Nutella – La Giornata sa di Sessismo

Dopo la particolare gravosità di quanto trattato nell’articolo scorso, oggi torniamo sul classico. E lo facciamo con un altro spot partorito dall’azienda tra quelle in cima nella mia lista nera: l’italianissima Ferrero (proprietaria anche del marchio di Kinder, per intenderci). Qual sovversivo, originale e interessante spaccato sarà riuscita a proporci questa volta? Vediamo l’ultima pubblicità Nutella.

Nel dubbio che potessimo non comprendere quanto illustrato nel criptico spot, la donna protagonista ci avverte che il tema è “il lavoro di mamma”. La vediamo, dunque, decorare colazioni a base di nutella, sistemare vestiti di Bambina, spalmare Nutella su dei toast, consegnare un toast con Nutella a Ragazzo, e un’altra a Uomo. Bambina, Ragazzo e Uomo mangiano velocemente e vanno via, senza dire nulla. Donna non è felicissima che non l’abbiano salutata né ringraziata, ma alla fine la pubblicità ci ricorda di cosa ha realmente bisogno una donna, una madre, per sentirsi soddisfatta e felice. Parliamone.


Con questo spot Ferrero non ci gira intorno neppure un po’.
Niente mezze misure, niente passo avanti seguito da passo e mezzo indietro, niente compromessi. L’azienda ci regala una rappresentazione della famiglia e dei ruoli all’interno della stessa retrograda in modo così ovvio che proprio non c’è specchio su cui si possa provare ad arrampicarsi.

Per prima cosa, possiamo notare come la donna protagonista ci venga subitissimo presentata come conforme al modello femminile predominante nelle pubblicità: il CMM (casalinga, madre, moglie). Che è una madre ce lo dice lei e lo vediamo con la comparsa della bambina e del ragazzo; che è una moglie ce lo rivela la presenza del marito (sebbene già la sola presenza di figli/e, negli spot, sia sufficiente a comunicare come ovviamente sottintesa quella di un marito – sarebbe fin troppo ingenuo pensare che le aziende vogliano rappresentare centinaia di madri single e orfani/e di padri, quindi lasciamo stare gli specchi); che è una casalinga ce lo dimostra il fatto che tocchi a lei preparare la colazione e servirla…a tutte le persone che compongono la famiglia (tocca a lei anche sistemare i vestiti della piccola; la cura di figli e figlie è parte del ruolo).

Ferrero
Fuori una. Ora di corsa a preparare per gli altri due. Sia mai che non trovino tutto pronto. Potrebbero licenziarmi dal mio lavoro di mamma!!

Come abbiamo modo di osservare, la donna non è l’unica persona della famiglia dotata delle possibilità e capacità fisiche di preparare una colazione. Tra i quattro membri del nucleo troviamo due adulti, un ragazzo che potrebbe essere già maggiorenne e una bambina. Insomma, ogni singola persona che vediamo nello spot potrebbe occuparsi della preparazione, oppure collaborare con altre alla preparazione, della colazione. Senza dubbio né l’uomo, né il ragazzo e neppure la bambina hanno necessità che la colazione sia servita loro in mano, bell’e pronta. Eppure il fatto che si tratti di un compito che non spetta a loro appare oltremodo ovvio. È normale. È naturale. D’altro canto, è “il lavoro di mamma”. Ce lo dice, perché l’azienda vuol che lo faccia, la protagonista stessa.

E ce lo dice con una sorta di tono di finto fastidio, che non riesce a contenere il trasparire del senso di orgoglio che la donna ci è mostrata provare nello svolgere questo suo lavoro non retribuito. Orgoglio che è realisticamente accompagnato da un accenno di frustrazione dovuto al fatto che l’impregno profuso in questo compito non paia riconosciuto come lei pensa e sa che dovrebbe essere. Ma questo spiraglio di luce viene immediatamente oscurato dall’unica moneta che può ripagare le fatiche di una madre, l’unica a cui lei dovrebbe ambire: l’amore.

Ferrero
Anteprima esclusiva del Bonus Casalinghe. Scopri anche tu come lasciarle buone e tranquille a faticare per te e per la prole con l’ausilio di disegni amorosi creati manualmente da bambine in carne e ossa (solo bambine perché disegnare cuori non si addice a un maschietto! C’è il rischio che crescano affettuosi e aperti a esprimere e capire le emozioni. Orrore).

