattempo babbo svolge bene il suo, sedendosi a capotavola!

Insomma, uno Star in Famiglia che continua a valere per un tipo molto ben specifico di famiglia, tanto per composizione quanto per divisione dei ruoli, una comunicazione intesa come rivolta a un pubblico femminile e, in coerenza con quest’ottica stereotipata, una figura femminile presentata come responsabile esclusiva della preparazione degli alimenti, il focus del cui interesse è la soddisfazione delle papille gustative di marito e prole (il cui ruolo è mangiare e poi sedersi e mangiare ancora). Più ferma di così l’azienda non potrebbe stare, per quanto riguarda le proprie rappresentazioni pubblicitarie. A quando un uomo ai fornelli che cucina per moglie e figli/ie? A quando coniugi che preparano insieme? A quando la preparazione del ragù a opera di un gruppo di coinquilini/e o amici e amiche? E nuclei con coppie di due donne o due uomini (considerando quanto il concetto sia reso virtualmente inesistente dall’invisibilità nel contesto pubblicitario la vedo particolarmente dura, secie per un’azienda così tradizionale, ma si sa mai)? Non posso che augurarmi che si decida quanto prima ad adoperarsi per parlare a più persone e per riflettere in modo più verosimile le realtà che compongono la nostra società, senza continuare a scadere nella divisione dei ruoli sessista.

Prima di andare a soddisfare il maritino col Gran Ragù Star, se ne avete voglia, potete dire la vostra all’azienda seguendo i link in basso
Alla prossima e, mi raccomando, occhio agli spot!

Star
Pensate che sia cambiato poi così tanto da questa pubblicità? Di anni ne sono passati tanti, eppure c’è ancora la donna che cucina per la soddisfazione delle altre persone componenti della famiglia.

SEGNALAZIONE E COMMENTO

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