Trosyd Repair – Esperto di Stereotipi

Lo spot (o meglio, gli spot) di cui vi parlerò oggi mi è stato segnalato da Dany, che ringrazio di cuore. Il brand (Trosyd, di Giuliani) è nuovo tanto al blog quanto alla mia conoscenza; la tematica un po’ meno. Ma vediamo subito il video in questione.

Allora, mie care esperte, avete visto gli spot? Bene. Parliamone.


Le pubblicità sono caratterizzate da uno stile piuttosto distintivo, quello fumettistico, che ammetto non dispiacermi. Peccato che letteralmente tutto il resto mi spiaccia a dir poco.

Protagonista della campagna, realizzata dall’agenzia Proxima Milano e dalla casa di produzione Sala Giochi, è un nucleo familiare composto da un uomo, una donna, un bambino e una bambina. Nei circa quaranta secondi che gli spot impiegano per cercare di convincerci ad acquistare il prodotto, Giuliani traccia in modo chiaro e inequivocabile una netta e molto specifica divisione dei ruoli dell’uomo e della donna, del padre e della madre.

In entrambe le pubblicità il padre viene inquadrato come esperto e responsabile delle questioni legate alle automobili (nel primo l’auto giocattolo del bimbo, nel secondo la guida e il guasto della sua auto), in concordanza con gli stereotipi legati alla mascolinità come culturalmente intesa. Stereotipi che vengono confermati dal coinvolgimento unicamente del figlio nel momento di condivisione e lavoro di squadra presente nel primo spot.

Trosyd
Indovina un po’ chi lo ripara, Giovancesca. 🤡

Questo impegno a caratterizzare i maschi di casa in conformità con gli stereotipi viene usato in modo strumentale per portare alla proposta del prodotto, che ci viene comunicata mediante la caratterizzazione della donna, della madre, come contrastante e opposta per ambito: lei è esperta e responsabile delle questioni legate alla cura delle persone.

Giuliani aveva la possibilità di promuovere Trosyd Repair creando il passaggio diretto dalla cura delle auto alla cura delle persone, lasciando che la figura protagonista, che l’agente, restasse l’uomo, il padre. E invece no. Pur di non associare l’uomo a questo ambito evidentemente ritenuto troppo infuso di linfa estrogenica, il brand si è preso la briga di introdurre la figura femminile, che è funzionale esclusivamente alla cura – prima del figlio e poi del marito. Eh sì, lo sottolineo eccome che il servizio di cura viene mostrato come rivolto solo ai maschi. La signora avrebbe potuto curare anche ferite proprie o della figlia. Ma non ha ragione di farlo, perché in entrambi gli spot sono il figlio e il marito ad agire, a fare cose (giocare, guidare e riparare). Di conseguenza sono loro a farsi male e tocca che arrivi mammina a riparare perché loro non sono in grado o si preferisce non farli vedere in grado.

Quel “Sei tu l’esperta”, che dovremmo pensare come lusinghiero per la donna (eheh, guardatemi, sono un’esperta. Mica micio micio bau bau), altro non fa che rinsaldare la cucitura, scavando nell’epidermide fino a far sanguinare, del ruolo della badante, della crocerossina, dell’addetta alla cura degli altri, sul corpo di ogni donna. “Sei tu l’esperta” e l’uomo si solleva dal peso di doversi curare di sé o degli altri, e lo getta sulla donna. Uno scherma, che ha retaggio patriarcale (si rifà dunque al modello per cui l’esistenza della donna è funzionale esclusivamente a riproduzione, domesticità e cura di prole, casa e famiglia), ancora profondamente diffuso e, soprattutto, con ripercussioni durevoli e concrete a lungo termine. Anche andando al di là di figli/ie propri e mariti, ancora oggi sono quasi sempre le figlie a prendersi cura dei genitori anziani; impegno che comporta rinunce che gravano sproporzionatamente sulle spalle della popolazione femminile del nostro paese. Ma ehi, siamo noi le esperte.

Come avrebbe fatto Arcifranco a curare la sua scottatura senza una femmina della specie in giro? La piccola (con maglia su sfumatura rosa come la mamma perché sì, ‘ste femmine) ha già capito l’andazzo e ben presto si trasformerà lei stessa in un’esperta badante! E vissero tutti felici, ma tutte sfiancate dal lavoro di cura.

Insomma, lo stereotipo che gli spot di Trosyd Repair va a rinforzare è particolarmente dannoso, rema direttamente contro un’equa distribuzione delle responsabilità di cura tra uomini e donne e contribuisce al mantenimento dell’attuale stato delle cose per cui ragazze e donne continuano a essere svantaggiate sul piano economico e sociale rispetto a ragazzi e uomini. Questo e di più fanno gli oneri domestici e di cura sistemati sulle sole spalle delle donne. Non posso trovare attenuanti per Giuliani, perché sarebbe stato più che semplice evitare questo effetto (facendo sì che fosse l’uomo stesso a curare prima il figlio e poi sé), senza grandi sforzi cognitivi e creativi. Ma l’azienda ha deciso di limitare la creatività alla forma degli spot di Trosyd Repair, consegnandoci contenuti profondamente retrogradi. Peccato.


Se volete far sapere a Giuliani cosa pensate delle sue pubblicità per Trosyd Repair, potete scrivere qui.


Alla prossima e, mi raccomando, occhio agli spot!

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