Un corno! Nei vostri sogni sessisti, forse! Non è questa la realtà, anche se più di qualcuno vorrebbe che lo fosse. Non bastano disegnini, non bastano abbracci o baci, né basterebbero saluti e ringraziamenti a rendere accettabile il ruolo in cui viene rappresentata la figura di questa donna!  E poi…il lavoro della mamma cosa? Il lavoro della mamma non è fare la serva! Il lavoro della mamma non è occuparsi della casa e dei bisogni di tutti i membri della famiglia, che gravano completamente sulle sue spalle, come se fosse inevitabile. E non lo è affatto. Il disegnino della bimba, considerato quanto rappresentato, è finanche spaventoso, perché di una madre che vediamo comportarsi da serva, ci viene detto che sua figlia la considera la migliore del mondo. L’assunto è che quello sia non solo il lavoro della mamma, ma anche il modo migliore per svolgerlo.

A monte, essere mamma non è un lavoro. È una condizione, è uno stato, è un ruolo in cui possono trovarsi le persone di sesso femminile che lo desiderano o che, in più di qualche caso ma non è questa la sede per approfondire, sono portate a trovarvisi dalle circostanze. Quelle del genitore (non solo della madre – ci sono elementi di esperienza specifici del ruolo materno, a partire dalla gestazione e proseguendo con l’allattamento quando possibile, e va riconosciuto, ma superata la prima infanzia le attività svolgibili con e per i figli e le figlie lo sono tanto da una madre quanto da un padre) possono essere funzioni estremamente impegnative e faticose, soprattutto nel loro comprendere percorsi di educazione e socializzazione che necessitano di attenzione costante. Ma ecco, assolutamente niente di quanto mostrato nello spot Nutella ha a che fare con quello che è il ruolo di un genitore; di una madre. Quello presentato nello spot è un compito lavorativo che svolgerebbe una domestica o un domestico. Non un genitore in quanto tale.

Ferrero
E due! Tieni, piccolo cucciolo d’uomo fisicamente impossibilitato a preparare colazioni. Non preoccuparti. Ci pensa mammà.

Poi, se quello mostrato è il lavoro della madre, cara Ferrero, quale sarebbe quello del padre?
Come mai il lavoro del papà non è equivalente a quello della mamma? Cosa lo rende diverso? Certamente non può dipendere dalle differenze biologiche, che in alcun modo impediscono al papà di fare precisamente quel che fa la mamma dello spot, né a lei di essere servita e di andare poi fuori a lavorare come fa lui. Dunque?

È facile ipotizzare quale sia il ruolo del papà dal punto di vista di chi ha realizzato la comunicazione pubblicitaria. Il quadro è basato sulla divisione dei ruoli patriarcali che relega le donne all’ambito domestico, all’espletazione di attività non retribuite, e l’uomo fuori dalla casa, a guadagnare la pagnotta per la famiglia. Ecco, è proprio questo quello che intendevo nei paragrafi finali dell’articolo sullo spot Mondo Convenienza, relativi alla rappresentazione maschile nel contesto familiare.

Inutile provare a buttarla sul ridere e tentare di fare i simpaticoni con il tono usato dalla donna e con l’idea di presentare un elemento ad alcune sicuramente familiare come la frustrazione generata dall’ingratitudine delle persone per cui ci si trova a faticare ogni giorno senza compenso (e basta con la narrativa dell’amore che compensa, perché no, niente può compensare una vita di sacrificio e lavoro non retribuito al servizio altrui, libertà represse e limitazione delle proprie possibilità di realizzazione – però dai, almeno ci guadagnano i produttori di alcolici, antidepressivi e prodotti vari il cui marketing si impegna a ingannare le donne con l’idea che usarli migliorerà la loro condizione!). D’altro canto che ringraziamenti vuoi, mammina? Stai solo facendo il tuo mestiere, no? Il tuo dovere. E se quello mostrato continua, agli occhi di moltissime persone italiane, a essere effettivamente percepito come il lavoro della mamma, se preparare e servire i pasti e prendersi cura di prole e partner è ancora considerato appannaggio femminile, è ampiamente anche grazie alla sovrabbondanza di rappresentazioni sulla linea di quella dello spot Nutella, che sono ovunque, promosse, proposte ed esposte da decine e decine di aziende. Ferrero su tutte, tra le italiane, visto che con Kinder ci dà dentro da anni con l’immaginario della mamma, e solo la mamma, che condivide il merenda-time con figlia o figlio.

Ferrero
E tre! Gusta la tua dose nutrizionale mattutina, mio adorato compagno, anche tu fisicamente impossibilitato a fare altro se non aspettare di essere servito e mangiare.

Madri, questo non è il vostro lavoro!
Attività come la preparazione della colazione sono da condividere ragionevolmente, e nel rispetto di tutte le persone coinvolte, con ogni componente della famiglia. Servire cordialmente i pasti non spetta a voi; in alternativa al prelevare ognuno/a per sé, può essere e dovrebbe essere un gesto operato da tutti/e, e per tutti/e. Fa parte dell’essere una famiglia. Non è un lavoro.
Il vostro lavoro, mamme? È potenzialmente qualsiasi lavoro! Quello che volete, che sognate, che rincorrete o in cui (si spera di no o solo temporaneamente) le circostanze vi obbligano ad adeguarvi. Biologa, insegnante, ingegnera, tassista, centralinista, impiegata, programmatrice, poliziotta, magistrata, scrittrice, idraulica, calciatrice, contabile, cantante, avvocata e chi più ne ha più ne metta. Le madri sono persone. Come lo sono i padri. Come i padri possono avere un lavoro, esattamente allo stesso modo possono le madri. Genitore, madre, è solo un status in più che caratterizza la vostra esistenza. Certo, aggiunge pensieri, responsabilità e impegni extra, è importante e può essere molto gravoso, ma non è il vostro lavoro. Non lo è.

E delle faccende di casa? Se ne occupano, giorno per giorno, nei limiti delle proprie possibilità, in coerenza con i propri impegni e nel rispetto di quelli delle altre persone (perché non ci sono serve/i), tutti i membri della famiglia. Questa è la strada per lasciarsi indietro indietro il modello retrogrado e limitante che ancora persevera, sebbene lo faccia più nelle pubblicità che nella realtà, dove questo tipo di nucleo è in diminuzione (e questo dovrebbe farci ulteriormente interrogare sul perché multinazionali continuino a proporlo con simile insistenza…).

Ferrero
Oh! Ma “grazie e ciao” a mammà non lo diciamo? Lo sapete che mi tocca svegliarmi prima per farvi trovare tutto pronto, mentre voi ronfate, v’alzate e mangiate? Sì, lo so che è il mio lavoro e dunque mio dovere, ma a tutto c’è un limite. Questa è l’ultima volta, eh! Lo giuro! Solo un disegnino potrebbe farmi cambiare idea!

Piccolo appunto, la cui assenza non modificherebbe quanto discusso finora, ma la cui presenza lo aggrava. In coerenza con uno schema che abbiamo già potuto osservare in diversi altri spot (tra cui Barilla, Teneroni, Luciana Mosconi, Garofalo, Polenta Valsugana, Patasnella), anche la donna della pubblicità Nutella non ci viene mostrata mentre mangia. Mangiano tutti e tutte quanto accuratamente preparato e servito da lei, ma lei no. Lei è al servizio di altre persone, non di sé stessa, con lo spot che termina con lei che ripone il barattolo, quando si sarebbe potuto concludere con lei che si prepara un toast con Nutella e lo gusta. Ma volete mettere un disegnino affettuoso? Altro che colazione. Chi ha bisogno di una colazione? Meglio tenersi leggere e non perdere di vista quali siano le proprie priorità: l’altro da sé. Con l’approcciarsi imminente della Festa della Mamma, la narrativa dello spot Nutella è quanto di meno positivamente celebrativo della figura materna possa esistere (doppiamente grave perché viene presentato come se fosse positivamente celebrativo).

Prima di chiudere vorrei menzionare qualche altro degli spot di questa campagna Nutella (che si chiama La Giornata sa di Buono). Ne sono presenti un paio che trovo piuttosto carini – su tutti quello di Natale in cui lei e lui preparano insieme e si respira un bell’ambiente di condivisione e complicità – ma altri evidenziano aderenza a ulteriori stereotipi legati alle figure genitoriali. In una c’è lo schema della genitorialità contraddittoria e reciprocamente irrispettosa in cui, senza pensarci due volte, il padre svilisce l’autorità decisionale della madre e cede alle richieste del figlio da lei respinte, e in un’altra c’è il padre a cui per poco non va di traverso quel che sta bevendo appena sente che sua figlia s’è presa la sua prima cotta (a quanto detto da sua moglie, che invece è entusiasta e parla addirittura di amore, proiettando sul rapporto della figlia con il bambino quel che vuole vedere in base ai propri schemi interpretativi, errore comune delle persone adulte, ma che in questo caso è quello che lo spot vuole che si veda). Va detto che la pubblicità non si spinge oltre la superficie della questione, ma il padre iperprotettivo delle figlie – e solo di loro – in questi termini resta tristemente legato a modelli particolarmente tossici e lesivi. Curioso, peraltro, che nessuno suggerisca che a quell’età non si possa parlare di cotte e di amore, che sia presto e via discorrendo, nevvero? Quella narrativa la si tira fuori solo quando una certa variabile ha un valore differente, lo sappiamo bene. Sempre recente è uno spot che invece ho gradito abbastanza, che è quello La Vita è Bella. A mio avviso è davvero un peccato che l’azienda non abbia proseguito in quella direzione. Facendolo rappresenterebbe più realtà e arriverebbe a più persone. Invece ha preferito creare la nuova Famiglia del Mulino Bianco.

Ferrero
Un disegnino? Ora posso andare avanti almeno per un altro mese. D’altronde essere mamme è fare sacrifici, devolvere tutti i propri sforzi e i propri intenti verso marito, figli e figlie, mettere da parte i propri bisogni e i propri desideri per il benessere della propria famiglia (benessere di cui la mamma è naturalmente la sola a doversi occupare in quanto essere vulvo-dotato). E, sopra ogni cosa, essere la mamma è fare tutto questo con il sorriso, con soddisfazione. Non hai voglia di ridere e non sei soddisfatta? Che problema c’è? Imparare a fingere è una passeggiata. Sì, è un atto masochistico e ne risentiranno tanto corpo quanto mente, ma ehi; è il nostro lavoro. Lo dice anche Ferrero. Non vorremmo mica svolgerlo male e risultare inadeguate . Quindi, forza! Ora a pulire e poi si prepare il pranzo!

In conclusione, l’immagine moderna e vicina anche alla gioventù che è parte del marchio Nutella esce sconfitta, surclassata dal desiderio, che traspare, di una Ferrero che sembra non farcela a evitare di dichiarare il proprio tradizionalismo italico – che, in termini di strutturazione familiare, non può non andare a braccetto con il sessismo. Non c’è da stupirsi, se si ha familiarità con gli spot Kinder (quando c’è il lusso di una donna lavoratrice, oltre agli oneri del lavoro retribuito gravano su lei e su lei sola anche tutti quelli del lavoro non retribuito della cura di casa e bambini, con lei rigorosamente felicissima di far tutto e con il compagno del tutto invisibile; nello spot Nutella possiamo almeno possiamo immaginare che lui accompagni ragazzo e bimba a scuola), ma non per questo c’è da smettere di amareggiarsi o, se vien più spontaneo, indignarsi per il fatto che un’azienda di tale portata faccia scelte rappresentative che rinforzano convinzioni e schemi di pensiero che dovremmo quanto prima lasciarci alle spalle. Ulteriori informazioni su questo tipo di contributo negativo portato avanti dall’azienda, ma da un’angolazione differente, le trovate in questo thread. Se volete scrivere a Ferrero o commentare lo spot, trovate i riferimenti necessari qui in basso.

Alla prossima e, mi raccomando, occhio agli spot!


SEGNALAZIONE E COMMENTO

Precedente Kellogg's Extra ci Prende Gusto col Sessismo Successivo Sessismo Assicurato con Gran Ragù Star